Mediterraneo Sublime: il Sud Italia nelle immagini di William Turner

Il golfo di Baia con Apollo e la Sibilla

Il golfo di Baia con Apollo e la Sibilla, 1823, Tate Britain, Londra – Image source: Picryl

È stato uno dei più grandi paesaggisti di tutti i tempi. Il suo stile ha posto le basi per la nascita dell’Impressionismo e ha anticipato l’astrattismo. L’Italia, in particolare quella del Sud, lo sedusse con la sua luce e i suoi colori arricchendo di nuove sfumature la sua arte

di Redazione FdS

Dipinti, disegni, acquerelli e incisioni: è quanto il grande pittore inglese Joseph Mallord William Turner (1775-1851) mise in campo nei suoi ripetuti viaggi in Italia per dare vita ai tanti volti del nostro Paese, alla sua luce e ai suoi colori ma anche alla cupezza di certi suoi aspri paesaggi naturali. Vissuto a cavallo tra Sette e Ottocento, fu pronto a raccogliere gli echi della tradizione classicista ma al tempo stesso riuscì ad approdare con originalità a uno stravolgimento dei canoni formali del suo tempo guadagnandosi numerosi detrattori accanto a schiere di entusiasti estimatori. Questi ultimi seppero apprezzare lo straordinario talento con cui l’artista portò ad altissimi livelli la pittura di paesaggio facendola competere con l’allora blasonata pittura storica; un risultato conseguito attraverso una personalissima ricerca espressiva che indagò con spregiudicatezza la dirompente energia del colore e della luce, gettando le basi di un’estetica da cui l’Impressionismo avrebbe tratto linfa decenni dopo. Libero dagli steccati dell’accademismo, Turner spinse la sua ricerca a tal punto da superare le limitazioni e le costrizioni della forma in esplosioni di colore e di luce [emblematico il dipinto Light and colour (Goethe’s Theory) – The Morning after the Deluge, del 1843], aspetti che lo hanno fatto considerare uno dei precursori del moderno astrattismo.
 

Autoritratto di J. M. William Turner in una incisione ottocentesca - Yale Art Center

Autoritratto di J. M. William Turner (ca. 1799) in una incisione ottocentesca – Yale Center for British Art

La natura – con i suoi colori e il carattere mutevole dei fenomeni atmosferici -, è la grande protagonista delle sue opere, rappresentata nel suo rapporto di armonia con l’uomo ma ancor più come forza che lo affascina sovrastandolo, secondo l’estetica romantica del Sublime. Non di rado con essa si fondono suggestioni mitologiche, bibliche e storiche, ma il paesaggio conserva una indiscutibile preponderanza. L’evoluzione dell’arte di Turner – che va dallo studio di maestri dalle grandi qualità luministiche come Cozens, van de Velde, Rembrandt, Tiziano e, soprattutto, Nicolas Poussin, Claude Lorrain e Antoine Watteau, fino alla seduzione su di lui esercitata dalle ricerche di cromatica culminate nella Teoria dei colori del poeta tedesco Goethe, tradotta in inglese nel 1840 – la ritroviamo in larga parte anche nelle opere ispirategli dall’Italia di cui presentiamo una piccola selezione dedicata al Mezzogiorno.
 

