Li Galli: là dove danzano le Sirene. Storia delle isole della danza e un raro documento filmato

Gli isolotti di Li Galli al tramonto, Positano - Ph. Michael Costa | ccby2.0

Le isole Li Galli al tramonto, Positano – Ph. Michael Costa | ccby2.0

Le isole furono dimora dei celebri danzatori Léonide Massine e Rudolf Nureyev

di Redazione FdS

I) LA TERRA DELLE SIRENE

La sirena nella simbologia rappresenta la seduzione ed il potere delle passioni. E’ il simbolo di ciò che attrae in modo irresistibile, dell’istinto e del desiderio non mediati dalla ragione, del fascino soggiogante, della soddisfazione immediata di un impulso. E se c’è un luogo al mondo dove il fatale incrocio di natura e cultura è in grado di soggiogare col potere della Bellezza anche le menti più austere e poco inclini alle suggestioni, questa è la Costiera Amalfitana, quel tortuoso dipanarsi di chilometri di coste a strapiombo sull’azzurro mar Tirreno, fra il giallo dei profumatissimi limoni e il verde della rigogliosa macchia mediterranea. Qui, una millenaria tradizione radicata nei miti omerici pone la leggendaria terra delle Sirene, quei dèmoni tentatori dalle ibride forme di donne-uccello pronte ad ammaliare, e a perdere, col loro canto, i marinai di passaggio…Soprattutto quelli temerariamente avidi di Conoscenza, come l’astuto Ulisse. Bastano alcuni toponimi, tutti rinvianti ai mitici esseri – Licosa, l’omonima Punta che chiude a Sud il golfo di Salerno, Ligea ossia Punta Campanella che lo delimita a Nord, e Partenope, sirena che il mito vuole sepolta presso Pizzofalcone a Napoli; e poi ancora lo Scoglio delle Sirene sulla costa sud di Capri e Le Sirenuse, il piccolo arcipelago di tre isole di fronte alla costa di Positano (Salerno), meglio conosciute come Li Galli – per rendersi conto di quanto la leggenda sia radicata. Ed è proprio a Li Galli che vi vogliamo portare oggi, in un viaggio alla scoperta di coloro che hanno amato queste isole, hanno avuto il privilegio di viverci, hanno sofferto per esse. Solari e ridenti, cupe e drammatiche, magiche e inquietanti, esattamente come le mitiche Sirene: così le vedrete nelle splendide immagini di questo servizio.

II) LI GALLI: IL LUOGO

“Gallo Lungo” è la più grande delle tre isole che andiamo ad esplorare ed è l’unica ad essere stata abitata fin dai tempi dei Romani (come si deduce dai resti ritrovati di una villa di tipo marittimo, con la domus, lo xystus e il quartiere marittimo): ha una forma allungata che si estende per circa 400 m con una larghezza variabile che verso il centro è di circa 100 m e verso la “testa” è di circa 200. A ovest di Gallo Lungo si trovano “La Rotonda” e quella che porta il nome di “Isola dei Briganti”, anche se più comunemente l’isola compare nelle fonti letterarie con il nome di Castelluccio (o talvolta La Castelluccia). Fu Strabone, geografo greco del I secolo a.C. a descrivere per la prima volta le tre isole in due brani della sua “Geografia”, identificandole come sedi delle Sirene e dando loro il nome di Sirenai o Sirenussai. Va detto che oltre ai significati simbolici più reconditi, le Sirene rappresentavano anche gli ostacoli e i pericoli per la navigazione ed è proprio in quel tratto di mare che le correnti portavano spesso le imbarcazioni a schiantarsi contro queste isole, e a naufragare. Circa il nome Li Galli, risulta che nel 1131 le tre isolette erano chiamate “Guallo” e nel 1225 Federico II di Svevia le donò al monastero di Positano denominandole “tres Sirenas quae dicitur Gallus”, forse allusione alla forma ibrida di donne-uccello delle sirene di matrice greca. Oggi l’arcipelago fa parte dell’Area Marina Protetta di Punta Campanella.
 

