La celebre ‘Natività’ di Caravaggio rubata a Palermo nel ’69 rivive in un clone ad alta tecnologia

Riproduzione della Natività di Caravaggio, Oratorio di S. Lorenzo, Palermo - Ph. Mibact

Riproduzione della Natività di Caravaggio trafugata dall’Oratorio di S. Lorenzo, Palermo

“…per l’Oratorio della Compagnia di San Lorenzo, fece un’altra Natività; La Vergine che contempla il nato Bambino, con San Francesco e San Lorenzo, vi è San Giuseppe à sedere, et un Angelo in aria, diffondendosi nella notte i lumi fra l’ombre…”

Giovanni Pietro Bellori, Vite de’ pittori, scultori e architecti moderni, 1672

di Rocco Mazzolari

“Un’opera del Caravaggio – la Natività – è stata rubata non si sa ancora quando – all’Oratorio di San Lorenzo in via dell’Immacolatella. Il valore della tela è inestimabile, gli esperti dicono che si aggira intorno al miliardo di lire”. Così scriveva nell’ottobre del 1969 sullo storico quotidiano palermitano L’Ora il giornalista Mauro De Mauro che solo un anno dopo sarebbe anch’egli sparito nel nulla rapito dalla mafia. Un giallo nel giallo, uno dei più intricati di tutta la storia dell’arte che ad oggi rimane privo di soluzione. Sono da poco trascorsi 46 anni da quella fredda notte fra il 17 e il 18 ottobre del 1969 quando a Palermo, aggirandosi fra i candidi e spettacolari stucchi del Serpotta, ignoti senza scrupoli hanno staccato da sopra l’altare dell’Oratorio della Compagnia di S. Lorenzo, e portato via, uno dei massimi capolavori del Caravaggio, quell’Adorazione del Bambino coi Santi Lorenzo e Francesco, meglio nota come Natività, realizzata agli inizi del ‘600 – probabilmente a Roma – su committenza palermitana. Per anni la cornice priva della grande tela (circa tre metri per due) è rimasta sul muro a testimoniare quell’infame furto a quanto pare ordito da una mafia a caccia di prestigiosi status symbol. Poi una semplice copia fotografica, ottenuta dall’ingrandimento di uno scatto di Enzo Brai, ha tentato di attenuare quel vuoto, ma il tempo ha sbiadito i colori e smorzato l’effetto visivo, già di per sè insoddisfacente. Lo scorso 12 dicembre 2015 è però accaduto un fatto nuovo e cioè l’inaugurazione a Palermo, alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella, di una riproduzione fedelissima di quell’originale mai ritrovato, realizzata con strumenti ad altissima tecnologia.

L’iniziativa si deve a Sky Arte che ha affidato l’operazione ad Adam Lowe, direttore di Factum Arte, team di artisti, tecnici e restauratori con base a Madrid e Milano specializzati in fac-simili realizzati con procedure e strumentazioni high tech. Nel caso della Natività è stata addirittura utilizzata la stessa qualità di pigmenti dell’originale. L’operazione è iniziata nel dicembre 2014 quando l’esperto d’arte Peter Glidewell ha promosso l’incontro fra Lowe e Bernardo Tortorici di Raffadali, presidente della Associazione Dimore Storiche e del sodalizio Amici dei musei siciliani che si occupa dell’Oratorio di S. Lorenzo, di proprietà della Curia. La realizzazione dell’opera, ottenuta attraverso un mix di tecniche diverse, è stata molto complessa coinvolgendo per mesi numerose persone con competenze in materia di fotografia, elaborazione di immagini, restauro digitale, pittura, restauro tradizionale, storia dell’arte e stampa digitale. Essenziali per la ricostruzione, oltre alla diapositiva originale di Brai, anche una serie di negativi di alta qualità recuperati presso l’Istituto superiore per la Conservazione ed il Restauro e di immagini ad altissima definizione relative ad altri dipinti del Caravaggio custoditi a Roma; un insieme di elementi che hanno permesso di studiare i tratti caratteristici della pennellata e del colore del grande maestro lombardo per poi tentare di riprodurli in un’opera “rinata” sulla tela grazie alla combinazione di strumenti all’avanguardia e sapienti interventi manuali. Dopo l’inaugurazione si è appreso che a Lowe sarà affidato anche il ripristino di alcuni meravigliosi stucchi di Giacomo Serpotta, anch’essi spariti dall’Oratorio nel corso degli anni e venduti a spregiudicati collezionisti.

