Aldo Ciccolini: addio ad un grande poeta del pianoforte. Da Napoli ha portato la sua arte nel mondo

Il pianista Aldo Ciccolini in occasione del grande concerto di La Roque D'Anthéron, in Francia, dedicato ai suoi 85 anni

Il pianista Aldo Ciccolini in occasione del grande concerto tenutosi in Francia, a La Roque D’Anthéron, dedicato ai suoi 85 anni (2010)

di Enzo Garofalo

Quando muore un grande artista la retorica comune si scatena nella ricerca di di espressioni che valgano a magnificarne le doti, il che non di rado appare come un atto “dovuto” al quale sfugge la capacità di mettere in evidenza il peso concreto che quella perdita rappresenta per l’umanità. Apprendendo oggi la triste notizia della scomparsa di un pianista sommo come Aldo Ciccolini – che del Sud Italia è stato uno dei ”figli” più prestigiosi – mi sono invece tornati alla mente alcuni versi dalla schiva poetessa milanese Alda Merini; versi che nella loro scarna essenzialità esprimono molte più cose di mille panegirici, alludendo con metafora efficacissima alla morte del poeta – ma a mio avviso il senso profondo di quei versi calza alla scomparsa di qualunque grande artista – quale evento che diminuisce la luce necessaria agli uomini per vedere le cose e, al tempo stesso, toglie al mondo la possibilità di essere rappresentato in un modo diverso o ulteriore (bellissima l’immagine simbolica degli uccelli che, a causa di quella morte, “hanno una traiettoria in meno, tra quelle possibili, e non se ne accorgono”); una morte di fronte alla quale il Male “sorride felice” per aver perso un temibile avversario, mentre la nostra vita diventa “più piccola” e “la speranza più lieve.” Ebbene, il tributo che il poeta rende al mondo permettendoci di “collocare le nostre esperienze in un tessuto dilatato, cosmico, in cui anche il più umile evento risuona di echi molteplici, richiamandoci al mistero da cui siamo circondati”, non è, a mio avviso, dissimile da quello offerto da un grande musicista o da un grande artista in genere. E tale Aldo Ciccolini è stato, portando dalla sua Napoli al resto del mondo l’ineffabile poesia della Musica.

Questa mattina, nella sua casa di Parigi, a 90 anni quasi compiuti, se n’è andato dopo una carriera durata la bellezza di 74 anni (debuttò ancora adolescente e da allora non si è più fermato, alternando il ruolo di interprete a quello di didatta), lasciando così un vuoto enorme nel cuore di tutti gli amanti della musica, ma anche trasmettendo il senso di una vita portata a termine con compiutezza, vissuta cioè dando massima espressione ai propri talenti e alle proprie prerogative. Non solo, Ciccolini ha condotto il suo percorso artistico fino alla fine con la maestria di sempre, senza cioè che le meraviglie prodotte dal suo pianoforte, risentissero minimamente del peso degli anni. Al passo lento e strascicato degli ultimi tempi ha sempre fatto da contraltare la fermezza, il gesto incisivo e la forza espressiva delle mani sulla tastiera, quasi che per esse il tempo si fosse fermato. L’ultimo concerto tenuto in Puglia – dove era praticamente di casa – risale appena allo scorso ottobre quando si è esibito al Teatro Petruzzelli di Bari per la Camerata Musicale Barese, la quale ha voluto celebrare con la sua presenza il 3millesimo concerto in oltre 72 anni di storia musicale. Una occasione speciale che Ciccolini ha onorato al meglio riuscendo ad accendere come sempre gli entusiasmi della platea. L’ultimo incontro col pubblico lo ha però avuto a Torino, lo scorso novembre, regalando una grandissima interpretazione dei concerti per pianoforte e orchestra K466 e K488 di Mozart.

Senza timore di risultare retorici possiamo dire che Aldo Ciccolini è stato una vera “leggenda” del pianoforte. Poche note biografiche basterebbero a riassumere le tappe di uno straordinario percorso artistico: iscrittosi alla classe di pianoforte con Paolo Denza al Conservatorio di Napoli, sua città natale, fu ammesso agli studi di composizione a soli nove anni grazie a una licenza speciale dell’allora direttore Francesco Cilea; proseguì gli studi pianistici a Parigi, città d’adozione, con Marguerite Long e Alfred Cortot, acquisendo attraverso i suoi maestri gli insegnamenti di Liszt e Ferruccio Busoni. Debuttò al Teatro S. Carlo di Napoli a 16 anni e da lì la sua carriera ha preso il volo vedendolo negli anni accanto a direttori d’orchestra del calibro di Furtwaengler, Mitropoulos, Kleiber, Prêtre, Maazel. Di grande prestigio anche il suo impegno di didatta presso il Conservatorio di Parigi e nelle numerose città europee in cui ha tenuto master class. Altrettanto dicasi per la sua sterminata produzione discografica che lo vede fra i massimi interpreti e divulgatori della musica francese. Una carriera coronata dall’assegnazione di numerosi riconoscimenti come quelli di Accademico di Santa Cecilia, Officier de la Légion d’Honneur et dans l’ordre National du Mérite, Commandeur des Arts et Lettres, Medaglia d’Oro all’Arte ed alla Cultura. Nel 2010 ha festeggiato il suo 85° compleanno con un indimenticabile concerto al festival pianistico di La Roque D’Anthéron, uno dei più importanti di Francia, e di quella occasione è possibile reperire sulla Rete numerosi passaggi video, come quello in cui esegue in modo straordinario un toccante Intermezzo n. 2 op. 118 di Johannes Brahms.

A lui, come accennavo, si deve la divulgazione e l’esecuzione ai massimi livelli della musica per pianoforte dei compositori francesi, da quelli noti ai meno noti: da Maurice Ravel a Claude Debussy, Erik Satie, Déodat de Séverac, Jules Massenet, Charles Henri Valentin Alkan e Alexis de Castillon. Apprezzate anche le sue interpretazioni della musica di Franz Liszt e delle composizioni pianistiche di Mario Castelnuovo-Tedesco. Se inevitabilmente il pubblico proverà nostalgia per le sue esecuzioni dal vivo, nondimeno potrà attingere alla sua immensa produzione discografica: sono più di cento le registrazioni effettuate per la EMI-Pathé Records ed altre etichette, tra cui l’opera per pianoforte di Claude Debussy, di Leoš Janáček (Abeille Music), i Notturni di Fryderyk Chopin e le opere per pianoforte solo di Edvard Grieg (Cascavelles), oltre alle integrali delle sonate per pianoforte di Wolfgang Amadeus Mozart e Ludwig van Beethoven.

Un ricordo personale: ripercorrendo le tappe principali di una carriera così luminosa nel corso di una chiacchierata informale con pubblico in sala tenutasi non molto tempo fa a Trani, in Puglia, alla quale ebbi la fortuna di partecipare, Ciccolini ne attribuiva il merito ad una di quelle scelte cruciali che si compiono una volta sola nella vita e ad una persona che gli fu sempre particolarmente cara, sua madre. A lui che poco più che ventenne era fortemente dubbioso circa la scelta di partecipare o meno al prestigioso Concorso pianistico internazionale Marguerite Long-Jacques Thibaud di Parigi, sua madre rispose: “Vai…non avere timore. Il peggio che ti possa succedere è di non superare il concorso…E anche se così fosse, chi vuoi che se ne ricordi?”. Ciccolini partecipò e vinse il Premier Grand Prix, riconoscimento che gli avrebbe spalancato le porte delle sale da concerto di tutto il mondo.

 

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