Gli isolotti Li Galli nell'ora del crepuscolo. In primo piano la Torre di Clavel, Positano - Ph. Michael Costa | ccby2.0

Le isole Li Galli nell’ora del crepuscolo. In primo piano la Torre di Clavel, Positano – Ph. Michael Costa | ccby2.0

III) LI GALLI NEL ‘900: ALLA RICERCA DELL’EDEN PERFETTO

L’ultimo a dare l’addio a quello che a partire dagli anni ’20 fu considerato il luogo ideale per un ‘santuario’ della danza internazionale, fu Rudolf Nureyev (1938-1993). Era il 3 settembre 1992 quando la grande stella della danza mondiale salutò per l’ultima volta la sua isola, Li Galli, sicuro che non l’avrebbe più rivista. Qualche testimone ricorda ancora il suo gesto di baciare più volte quegli scogli selvaggi che lo avevano accolto per 26 anni. Nureyev quell’estate vi era giunto a Ferragosto, la sua ultima estate prima che la malattia se lo portasse via, ed era talmente indebolito che – ricorda Pietro, il custode dell’isola – nonostante il clima caldo, era costretto a portare un pesante cappotto. Con Nureyev svaniva definitivamente il sogno di fare di quell’isola un eden dedicato all’arte della danza. Quello stesso sogno era stato coltivato decenni prima da un altro celebre danzatore e coreografo: il russo Leonid Fedorovič Mjasin, meglio noto col nome francesizzante di Léonide Massine. Grazie all’intervento del suo amico Michail Nikolaevic Semenov, scrittore e segretario di Sergei Diaghilev (il celebre impresario dei Balletti Russi) allora in Italia con residenza a Positano, Massine era riuscito a fare il colpaccio di acquistare Li Galli, battendo sul tempo un altro straniero, lo scrittore svizzero Gilbert Clavel, che già da qualche anno amoreggiava con quegli isolotti mentre, sempre a Positano, era intento a ristrutturare la sua splendida Torre del Fornillo. Massine aveva notato Li Galli nel 1917 quando era giunto in Italia proprio insieme ai Balletti Russi di Diaghilev e, trovandosi in tour al Teatro di San Carlo di Napoli, era approdato nel borgo marinaro di Positano, ospite presso il Mulino d’Arienzo, antichissima struttura romana adattata a dimora estiva dal suo connazionale Semenov e da sua moglie Valeria.
 

Li Galli nel crepuscolo invernale, Positano - Ph. Giosef Grunig | ccby-sa2.0

Li Galli nel crepuscolo invernale, Positano – Ph. Josef Grunig | ccby-sa2.0

Nella sua autobiografia “La mia vita nel balletto” (Fondazione Léonide Massine, Napoli 1995), l’artista narra il suo primo impatto con Li Galli: «I Semenov vivevano sulla cime del villaggio, in un grazioso mulino antico adattato. Durante la prima notte che trascorsi lì, guardando fuori dalla finestra, notai una deserta isola rocciosa a molte miglia fuori costa. Quando, il mattino seguente, chiesi notizie di essa a Mikhail Nikolaevic [Semenov – NdR], egli mi disse che era la più grande delle tre isole de Li Galli, essendo le due più piccole nascoste alla vista. Esse appartenevano alla famiglia locale dei Parlato, che vi si recavano solo per la caccia di quaglie in primavera. In giornata prendemmo una barca per l’isola che avevo visto e scoprii che era formata da aspre rocce grigie prive di vegetazione, ad eccezione dei pochi cespugli arsi dal sole. Fui sopraffatto dalla bellezza della vista sul mare, col Golfo di Salerno che si estendeva in lontananza. Con Paestum a sud e i tre faraglioni di Capri all’estremità settentrionale del Golfo, essa possedeva tutta la potenza drammatica di un dipinto di Salvator Rosa. Il silenzio era infranto solo dal mormorio del mare e da qualche grido di gabbiano. Sapevo che in quel luogo avrei trovato la solitudine che cercavo, un rifugio dalle pressioni estenuanti della carriera che avevo intrapreso. Decisi dunque, proprio lì e in quel momento, che un giorno avrei acquistato l’isola e ne avrei fatto la mia casa». Quel sogno si sarebbe realizzato solo nel 1924, al costo di 300 mila lire dell’epoca: fu un acquisto che gli fece guadagnare la fama di pazzo acquirente di un’isola rocciosa buona solo per l’allevamento di conigli. E’ rimasta leggendaria la scena della signora Antonietta Parlato che corre per l’arenile di Positano urlando in dialetto locale “Aggio trovato ‘o pazzo chi s’è accattato ‘u scoglio” (Ho trovato il pazzo che ha comprato lo scoglio).
 