Se tale copia ad alta tecnologia va per certi versi ad alleviare una ferita inferta al patrimonio culturale nazionale, non c’è dubbio che essa non potrà mai sostituire il gesto creativo dell’artista carico di un portato storico e spirituale assolutamente unico. L’iniziativa non ha mancato infatti di suscitare perplessità e riflessioni – come quella espressa di recente su Artribune da Giulio Dalvit – sul rischio che con operazioni del genere possa alla lunga tramontare l’idea dell’originale quale prodotto della Storia e che ad essa si sostituisca un modello estetico che attribuisce valore alla verosimiglianza, sminuendo il significato più profondo di un’opera d’arte. In altri luoghi del mondo si è infatti scelto di lasciare vuote le pareti depredate dai ladri, ritenendo che anche il furto di un’opera faccia parte della sua storia e che sia giusto serbare memoria di quanto accaduto.

LA NATIVITA’:UN CAPOLAVORO DI VIBRANTE REALISMO

Caravaggio, Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d'Assisi, 1609 ca.

Caravaggio, Natività con i Santi Lorenzo e Francesco d’Assisi, 1609 ca.

Al di là tuttavia di ogni altra considerazione, un’opera come quella del Caravaggio, sublime sintesi della sua poetica, riesce a suscitare interesse ed emozioni anche “in effigie”, forse perché diversi sono gli straordinari dipinti originali che ancora ci parlano di lui e del suo genio, opere penetrate talmente a fondo nell’immaginario collettivo, da vederne riverberato il riflesso anche in un raffinato “artificio” come quello realizzato per l’Oratorio palermitano. Osserviamo quindi questa immagine straordinaria che secondo la biografia scritta da Giovan Pietro Bellori sarebbe stata commissionata all’artista nel 1609 dalla Compagnia dei Bardigli e dei Cordiglieri, ed eseguita nello stesso anno durante un ipotetico breve soggiorno palermitano del pittore, sebbene più di recente non manchi chi – come lo storico dell’arte Giovanni Mendola nel 2012 -, basandosi su documenti d’archivio e valutazioni stilistiche, la reputa dipinta anni prima a Roma per il commerciante senese Fabio Nuti che ebbe relazioni con l’Oratorio siciliano, mettendo persino in dubbio che Caravaggio sia mai stato fisicamente a Palermo, pur essendo certamente approdato in Sicilia nell’ultima parte della sua vita.

La tela, di un realismo che rende la scena vibrante di pathos, rappresenta la nascita di Cristo e al tempo stesso rende omaggio al culto di san Lorenzo e san Francesco, figure entrambe presenti nella composizione. In questo, come in altri casi, i personaggi del Caravaggio sono ispirati nel loro aspetto alle tante figure popolari, soprattutto di poveri ed emarginati, che l’artista incontrò nella sua vita tumultuosa. Al centro della scena campeggia la Vergine, umanissima e umile nel suo essere sopraffatta dalle fatiche del parto, mentre davanti a lei, adagiato sulla paglia della stalla, giace il Bambino in una scarna nudità e immobilità. A sinistra c’è S. Lorenzo, accanto al quale occhieggia il bue, mentre a destra, un San Giuseppe dalla inconsueta figura giovanile volge la schiena all’osservatore incrociando lo sguardo del personaggio, forse un pastore, posto alle spalle di S. Francesco. Sull’angolo sinistro superiore una presenza angelica irrompe nella scena dalla quasi totale oscurità dello sfondo celebrando la nascita del Verbo con l’acclamazione “Gloria in excelsis Deo”.

