Il Guercino ritrovato: individuata ad Aversa una splendida “Assunta”

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Scorcio del complesso di San Francesco delle Monache - Ph. Fiore S. Barbato | ccby-sa2.0

Scorcio del complesso di San Francesco delle Monache, Aversa (Caserta) – Ph. Fiore S. Barbato | ccby-sa2.0

Individuato ad Aversa un inedito dipinto del Guercino. Scoperta e particolari di un’opera di grande pregio. Il complesso conventuale di S. Francesco e i suoi tesori d’arte

di Kasia Burney Gargiulo

Scorcio della Cappella dell'Assunta, con l'omonimo dipinto del Guercino, XVII secolo, Chiesa di S. Francesco delle Monache, Aversa (Ce) - Ph. Comune di Aversa

Scorcio della Cappella dell’Assunta, con l’omonimo dipinto del Guercino, XVII secolo, Chiesa di S. Francesco delle Monache, Aversa (Ce) – Ph. Comune di Aversa

Il 2016, per lo straordinario patrimonio storico-artistico della Campania, si è concluso con una di quelle eccezionali scoperte che, periodicamente, ci ricordano quanto l’arte e la cultura, prima di qualsiasi altro mezzo, abbiano contribuito al processo di costruzione della nostra identità nazionale. In Italia gli artisti e le loro opere hanno sempre viaggiato, assecondando desideri o ambizioni dei committenti ma al tempo stesso fecondando il territorio con idee, stili, codici di interpretazione della realtà o, viceversa, acquisendone a loro volta dai Maestri incontrati lungo il cammino. E’ così che ad Aversa – città del casertano celebre per essere stata prima contea normanna d’Italia, antichissima sede vescovile, patria di grandi musicisti come Niccolò Jommelli e Domenico Cimarosa e di eccellenze enogastronomiche come la mozzarella di bufala e il vino Asprinio – ha rivelato la sua vera paternità un dipinto custodito in una cappella della chiesa conventuale di S. Francesco delle Monache. Già in precedenza erroneamente attribuito al pittore napoletano Bernardo Cavallino (1616-1656), appartiene in realtà al più anziano Giovanni Francesco Barbieri, soprannominato il Guercino (1591-1666) – uno dei massimi protagonisti della storia dell’arte italiana, nativo della cittadina ferrarese di Cento. Ad accertarlo di recente è stato Massimo Pulini, ordinario di pittura all’Accademia delle Belle arti di Bologna ed esperto dell’artista, le cui conclusioni ha manifestato di condividere anche il critico d’arte Vittorio Sgarbi.

In occasione della sua visita ad Aversa, proprio Sgarbi ha evidenziato le non ottime condizioni della pala d’altare, invocando l’esigenza di un accurato restauro che, se eseguito con solerzia – ha detto il critico – potrebbe consentire l’esposizione dell’opera nell’ambito della mostra su Guercino in programma per il prossimo mese di marzo al Palazzo Farnese di Piacenza. A tal proposito il sindaco di Aversa, Enrico De Cristofaro, si è detto intenzionato a coinvolgere i privati nel finanziamento del restauro e ad inserire il complesso di San Francesco delle Monache nel progetto regionale di un percorso ciclabile che coinvolge diverse località situate fra l’Agro atellano ed Aversa. Sul restauro si è espresso anche il direttore della Reggia di Caserta, Mauro Felicori,  che nei giorni scorsi ha spontaneamente manifestato la sua disponibilità a collaborare al reperimento dei fondi necessari: “si potrebbe esporre l’opera nella prima sala degli Appartamenti Reali e fare un crowdfunding; credo che con 680mila visitatori si farebbe presto a raggiungere i 100mila euro. Non so se basteranno – ha puntualizzato – ma altri finanziatori come le banche potrebbero unirsi; per tutti ci sono poi i vantaggi dell’Art Bonus: lo Stato ti rende il 65% di quanto doni, e vale anche su Irpef”.