Li Galli al tramonto, Positano - Ph. Michael Costa | ccby2.0

Li Galli al tramonto, Positano – Ph. Michael Costa | ccby2.0

Ad ogni modo Massine fu soddisfatto del suo acquisto, sebbene col tempo si rendesse conto di quanto fosse difficile avere a che fare con la furia di mare e vento, sempre pronti a insidiare ogni opera umana: a cominciare dall’anfiteatro che l’artista volle ispirato a quello di Siracusa e che una tempesta distrusse nel 1964. Riuscì tuttavia a creare dei terrazzamenti in una parte dell’isola impiantando un ampio vigneto, oggi rimpiazzato da un vasto orto, e fece edificare una villa (Villa Grande, poi Villa Massine) che divenne la sua residenza, ristrutturata nel 1937 dal celebre architetto Le Corbusier. Degni di nota sull’isola sono anche un belvedere con vista su Capri, con fontana centrale decorata a mosaico, e le terrazze rivolte verso la Costiera Amalfitana. Nonostante le difficoltà, quel luogo così impervio riusciva però a stimolare la creatività di Massine che, ricordano testimoni dell’epoca, amava inoltrarsi fra la macchia mediterranea, meditando per ore intorno alle sue coreografie. Il suo ulteriore sogno era però quello di trasformare Li Galli in un centro d’arte che riunisse varie discipline, dalla danza alla composizione musicale, alla pittura, secondo la geniale idea di Diaghilev. Coltivò questo progetto per anni, soprattutto nei lunghi mesi che trascorreva sull’isola insieme al padre, conducendo una vita alquanto schiva. Così scrive ancora nelle sue memorie: «Mi ritrovai a pensare a Li Galli, alla prima volta che la vidi nel 1917, alla mia decisione di acquistarla. Mi sembrava che fosse sempre stata più che un semplice rifugio; essa rappresentava qualcosa nella mia vita che dovevo ancora scoprire […] Per molti aspetti, Li Galli è stata una delle cose più importanti della mia vita. È lì che ho concepito la coreografia di alcune delle mie produzioni più ambiziose. È lì che ho eseguito molte ricerche per il mio manuale. Quando la acquistai, la consideravo solo un rifugio dalle tensioni della mia carriera. Ma ora comprendo che essa è stata una fonte di ispirazione e mi ha portato più vicino ad una vita di semplicità, offrendomi un genere di serenità e di pace spirituale che non ho mai trovato in nessun altro posto. Perciò mi piacerebbe vedere l’isola svilupparsi come un luogo dove giovani artisti da tutto il mondo potessero venire, per ritirarsi dal soffocante materialismo della vita moderna e trarre ispirazione, come me, dalla sua naturale bellezza e dalla sua magnifica cornice paesaggistica».

Come già accennato, a contrapporsi a questo suo disegno fu innanzitutto l’inclemenza degli elementi naturali, ma l’artista non smise, con ottimismo, di coltivare il suo sogno: «Nel gennaio del 1964 una tempesta demolì parzialmente il sito che stavo preparando per l’anfiteatro. Ero sull’isola a quel tempo e, precipitandomi fuori, vidi enormi pezzi di calcestruzzo frantumarsi in mare. Ma non sono scoraggiato e ho in programma di continuare con l’anfiteatro che ho disegnato secondo i modelli che ho visto a Siracusa, con l’aggiunta di una diga marittima per proteggerlo dalle tempeste. Quando tutto il lavoro sarà completato, intendo stabilirvi una fondazione che manterrà l’isola come un centro artistico e, in tal modo, spero di portare avanti la tradizione di Diaghilev di riunire insieme giovani pittori, compositori, scrittori, danzatori e coreografi, per scambiarsi idee e collaborare a nuove opere[…] Appena avrò sufficienti risorse finanziarie, comincerò la mia impresa che chiamerò Les Soirées aux Îles des Galliés».
 