CRONACA DI UN FURTO

Ripercorrendo cronache del tempo e ricostruzioni posteriori della vicenda, si scopre che quando questa straordinaria opera venne trafugata nella famigerata notte del ’69, l’Oratorio palermitano di San Lorenzo era totalmente privo di misure di sicurezza. Una situazione del tutto inconcepibile in un quartiere allora molto degradato e ad alta densità mafiosa come quello in cui l’Oratorio ha sede. L’edificio – scrive in particolare Luca Scarlini in un noto saggio sulla vicenda – non godeva di alcuna forma di tutela o protezione da parte della Soprintendenza che si era limitata a far restaurare il dipinto negli anni ’50. Il parroco della chiesa aveva più volte invocato l’intervento di autorità civili ed ecclesiastiche senza ottenere alcun esito. Le stesse custodi dell’Oratorio, avanti negli anni, non avevano alcuna qualifica, avendo semplicemente ereditato l’impiego dal vecchio padre, oltre ad aver già subito diverse intimidazioni da malavitosi del luogo. Leonardo Sciascia nel suo ‘Nero su nero’, riporta che addirittura lo stesso Prefetto fosse all’oscuro della presenza in città di un dipinto di Caravaggio, apprendendolo dalla Questura solo dopo la denuncia del furto. Questo ci dà la misura di quanto il morbo dell’incuria di cui sono spesso vittima i nostri beni culturali non sia affatto un fenomeno solo di oggi.

Alla scoperta del furto la chiesa venne trovata a soqquadro con la cornice alla parete priva della tela. Il dipinto, un olio di 2 metri e 68 centimetri per 1 metro e 97, era stato staccato con una lametta o un taglierino. Inizialmente si ipotizzò un furto su commissione da parte di qualche collezionista senza scrupoli oppure più semplicemente all’operazione di qualcuno intenzionato ad immetterla nel mercato clandestino di opere d’arte dopo averla frazionata in più parti da vendere separatamente. Ad un certo punto è comparsa la pista mafiosa, corroborata dalle dichiarazioni, purtroppo non univoche, di alcuni pentiti: Giovanni Brusca affermò che il furto sarebbe avvenuto su commissione dei Corleonesi, i quali avrebbero usato invano il dipinto come merce di scambio per avere dallo Stato sconti sull’applicazione del 41 bis. Secondo altri l’opera sarebbe invece finita sepolta nelle campagne di Palermo insieme a chili di cocaina e cumuli di dollari per volere del boss Gerlando Alberti, oppure a casa di Gaetano Badalamenti, mentre Gaspare Spatuzza la dava distrutta da topi e maiali in una stalla dopo il suo affidamento alla famiglia Pullarà. Il pentito Salvatore Cangemi ha invece raccontato dell’esposizione della tela durante alcune riunioni dei boss quale simbolo di prestigio e potere. Altra versione ancora è quella che invece la vuole perduta durante il terremoto dell’Irpinia del 1980 poche ore prima dell’incontro (mai più avvenuto) che lo storico e giornalista inglese Peter Watson, fingendosi un ricco collezionista,  aveva in programma a Laviano, in provincia di Salerno, con un mercante d’arte che gli aveva proposto la vendita della Natività. L’unica cosa ad oggi certa è quindi il fatto che dopo quella notte del ’69  del dipinto non si è saputo più nulla, nonostante lo Stato abbia raccolto informazioni fra le più disparate. Il caso è tuttavia talmente noto a livello internazionale che il dipinto è stato inserito dall’F.B.I. tra le prime dieci opere iscritte nella lista dei più importanti capolavori artistici rubati nel mondo.