L’ASSUNTA DEL GUERCINO: STORIA DI UNA SCOPERTA

Il reperimento di questa opera del Guercino in Campania è il risultato di una accurata ricerca che Massimo Pulini ha condotto sulle immagini dell’archivio fotografico messo in rete dalla Chiesa Cattolica e sulle fonti documentarie relative ad un artista che – afferma lo studioso – “intorno al 1650 era uno dei più famosi al mondo, innovatore della pittura; uno la cui opera ha dato un impulso determinante alla nascita del Barocco.” Il suo percorso è fra i meglio ricostruiti della storia dell’arte grazie soprattutto ad un documento, il Libro dei Conti, sul quale dal 1629 suo fratello Paolo Antonio e, dopo la sua morte (1649), lo stesso artista, annotarono tutte le vendite della bottega, indicando una serie di importanti informazioni come il soggetto, il formato, il committente e il prezzo di  ogni dipinto venduto. Proprio su questo libro, alla data del 14 maggio 1650, l’artista annota di aver ricevuto 500 L “dal Sig. Erigo Sampieri (…) per la Capara del quadro che io deuo fare della Madona Asunta in Cielo per Napoli…”. In un’altra annotazione di qualche mese dopo menziona un certo signor Carlo Cattalani quale curatore del “saldo et ultimo pagamento del quadro della Madona Assunta fatto per Napoli”, specificando che il quadro fu ordinato dal Erigo Sampieri.

Decisivo, accanto a queste due note – spiega Pulini – è poi anche l’accenno che lo storico dell’arte Carlo Cesare Malvasia (1616-1693), fa in merito a un dipinto per altare del Guercino destinato a una chiesa “di Napoli”: “Un’Assonta con gli angioli e Apostoli in lontananza al sepolcro della B. V. tavola d’altare in Napoli”. Una nota descrittiva, quest’ultima, che ha permesso a Pulini di dedurre come l’Assunta del 1650 citata nel Libro dei Conti non potesse coincidere con quella “Assunzione della Vergine” autografa proveniente da una collezione inglese e oggi custodita al Detroit Institute of Art, nella quale non compare alcun sepolcro della Vergine. Un dettaglio, quest’ultimo, tutt’altro che irrilevante eppure sfuggito agli studiosi fautori di quella corrispondenza. Circostanza tanto più inspiegabile se si considera che sul Libro dei Conti dell’artista compare anche una ulteriore nota riferita ad una “Assunzione della Vergine in cielo”, datata 1658 e quindi – afferma Pulini – cronologicamente più compatibile con lo stile dell’opera oggi a Detroit. Conclusioni: la prima Assunta citata nel Libro dei Conti, quella del 1650, altro non sarebbe che quella ora identificata ad Aversa per sorprendente corrispondenza fra soggetto, dettagli compositivi, elementi stilistici, e documenti. Inoltre, l’Assunta di Aversa – la memoria della cui paternità si è inspiegabilmente persa nel tempo – diversamente dalla “cristallina e algida tavolozza” del dipinto di Detroit, risulta “concepita con toni più scuri” ed ambientata in un’atmosfera malinconica che – conclude Pulini –  “è in più sincero accordo col periodo doloroso che l’artista stava vivendo, dopo la perdita dell’amato fratello minore”.

L’ASSUNTA DEL GUARCINO: PARTICOLARI DI UN CAPOLAVORO

Particolare dell'Assunta del Guercino individuata ad Aversa, XVII sec.

Particolare dell’Assunta del Guercino individuata ad Aversa (Ce), XVII sec.

L’Assunta del Guercino, identificata da Pulini, si trova oggi nell’omonima cappella del complesso conventuale di S. Francesco delle Monache ad Aversa. Lo studioso ritiene che la committenza del dipinto sia da ricondurre proprio alle Clarisse del convento di S. Francesco (la menzione di Napoli nel Libro dei Conti avrebbe quindi un mero valore indicativo di area geografica) e che l’opera sia stata esposta per anni su un altare più disadorno, visto che la cappella che oggi lo ospita è stata abbellita con i policromi intarsi marmorei di Giuseppe Gallo solo nel 1680, mentre le sculture dei carraresi Pietro e Bartolomeo Ghetti furono aggiunte nel 1698, evidente segno dell’intervento munifico di qualche famiglia nobile cittadina. E’ difficile – afferma Pulini – stabilire cosa abbia spinto le Clarisse a scegliere un artista emiliano, ma il motivo potrebbe celarsi nel fatto che Guercino due anni prima aveva dedicato una tela alla clarissa S. Margherita da Cortona, destinata alla chiesa del convento francescano di Cesena ed oggi custodita nei Musei Vaticani.