J. M. William Turner, Lake Avernus, Aeneas and the cumaean Sibyl, 1814 - Yale Center for British Art

J. M. William Turner, Lago d’Averno, Enea e la Sibilla cumana, 1814 – Yale Center for British Art

La prima volta in cui Turner mise piede sul continente europeo fu nel 1802, facendo tappa in Francia e in Svizzera, ma il contatto col suolo italiano si limitò a una breve escursione dalle Alpi alla Val d’Aosta di cui ci restano immagini di pittoresche vallate alpine e straordinari scenari montuosi; il proseguimento delle guerre napoleoniche non avrebbe infatti consentito spostamenti europei a più largo raggio se non dopo la battaglia di Waterloo del 1815. Il primo vero tour in Italia lo fece quindi nel 1819, all’età di 44 anni. Molti furono gli stimoli che lo indussero a partire, oltre alla personale convinzione, condivisa con tanti altri artisti del suo tempo, che l’Italia fosse la culla della civiltà occidentale e che la sua storia e cultura influenzassero da tempo il gusto e l’educazione di molti Paesi, Inghilterra compresa; a ciò si aggiungeva il fatto che l’anno prima aveva ricevuto l’incarico di collaborare alle illustrazioni del libro The Picturesque Tour of Italy di James Hakewill; inoltre lo storico Sir Richard Colt Hoare era pronto a patrocinare la sua trasferta, mentre Byron aveva da poco pubblicato il Canto IV del Childe Harold’s Pilgrimage, e il suo collega della Royal Academy, Thomas Lawrence, non faceva altro che incoraggiarlo a partire. Da qui la decisione di sperimentare di persona le ricchezze dell’Italia, considerando quel viaggio un passaggio necessario per la sua evoluzione artistica. Sapeva infatti che il nostro Paese gli avrebbe consentito di approfondire la propria ricerca sull’uso del colore e della luce, oltre a fornirgli l’occasione per misurarsi con i capolavori degli antichi maestri. Lo vediamo così percorrere la Penisola da un capo all’altro –  Torino, Milano, Como, Verona, Venezia, Roma, Napoli, Paestum, Lerici – lasciandosi avvolgere dalla luce mediterranea, le cui sfumature avrebbero impresso sulla sua anima orme indelebili pronte a riflettersi sulla sua arte.
 

J.M. William Turner, Castel dell'Ovo, Napoli, con Capri sullo sfondo, 1819 - Image source

J.M. William Turner, Castel dell’Ovo, Napoli, con Capri sullo sfondo, 1819 – Image source

Partì così per una spedizione di sei mesi che durò dalla fine di luglio 1819 al febbraio 1820. Con sè aveva due taccuini zeppi di consigli di amici e di informazioni tratte dai diari pubblicati da altri viaggiatori, ma al ritorno ne avrebbe riportati in patria ben 23, stracolmi di disegni, oltre a una manciata di fogli sciolti, materiale iconografico che rispecchiando la successione delle sue varie tappe consente facilmente di ripercorrerne l’itinerario. La documentazione pittorica – tra rapidi schizzi a matita, più dettagliate composizioni e acquerelli – diventa però improvvisamente più intensa in corrispondenza dei luoghi più importanti e celebrati dell’Italia antica e moderna, dove Turner si soffermava per più giorni se non settimane, e allora usava più album simultaneamente, con molteplici formati e tipi di carta a seconda delle esigenze: così, se pensiamo ad es. ai soggetti napoletani, li troviamo trattati in più album come “Napoli: Roma C. Studi”, “Gandolfo a Napoli”, “Pompei, Amalfi, Sorrento ed Ercolano e “Napoli, Paestum, Roma”, oggi custoditi con tutti gli altri alla Tate Britain di Londra. Gli ultimi tre libri documentano anche il viaggio di Turner tra Roma e Napoli, così come le escursioni in giro per Sorrento, la Costiera Amalfitana e Paestum, il punto più meridionale noto dei suoi viaggi italiani.
 

J. M. William Turner, Vesuvio in eruzione, 1819

J. M. William Turner, Vesuvio in eruzione, 1819 – Yale Center for British Art

Gli album da disegno di questo primo tour italiano costituiscono un enorme archivio di materiale che gli sarebbe stato utile anche anni dopo la conclusione del viaggio: infatti di dipinti come Roma dal Vaticano, del 1820, o Il Golfo di Baia, con Apollo e la Sibilla, del 1823, oppure ancora Forum Romanum, del 1826, ritroviamo studi preparatori proprio negli album da disegno del tour; così come da disegni del viaggio deriva una serie di acquerelli realizzati per l’amico Walter Fawkes. Echi pittorici di questa prima esperienza italiana li ritroviamo anche dopo il rientro dal secondo viaggio (1828) nelle illustrazioni a vignette per il poema Italy di Samuel Rogers, del 1830, così come in alcuni successivi oli a tema italiano.
 

