‘U morzeddhu ‘cca pitta

Morzello catanzarese nel tipico trancio di pitta

Morzello catanzarese nel tipico trancio di pitta

di Redazione FdS

La storia che andiamo a raccontarvi è una storia antica, legata a una terra atavica come i sogni che arrivano dalle più remote zone dell’anima. E’ la storia di un piatto che ancora oggi continua a prodursi nella città calabrese di Catanzaro: ‘u morzeddhu. Uno dei simboli di una cucina che ha alle sue spalle quasi 3.000 anni di storia. Per molto tempo, tra il 1800 fino al 1970 circa, il morzello (versione italianizzata del nome dialettale) era lo spuntino di mezza mattinata per manovali e operai, ma ormai è ricercatissimo da tutti gli amanti della cucina rustica. Tale pietanza, a base di carne di vitello, è ancora oggi considerata uno dei simboli della città di Catanzaro.

Le origini del Morzello sono da ricercarsi nella provincia di Catanzaro tra le cittadine di Catanzaro, Tiriolo e Taverna anche se il nome della pietanza deriva dallo spagnolo “al muerzo”. La leggenda cui si lega la nascita del Morzello narra che una donna di nome Chicchina, dopo aver perso il marito ed essere rimasta sola con i suoi figli dovette adattarsi a fare i lavori più umili per tirare avanti. Nel periodo di Natale, la donna fu chiamata a pulire il cortile dove venivano macellati gli animali e a raccogliere le frattaglie da smaltire alla Fiumarella. Poiché versava in una condizione di miseria, si avvicinava la vigilia di Natale e non sapeva cosa preparare per il pranzo di Natale, per cui decise di pulire per bene tutte le frattaglie per farne una “zuppa di carne” e la chiamò così perché la carne è tagliata in piccoli pezzi (in dialetto catanzarese “morzha morzha”).

Gli ingredienti più antichi di questo piatto sono: il cuore di vitello (chorettu), i polmoni, la milza, il fegato, lo stomaco, la trippa, l’intestino (questo ingrediente non è più utilizzato perché per essere pulito alla perfezione richiede particolari procedimenti ed esperienza), concentrato di pomodoro, peperoncini piccanti, sale, origano, e alloro. Può essere servito nel piatto o, come vuole la tradizione, nella morbidissima pitta detta “a ruota di carro” (pane casereccio di forma circolare con una circonferenza interna abbastanza ampia, cosi che il pezzo tagliato risulti lungo e stretto). La pitta catanzarese è probabile derivi dalla “pita” (in Ebraico פִּתָּה o פיתה, in Arabo كماج , in Greco πίτα) un tipo di pane piatto lievitato e rotondo. La pita, insieme ad altri tipi di pani piatti è un cibo tradizionale delle cucine del Medio Oriente e del Mediterraneo e si ritiene abbia avuto origine nell’Antica Siria. Nei dizionari italiani il termine “pita” è comparso nella seconda metà del ‘900, con riferimento soprattutto alla cucina greca e a quella araba. Sebbene alcuni linguisti facciano derivare la parola dal greco moderno che significa “torta”, “dolce” oppure “pane”, altri pensano derivi dall’ebraico פת (pat), che significa “pagnotta” o “pezzetto”. Infatti la parola “pita” (פיתא), esiste ancora nell’aramaico del Talmud babilonese ed indica il pane in generale.

La ricetta del morzeddhu e della pitta con cui gustarlo:

Ingredienti per 6 persone:

1 kg di trippa variegata (usate cioè la parte liscia, quella a reticolo e la centopelli)
300 g di cuore (facoltativo)
300 g di polmone (facoltativo)
300 g di milza (facoltativo)
200 gr. di pancia di vitello
peperoncino
15 foglie di alloro
4 cucchiaini di origano
100 gr. di concentrato di pomodoro
6 cucchiai di olio extra vergine di oliva

Preparazione:

Fate bollire il cuore, il polmone e la milza per 20 minuti in abbondante acqua salata, poi aggiungete la trippa e proseguite la cottura per altri 10-15 minuti, quindi scolate e fate raffreddare.

Tagliate tutto in piccoli pezzi e mettetelo in una pentola abbastanza grande da fare in modo che essi occupino circa un quarto della sua altezza. Quindi fate soffriggere con olio, peperoncino, un po’ di origano, le foglie di alloro. Fate rosolare bene il tutto aggiungendo del vino rosso. Poi aggiungete il concentrato di pomodoro e dell’acqua fino a raggiungere quasi il bordo della pentola, regolate di sale e – di tanto in tanto – immergete nel sugo un mazzetto di origano. Proseguite la cottura per almeno 2 ore, mescolando di tanto in tanto con un cucchiaio di legno e aggiungendo dell’acqua qualora fosse necessario. Servite ben caldo nella pitta tagliata a pezzi di circa 20 cm. aperti a libretto o direttamente nel piatto, con la pitta a parte.

LA PITTA:

Ingredienti:

500 gr farina 0
350 gr acqua tiepida (in cui sciogliere il lievito + mezzo cucchiaino di zucchero)
12 gr lievito (mezzo cubetto circa)
30 gr olio extra vergine di oliva
1 pizzico di sale (metterlo nella farina prima di impastare il resto)

Preparazione:

Sciogliete il lievito nell’acqua tiepida, versatelo sulla farina disposta a fontana e mescolate, aggiungete il sale e l’olio, mescolate ancora e impastate per circa 10 minuti, fino a quando non avrete ottenuto una pasta omogenea, liscia ed elastica.

Riponete l’impasto in una terrina oliata, copritela con un panno e fate lievitare per 4-5 ore. Trascorso questo tempo, riprendete l’impasto, sgonfiatelo e dategli la forma di una ciambella, poi copritela con un panno e fatela rilievitare per circa 2 ore.

A questo punto, adagiate la ciambella su una teglia foderata con carta da forno e infornate, in forno pre-riscaldato a 200 gradi per 20 minuti, o fino a quando la superficie della pitta non sarà ben dorata. Una volta ben cotta, lasciatela raffreddare, poi tagliatela orizzontalmente e farcitela con il morzello.

 

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