Li Galli al crepuscolo, Positano - Ph. Michael Costa | ccby2.0

Li Galli al crepuscolo, Positano – Ph. Michael Costa | ccby2.0

Purtroppo la sua aspirazione non si realizzò. Dopo la sua morte, avvenuta nel 1979, il figlio Lorca, non potendo più sostenere le spese, decise di vendere Li Galli a Rudolf Nureyev, che aveva conosciuto le isolette in occasione di un viaggio a Positano per ritirare il premio “Léonide Massine per l’arte della danza”. Il celebre danzatore ne fece il suo rifugio estivo (vi trascorreva l’intero mese di agosto), ma a differenza di Massine frequentava molto di più Positano, partecipando alla vita mondana del borgo, presso ville di amici o presso il ristorante La Buca di Bacco. Nureyev impresse agli arredi della casa il suo gusto orientaleggiante per le ceramiche, i cuscini e i tappeti e nella torre saracena ricavò una sala di danza con pavimento in parquet di pino, piena di specchi e sbarre per i suoi esercizi quotidiani. Con Massine e Nureyev si è dunque chiusa, almeno per il momento, l’epoca d’oro della presenza umana a Li Galli (dal ’94 di proprietà dell’albergatore sorrentino Giovanni Russo che oggi la affitta ma è pronto a vendere) ma il ricordo dei due grandi artisti sopravvive ancora, oltre che in gran parte dell’assetto dei luoghi, nel Premio Positano intitolato a Léonide Massine e giunto ormai alla sua 40a edizione. Alle Sirene di Li Galli non rimane dunque che ispirare un nuovo incantamento…

GUARDA LA PHOTOGALLERY (v. anche altre photogallery nei link a fondo pagina)

IV) UN RARO DOCUMENTO FILMATO

Vi mostriamo (in due video – v. sotto – per un totale di 12 minuti circa) delle rarissime immagini con Léonide Massine girate a Li Galli su iniziativa del compositore, produttore e scrittore inglese Michael Maxwell Steer. Come egli stesso racconta su YouTube, si tratta del montaggio preliminare di un documentario rimasto incompleto che fu realizzato nel 1971 con il famoso coreografo dei Balletti Russi. Steer incontrò Massine nel 1970, quando gli chiese di patrocinare il suo tentativo di allestire una produzione di Relâche, balletto surrealista di Erik Satie (il cui intermezzo cinematografico, Entr’acte (del regista René Clair), il compositore aveva accompagnato al National Film Theatre nelle vesti di pianista del cinema muto). Si incontrarono nel corso dell’estate sulla sua isola nel Golfo di Salerno. Lì concepirono l’idea di una serie di filmati che avrebbero dovuto contenere i suoi “ultimi pensieri” da coreografo. Steer tornò nel Regno Unito con l’intento di realizzare l’idea. Nel corso dei successivi 6 mesi il progetto divenne quello di un documentario finalizzato a riaccendere l’interesse dell’opinione pubblica verso Massine. Con grande entusiasmo Steer cercò e ottenne in prestito le 1800 sterline di cui aveva bisogno per effettuare le riprese e tornò a Li Galli l’estate successiva con il noto regista televisivo Rudolph Cartier, con il quale aveva elaborato uno script tratto dalla autobiografia di Massine, e il cameraman Norman Yardy.

Purtroppo – spiega Steer -, per qualche ragione, Massine e Cartier non si piacquero affatto, e dopo qualche ripresa il coreografo non gli consentì di farne altre. Il che fu alquanto imbarazzante. Steer aveva programmato di comporre la colonna sonora, ma alla fine dovette praticamente dirigere anche tutto il resto. Egli racconta come Massine quell’estate, contrariamente al solito, avesse invitato a Li Galli anche la sua segretaria tedesca dalla quale egli, allora 78enne, aveva avuto 2 bambini di 4 e 6 anni. Con la donna era arrivata sull’isola anche sua madre, che però – contrariamente alla figlia – non parlava inglese, per cui gli scambi di Massine con la vecchia signora si limitarono a una serie di gesti cortesi. Era inoltre abitudine del padrone di casa invitare ballerini della Royal Ballet School, di cui era un mecenate, e una ballerina del gruppo arrivato quell’anno – racconta Steer – aveva catturato la sua “attenzione”. Steer suppose così che Massine avesse temuto che Rudolph Cartier, di 8/9 anni più giovane, potesse surclassarlo; da ciò sarebbe dunque derivata l’insofferenza del coreografo nei confronti del regista. L’ironia della sorte volle però – come svelato dallo stesso Steer – che la ballerina fosse in realtà la sua amante, ma i due attempati “rivali” sembravano non essersene affatto accorti.