Napoli dal Molo, incisione su disegno di J. M. William Turner, 1820 - Image source

Napoli dal Molo, incisione su disegno di J. M. William Turner, 1820 – Yale Center For British Art

Il Bel Paese torna a sedurre Turner nell’agosto del 1828 quando arriverà a Roma dopo aver fatto tappa a Parigi, Lione, Avignone e Firenze. Accingendosi a dare rinnovato impulso alla sua arte, si insediò a Palazzo Trulli alle Quattro Fontane dove, come egli stesso disse, si mise totalmente “al servizio della pittura” concentrandosi soprattutto su quella a olio. A questo periodo vengono assegnati anche una serie di disegni con scene non meglio identificate di montagne, castelli, città collinari e coste rocciose. Altre visite ci furono nel 1833 nel nord del Paese in concomitanza con altri viaggi europei, come in Svizzera e Tirolo, e poi ancora nel 1836, forse nel 1837, nel 1840, 1842 e 1843; nel 1844 aveva programmato un ulteriore viaggio a Venezia – città da cui aveva già tratto numerose splendide vedute -, ma fu costretto a rinunciarvi a causa delle precarie condizioni di salute. Nei dipinti di questi anni ricorrono con maggior frequenza temi storici e mitici ispirati anche ai fasti di Roma antica, mentre lo stile sempre più maturo e denso di tensioni interiori, con l’aprirsi degli spazi verso dimensioni indefinite, assume a tratti una fisionomia quasi astratta in opere nelle quali si realizza una sorta di fusione tra il paesaggio e la luce.
 

Vesuvio dalla Baia di Napoli, incisione da disegno di J. M. William Turner, 1895 - Image source

Vesuvio dalla Baia di Napoli, incisione tardo-ottocentesca su disegno di J. M. William Turner – Yale Center fo British Art

“Quando penso a Turner all’estero – scrisse nel 1861 George Walter Thornbury, primo biografo dell’artista -, ricordo il mio viaggio e mi sembra di vederlo ovunque mi giri, ovunque io stesso sia stato. (…) Lo vedo a Napoli, dove, sotto il sole calmo, il Vesuvio diffonde verso l’alto il suo tranquillo pennacchio di fumo bianco. Lo vedo a Roma all’ombra dei massicci doppi archi del Colosseo…”, e ricorda come la città partenopea avesse affascinato l’artista non solo con lo splendore delle sue vedute ma anche con la sua storia e le sue figure leggendarie dando vita nel tempo a opere straordinarie come Ondina che dà l’anello a Masaniello, pescatore di Napoli, uno dei suoi ultimi lavori, esposto alla Royal Academy nel 1846 e oggi custodito alla Tate Britain: un visionario vortice di luce e colore. Dire Napoli, per artisti e viaggiatori del Grand Tour, significava inoltre includere nel proprio itinerario non solo la celebre città affacciata sul Golfo, ma allargare il proprio orizzonte di scoperta anche ai suoi dintorni, percepiti dai viaggiatori più colti e sensibili come una vera incarnazione dei Campi Elisi di mitica memoria. Scorrendo così uno dei suoi taccuini, troviamo menzioni e disegni riferibili a luoghi e curiosità dei dintorni di Napoli, fino al salernitano: da una misteriosa ”tomba ai piedi del Vesuvio”, alla scoperta della vicina “Pozzuoli”; da “uno scheletro di donna visto a Pompei” con la“Via dei Sepolcri” percorsa nell’area extra moenia dell’antica città vesuviana, alla bellissima “Sorrento”; e poi ancora Capri “Isola delle Sirene”, “Capua”, il “Lago d’Averno”, il “cratere del Vesuvio”, “Cuma”, “Amalfi”, “Salerno” e “Paestum”. Luoghi che Turner aveva già imparato a conoscere grazie all’amicizia con Thomas Monro, medico che in quegli anni stava curando John Robert Cozens, acquarellista inglese particolarmente dotato e autore di numerose vedute italiane di cui Monro era collezionista.
 