L’Assunta aversana, salvata pochi anni fa da un tentativo di furto risoltosi con la tela abbandonata sul pavimento della chiesa e alcuni tagli poi debitamente rimossi col restauro, mostra una dinamica scena nella quale un gruppo di angeli in volo, fra effetti chiaroscurali e turbinio di panneggi, sospinge verso i cieli la Vergine assisa su un cumulo di nubi.  Nell’imponenza della sua posa statica, la Madre di Dio tiene le braccia incrociate sul petto rivolgendo lo sguardo verso una misteriosa fonte luminosa. Piccoli cherubini la circondano e uno di essi sparge delle rose verso il sepolcro che, aperto, si staglia in basso sullo sfondo di un paesaggio costiero con castello turrito. Quasi ogni figura angelica, spiega Pulini, “trova riscontri espressivi in disegni dell’artista o affinità formali con altre pitture”, così come nota è la calcografia ottocentesca di un dipinto ritenuto del Guercino e raffigurante la sola Vergine in cielo con le braccia incrociate sul petto, nella identica posa del dipinto di Aversa. La si ritiene derivante da un’opera appartenuta fino agli inizi del XIX secolo alla collezione cesenate del marchese Costantino Guidi ed ormai dispersa, molto probabilmente un abbozzo del dipinto aversano.

CHIESA E MONASTERO DI S. FRANCESCO DELLE MONACHE: UNO SCRIGNO D’ARTE

Scorcio del complesso di San Francesco delle Monache, Aversa (Caserta) – Ph. Fiore S. Barbato | ccby-sa2.0

Scorcio del complesso di San Francesco delle Monache, Aversa (Caserta) – Ph. Fiore S. Barbato | ccby-sa2.0

Il capolavoro ritrovato del Guercino è solo una delle opere di grande valore artistico custodite nella chiesa di S. Francesco delle Monache di Aversa, una delle più belle della città. Essa è parte di un complesso conventuale fondato fra il 1230 e 1235 su iniziativa del ramo femminile della famiglia Rebursa e destinato alla vita claustrale francescana di ragazze provenienti per lo più da famiglie molto ricche. Profondamente modificata nel corso dei secoli, la sua struttura architettonica conserva tracce dell’antico impianto romanico in un pronao a pianta quadrata, in ciò che resta del primitivo chiostro e nel campanile addossato alla splendida cupola maiolicata seicentesca.

L’interno a croce latina – al quale si accede attraverso una porta lignea seicentesca con intagliate le figure di S. Francesco e S. Chiara – è in un’unica navata, con la presenza di tre cappelle per ciascun lato, nelle quali spiccano le straordinarie policromie di intarsi marmorei realizzati fra Sei e Settecento, come quelli dell’altare maggiore con inserti di madreperla, realizzati tra il 1697 e il 1699 dagli scultori carraresi Bartolomeo e Pietro Ghetti, a lungo attivi a Napoli ed autori anche degli intarsi della cappella Mormile che ospita la tela del Guercino. Settecentesco anche l’organo in legno dorato con lo stemma del casato Nisio-Gargano, che sovrasta l’accesso alla sacrestia tutta in legno intarsiato commissionata dalla nobile famiglia Del Tufo. Preziose le opere pittoriche della chiesa che ‘coabitano’ col Guercino: dal S. Francesco in Gloria di Jusepe de Ribera, noto come lo Spagnoletto (1642) collocato nell’abside, a Santa Chiara mette in fuga i Saraceni e La Pentecoste di Francesco de Mura, tele realizzate nel XVIII secolo e ubicate nel transetto; dalla Adorazione dei pastori (1650 circa) di Pietro da Cortona – pittore e architetto fra i più importanti del primo barocco – collocata sull’altare della seconda cappella a sinistra, al Cristo deposto di Paolo De Majo (metà del XVIII secolo), nella prima cappella dello stesso lato. Nel convento, suggestivi affreschi di epoca medievale e una raffigurazione cinquecentesca di Santa Chiara decorano l’ala romanica del chiostro, mentre nel coro inferiore è possibile ammirare il pregevole dipinto della Madonna Lactans del quale si ipotizza un’attribuzione al pittore duecentesco Guido da Siena.

E’ questa solo una parte del ricco patrimonio cittadino composto di numerose altre chiese e conventi, oltre ad architetture civili (numerosi i palazzi nobiliari e lo splendido Palazzo del Seminario che ospita fra l’altro l’Archivio Capitolare, la Biblioteca e la Pinacoteca diocesana, costruito dall’architetto romano Carlo Beratti, che qui ripropose modi berniniani del Palazzo Barberini) e militari (come il Castello Aragonese, rimodernato nel ‘700 da Luigi Vanvitelli, celebre architetto della poco distante Reggia di Caserta), che rendono Aversa una potenziale meta turistico-culturale di grande rilievo.

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Riferimenti bibliografici:

– Barbara Ghelfi, Denis Mahon, Il libro dei conti del Guercino, Nuova Alfa editoriale, Bologna, 1997, 256 pp.
– AA.VV. Guercino. La luce del Barocco, Catalogo della mostra (Zagabria, 29 ottobre 2014-31 gennaio 2015), Gangemi, Roma, 2014, 141 pp.

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