Steer tornò comunque a casa con una quantità sufficiente di materiale, ma presto dovette misurarsi con una serie di oggettive difficoltà. Nel 1971 – spiega – non c’era ancora un mercato indipendente per i film d’arte (egli era rimasto accecato dal successo di Chris Nupen, un ex produttore della BBC suo fan, prima persona ad avere successo come indipendente grazie ai suoi rapporti di amicizia con i musicisti Dupré, Barenboim e John Williams). Presto si rese però conto che o si procurava un contratto con la BBC o LVT Aquarius o non avrebbe realizzato alcun documentario. Non c’era alternativa. Alla BBC un regista si era mostrato molto interessato ad acquistare il suo film, ma presto Steer si accorse che questi lo voleva al solo scopo di cannibalizzarlo all’interno di un suo film incompiuto su Massine. Tentò quindi di offrirlo alla Aquarius, ma Humphrey Burton gli rispose che aveva già avuto l’idea di fare un film su Massine e che quindi non era interessato a produrre il suo. In realtà Steer sapeva già che quel progetto concorrente sarebbe sfumato, dato che Massine sarebbe diventato inaccessibile nel momento stesso in cui avesse sentito puzza di operazione economica; egli era infatti convinto di essersi guadagnato la fiducia del coreografo semplicemente perché questi aveva intuito come la sua non fosse affatto un’operazione commerciale.

Quello che si può vedere nel filmato è dunque ciò che rimane del film, nel montaggio realizzato dallo stesso Steer. Alla fine della sequenza del video 2 – spiega l’autore – avrebbe dovuto esserci il taglio con la ripresa in cui Massine balla ‘El Amor Brujo’ (dal film ‘Vacanze Spagnole’ di Powell/Pressburger) ma senza finanziamenti non era stato possibile andare oltre. Qualche tempo dopo aver montato il materiale, Steer presentò il negativo al National Film Archive dove si trova tuttora. Egli conclude quindi il suo racconto ricordando come al tempo del suo soggiorno sull’isola avesse avuto il presentimento che non sarebbe riuscito a finire quel film, ma che un giorno sarebbe tornato a Li Galli quando avrebbe avuto l’età di Massine (78 anni) per concludere il film nel contesto della storia della sua vita. Steer svela inoltre come la storia raccontata abbia avuto un sequel: la giovane danzatrice che aveva folgorato Massine andò poi a New York insieme al coreografo che, alquanto bizzarramente, invitò anche Steer. Ma questi declinò l’invito dato che la produzione del film lo aveva lasciato al verde e in quel momento era impegnato – purtroppo invano – a tentare di venderlo.

VIDEO | PARTE Ia
 

 
VIDEO | PARTE IIa
 

 
V) L’ISOLA IN COMPAGNIA DI NUREYEV: UNA GALLERY FOTOGRAFICA

In questo link russo trovate un’ampia gallery fotografica dedicata alla vita che si svolgeva sull’isola di Li Galli al tempo in cui vi abitò Rudolph Nureyev.

VI) L’ISOLA E I SUOI SPAZI ABITATIVI: UNA GALLERY FOTOGRAFICA

* Villa Massine (già Villa Grande e oggi Villa Giovanni)

* La Torre (ex sala di danza di Nureyev)

* Un appartamento e la Cappella

* Vedute varie ed eliporto

* Panoramica

Bibliografia: – Léonide Massine, “La mia vita nel balletto”, traduzione italiana a cura di Lorena Coppola, Fondazione Léonide Massine, Napoli 1995
www.russinitalia.it
www.massine-ballet.com
www.nureyev.org

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