J. M. William Turner, Santa Lucia, un convento nei pressi di Caserta - Yale Center for British Art

J. M. William Turner, Santa Lucia, un convento nei pressi di Caserta, acquerello – Yale Center for British Art

Oltre alle immagini presentate in alto, sono da ascriversi al ”racconto” turneriano di Napoli anche i tre disegni riprodotti in incisione che vi mostriamo qui di seguito: la prima è un’acquaforte del 1829 raffigurante una veduta della città dal mare, nella cui composizione sono inclusi anche un veliero e due piccole imbarcazioni a vela su una delle quali si distinguono due marinai.
 

Napoli, incisione su disegno di J. M. William Turner, 1829 - Yale Center for British Art

Napoli, incisione su disegno di J. M. William Turner, 1829 – Yale Center for British Art

La seconda immagine è la riedizione tardo-ottocentesca di un’incisione del 1819 su disegno di Turner raffigurante una spettacolare veduta del Vesuvio in eruzione con osservatori radunati sulla spiaggia e, sullo sfondo, lo skyline di Napoli.
 

Vesuvio in eruzione, con spettatori sulla spiaggia a Napoli e skyline della città sullo sfondo, riedizione colorata di un'incisione tratta da un disegno di J. M. William Turner del 1819 - Wellcome Collection

Vesuvio in eruzione, con spettatori sulla spiaggia a Napoli e skyline della città sullo sfondo, riedizione colorata di un’incisione su disegno di J. M. William Turner del 1819 – Wellcome Collection

Ancora il Vesuvio, ma in stato di quiete, è protagonista della cromolitografia ottocentesca tratta da un disegno di Turner del 1819. Virata in un tenue color azzurro, mostra il vulcano incombente su un mare in bonaccia, con un gruppo di piccole imbarcazioni a vela in primo piano e i palazzi costieri di Napoli sullo sfondo.
 

Vesuvius in repose, cromolitografia ottocentesca su disegno di J. M. William Turner del 1819 - Yale Center for British Art

Vesuvio in stato di quiete, cromolitografia ottocentesca su disegno di J. M. William Turner del 1819 – Yale Center for British Art

I dintorni di Napoli li ritroviamo evocati in un acquerello intitolato Sir William Hamilton’s Villariferibile a una residenza di campagna dell’ambasciatore inglese presso la corte di Napoli, noto per i suoi interessi in campo archeologico e vulcanologico, oltre che per il chiacchierato matrimonio con Emma Lyon in seguito protagonista di un’intensa relazione sentimentale con l’ammiraglio Horatio Nelson, alla quale Sir Hamilton non si oppose.
 

Villa di Sir William Hamilton, acquerello di J. M. William Turner - Yale Certer for British Art

Villa di Sir William Hamilton, acquerello di J. M. William Turner – Yale Center for British Art

Nel salernitano ci portano le due prossime immagini: la prima è un’incisione del 1829 ricavata da un disegno di Turner raffigurante un tratto della costiera tirrenica su cui si affaccia il borgo marinaro di Amalfi, riconoscibile sullo sfondo a sinistra. In primo piano una grande imbarcazione a vela e, ad essa accostata, una piccola barca con due uomini forse alle prese con un trasbordo di merci; sullo sfondo a destra, svettante su una rupe, una torre aragonese di avvistamento.
 

Amalfi, incisione su disegno di J. M. William Turner, 1829 - Yale Center for British Art

Amalfi, incisione su disegno di J. M. William Turner, 1829 – Yale Center for British Art

La seconda immagine riguarda sempre una località della Costiera Amalfitana, Vietri, di cui Turner ritrae una verde valle ubicata nei pressi: vi si intravedono un grande palazzo sei-settecentesco ad arcate, una torre e un piccolo agglomerato di case, forse riconducibili ad una delle numerose frazioni che ne costellano il territorio.
 