Gran parte delle teorie che abbiamo riferito in merito al destino della celebre tela trafugata, saranno argomento di “Operazione Caravaggio – Mistery of the Lost Caravaggio”, un documentario che andrà in onda il 6 gennaio 2016 in Italia, Inghilterra, Germania e Austria, prodotto da Sky Arts Production Hub, con sede a Milano, e realizzato da Sky Arte. Oltre a ripercorrere le vicende del capolavoro, racconterà anche tutto lo straordinario lavoro di ricostruzione compiuto da Adam Lowe e dalla sua Factum Arte per ottenere il “clone” di cui vi abbiamo parlato. E mentre Palermo ha ormai dato collocazione all’affascinante surrogato, il mistero sulla sorte dell’originale continua.

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Aggiornamento Maggio 2018

LA TELA FU VENDUTA IN SVIZZERA E POTREBBE ESISTERE ANCORA

Lo scorso febbraio 2018, la Commissione Parlamentare Antimafia, presieduta dall’On. Rosy Bindi, ha fatto sapere che il dipinto di Caravaggio, inserito dall’F.B.I. fra i primi 10 più importanti capolavori artistici rubati nel mondo, in realtà potrebbe non essere andato distrutto come in tanti sospettarono dopo il furto del ’69. Ora, a distanza di circa tre mesi, apprendiamo che il caso sta per finire nuovamente nelle mani della magistratura. A farlo riaprire la testimonianza del pentito Gaetano Grado il quale ha riferito che il quadro sarebbe stato trafugato da balordi per poi passare al mafioso Stefano Bontade quale capo del mandamento in cui avvenne il furto e poi a Gaetano Badalamenti, all’epoca a capo dell’intera organizzazione mafiosa. Quest’ultimo, noto fra l’altro per aver ordinato l’omicidio di Peppino Impastato, lo avrebbe poi trasferito, già nel 1970, nelle mani di un mercante d’arte svizzero dietro il pagamento di una grossa somma in franchi. Grado riferisce di aver saputo da Badalamenti che verosimilmente il quadro fosse stato scomposto in 6/8 pezzi per essere venduto sul mercato clandestino.

L’antiquario sarebbe andato di persona a Palermo per trattare l’acquisto e sarebbe un uomo ormai morto da tempo; tuttavia sarebbe stato riconosciuto da Grado in fotografia: un dettaglio utile per la riapertura delle indagini su quello che è uno dei furti più misteriosi d’ogni tempo. Il Caravaggio perduto potrebbe dunque essere celato in qualche esclusiva collezione privata a cui pochi privilegiati hanno accesso, oppure custodito in una cassetta di sicurezza o cassaforte nel caveau di una banca estera.

La Commissione Parlamentare Antimafia ha ammesso l’avvenuta individuazione sia degli esecutori materiali sia di coloro che hanno gestito le fasi successive della custodia e del trasporto dell’opera, e della successiva vendita. Ha messo inoltre in evidenza la ritrattazione, avvenuta nel corso della sua recente attività, del collaboratore di giustizia Francesco Marino Mannoia in merito alla distruzione dell’opera, in precedenza da egli stesso dichiarata all’autorità giudiziaria, tra cui allo stesso giudice Giovanni Falcone. Presto tutte le informazioni saranno trasmesse alla magistratura palermitana, mentre mercoledì 30 maggio l’on. Bindi, nel corso di un convegno a Palermo, illustrerà in pubblico i risultati dell’inchiesta. L’incontro si svolgerà proprio presso l’Oratorio di San Lorenzo, dove era collocato il capolavoro del Caravaggio, oggi rimpiazzato dalla copia realizzata con innovative tecniche di riproduzione digitale.

Bibliografia:

Mendola G., Il Caravaggio di Palermo e l’Oratorio di S. Lorenzo, Palermo, Kalòs, 2012, 160 p.
Scarlini L., Il Caravaggio rubato. Mito e cronaca di un furto, Palermo, Sellerio, 2013, 96 p.

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