Nella Valle vicino Vietri, acquerello di J. M. William Turner, 1819 - Yale Center for British Art

Nella Valle vicino Vietri, acquerello di J. M. William Turner, 1819 – Yale Center for British Art

Dell’antica Paestum, la greca Poseidonia, subcolonia della polis magno-greca di Sibari, vi mostriamo due disegni di Turner pervenutici attraverso alcune incisioni: la prima è un’acquaforte del 1830 in una riedizione litografica, colorata a mano, del 1884; vi compare il più grande tra i templi di Paestum, ovvero il cosiddetto Tempio di Nettuno, secondo l’attribuzione errata data dagli studiosi del XVIII e XIX secolo ai quali sembrò scontato che l’edificio sacro più grande fosse intitolato al dio protettore della città, laddove invece le ipotesi attuali più accreditate lo vogliono dedicato ad Hera, oppure a Zeus o ad Apollo.
 

Peastum, litografia dipinta a mano su disegno di J. M. William Turner - Yale Center for British Art

Peastum, litografia dipinta a mano su disegno di J. M. William Turner – Yale Center for British Art

La seconda, un’incisione a mezzatinta del 1825, propone invece una visione, presa in lontananza, dello stesso Tempio di Nettuno immerso in una cupa atmosfera temporalesca, con folgori che squarciano con grandi bagliori l’oscurità del cielo.
 

Paestum, incisione a mezzatinta su disegno di J. M. William Turner, c. 1825 - Yale Center for British Art

Paestum, incisione a mezzatinta su disegno di J. M. William Turner, c. 1825 – Yale Center for British Art

Nel taccuino troviamo menzionata anche Scilla, ma non è dato sapere con certezza se, magari via mare, Turner abbia mai raggiungo la Calabria dove si trova appunto l’antichissimo borgo marinaro. Certo è che il tema mitologico della ninfa Scilla trasformata in mostro dalla pozione malefica della maga Circe la ritroviamo in una incisione tratta da un suo disegno, Glaucus and Scylla, risalente proprio all’epoca del suo primo viaggio in Italia (da registri del tempo risulta anche un dipinto su tavola con lo stesso soggetto, esposto a Londra nel 1841). I due personaggi compaiono raffigurati in uno scenario naturale ancora vergine, che precede cioè la nascita stessa del borgo, ma il luogo è riconoscibile dalla forma della rupe e degli scogli che decine di artisti hanno raffigurato nelle loro opere nel corso dell’Ottocento. Pura evocazione artistica o frutto della visione reale dei luoghi? È impossibile dire.
 

Glauco e Scilla, incisione su disegno di J. M. William Turner, c. 1820 - Yale Center for British Art

Glauco e Scilla, incisione su disegno di J. M. William Turner, c. 1820 – Yale Center for British Art

È un “mistero” anche un’incisione custodita in più copie alla Tate Britain di Londra e allo Yale Center for British Art di New Haven e tratta da un suo disegno. Si tratta di una mezzatinta del 1825, considerata una delle migliori stampe dell’epoca e intitolata Catania; essa raffigura in controluce il profilo della città siciliana nell’atmosfera cupa di una incipiente tempesta annunciata da grandi folgori che attraversano l’oscurità del cielo mentre una feluca solca il mare increspato. Il soggetto è stato identificato solo negli ultimi anni come una veduta di Catania; in precedenza si pensava che mostrasse Venezia durante un temporale. Secondo quanto riportato sul sito della Tate Britain, lo stesso soggetto comparirebbe anche in un acquerello conservato al Museum of Fine Arts di Boston. Questa immagine, così come la citata menzione della calabrese Scilla, ha sollevato l’interrogativo se l’artista nel suo viaggio verso sud sia andato o meno oltre i confini della Campania o se, viceversa, queste ulteriori suggestioni meridiane siano state solo frutto della sua fantasia ispirata dai disegni di altri artisti. Un quesito che almeno per il momento non trova risposte certe.
 

Catania, incisione tratta da un disegno di J. M. William Turner, c. 1825 - Yale Center for British Art

Catania, incisione tratta da un disegno di J. M. William Turner, c. 1825 – Yale Center for British Art

Sintesi di molteplici visioni del Sud Italia, più che ritratto di un luogo ben determinato, è infine quella che ha ispirato il dipinto, esposto nel 1832, oggi custodito alla Tate Britain e considerato dal biografo George Walter Thornbury “il suo quadro italiano più bello e più epico, “Childe Harold’s pilgrimage; Italy”, ispirato a uno dei più bei poemi che l’Italia abbia mai suggerito a un artista;  rispetto ad esso le scene di Poussin, Claude e Wilson sono semplici frammenti di pagine singole rispetto a un volume. È un compendio dell’Italia antica e moderna. Il pittore ha espresso tutto il rapimento e il rimpianto dei versi di Byron da egli usati come un motto: “Anche nel tuo deserto cosa è simile a te? / le tue stesse erbacce sono belle / la tua desolazione è più ricca della fertilità di altri climi / la tua decadenza è una gloria e le tue rovine risplendono di un fascino immacolato che non può essere deturpato”.
 

Childe Harold's Pilgrimage, incisione tratta dall'omonimo dipinto di J. M. William Turner, c. 1859 - Yale Center for British Art

Childe Harold’s Pilgrimage, incisione tratta dall’omonimo dipinto di J. M. William Turner, c. 1859 – Yale Center for British Art

Ci piace concludere questo breve excursus su Turner nel Sud Italia, riportando il bellissimo ricordo di un suo amico, rievocato dal biografo George Walter Thornbury nel suo “The Life of J.M.W. Turner”: “Prima delle sei del mattino si alzò e scese verso il ponte. L’aria era tiepida; l’intensa luce tra le colline, l’ombra scura e l’acqua che mandava bagliori intermittenti offrivano una bella scena iniziale. Turner disegnò il ponte ma, cambiando posizione più volte, sembrava alle prese con più di uno schizzo, o forse più semplicemente era alla ricerca del miglior punto di osservazione. Ho rivisto quel ponte e parte della scena in seguito, in un dipinto della sua galleria. Allo scenario vicino al ponte aveva fatto diverse aggiunte tratte dalla sua immaginazione. L’immagine era poetica e, se ben ricordo, vi aveva introdotto alcuni personaggi della mitologia pagana; l’aveva immersa nelle magnifiche glorie del sole australe, l’aveva rivestita di un barbarico color perla e oro, e l’aveva arricchita di quell’attrazione indefinibile che il vero genio conferisce a tutte le sue opere. Nel delineare il mare, in tempesta o calmo, e lo splendore della gloria del Sud in quello scenario casto e magnificamente decorato, ma più sobrio della sua terra natale, Turner mi sembrava allora, come immobile, senza rivali. Le sue marine superano di gran lunga quelle dei pittori olandesi più prestigiosi. Le sue immagini dell’Italia soleggiata, delle sue malinconiche rovine e dell’immacolato colore del suo cielo azzurro, devono a Turner un fascino che difficilmente si trova in qualsiasi altro pittore. Era veramente il poeta della pittura.”

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Riferimenti bibliografici

George Walter Thornbury, The Life of J.M.W. Turner, founded on Letters and Papers Furnished by His Friends and Fellow Academicians, 2 Voll., Hurst and Blackett Publishers, Londra, 1861-62
Cecilia PowellTurner in the South: Rome, Naples, Florence, New Haven and London 1987
Ian Warrell, David Laven, Jan Morris e altriTurner and Venice, exhibition catalogue, Tate Britain, London 2003
James Hamilton, Nicola Moorby, Christopher Baker e altriTurner & Italy, exhibition catalogue, National Galleries of Scotland, Edinburgh 2009
Michael Bockemühl, Turner, Taschen, 2012
Tate website

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