Trivelle nel Mar Jonio, la Regione Basilicata presenta ricorso al Tar del Lazio

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Piattaforma petrolifera in mare aperto - Ph. Glenn Beltz | CCBY2.0

Piattaforma petrolifera in mare aperto – Ph. Glenn Beltz | CCBY2.0

di Redazione FdS

Non si ferma l’ondata di proteste e di azioni legali a fronte dei progetti di indagini petrolifere nel Mar Jonio consentiti dal decreto “Sblocca Italia” a dispetto dei pareri contrari espressi dalle regioni interessate. L’ufficio legale della Regione Basilicata, rappresentato dagli avvocati Antonio Pasquale Golia ed Anna Carmen Possidente, ha infatti reso noto di aver predisposto il 4 e presentato il 7 agosto scorso al Tribunale amministrativo regionale per il Lazio il ricorso per l’annullamento, previa sospensiva del Decreto n. 122 del 12 giugno 2015, che riconosce la compatibilità ambientale al progetto della società Enel Longanesi Developments srl, per l’effettuazione di un’indagine sismica 3D nell’ambito del permesso di ricerca idrocarburi denominato “d79 F.R.-EN” nel Mar Jonio Settentrionale”.

Ha inoltre specificato che il ricorso è stato presentato contro il Ministero dell’Ambiente e della Tutela del territorio e del mare, contro il Ministero dei Beni e delle Attività culturali e del Turismo, e nei confronti della società Enel Longanesi Developments srl e della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Nelle motivazioni del ricorso è spiegato che “il decreto appare immediatamente viziato da illegittimità ed eccesso di potere, nonché viziato da vari profili di illegittimità costituzionale, presentando evidenti violazioni di norme costituzionali e trattati internazionali”.

L’ufficio legale della Regione Basilicata ha quindi elencato i profili di incostituzionalità, a partire dalla violazione dell’art. 117 Cost comma 1 e 3, dal momento che “il decreto è stato emanato senza tener conto della ferma opposizione manifestata dalle Regioni interessate”, mentre è “fondamentale tutelare l’ambiente, il benessere, la salute dei cittadini, così come è prioritario difendere e tutelare il territorio, l’ecosistema locale e le sue risorse paesaggistiche (terrestri e marine)”. E’ stato violato, secondo la Regione Basilicata, anche il principio di precauzione, in quanto “il progetto assentito non prende in considerazione il rischio dovuto all’impatto sull’ecosistema a causa delle conseguenze derivanti da fatti meramente naturali e non necessariamente da errore umano, dovuti a possibili fuoriuscite di gas, e/o a fenomeni di blow-out di gas durante la perforazione”.

Il decreto n. 122 è stato impugnato anche “per violazione di legge ed eccesso di potere”. “Il decreto – spiega l’ufficio legale della Regione – è privo di qualsivoglia motivazione, in spregio alla previsione contenuta nell’art. 26 del Dlgs n. 152 del 2006: nulla, infatti, si legge a giustificazione dell’omessa considerazione delle osservazioni in senso contrario espresse dalle Regioni Puglia, Calabria e Basilicata, dai cittadini e dalle associazioni nel corso del procedimento”.

Secondo la Regione Basilicata, inoltre, “è fuor di dubbio che le possibili fuoriuscite di gas ed i fenomeni di blow-out di gas durante la perforazione produrranno un forte impatto ambientale ovvero un ingente danno ambientale” e quindi si configurerebbe la violazione dell’art. 5 comma 1 lett c) del Dlgs n. 152 del 2006.

Nel ricorso è specificato altresì che il Decreto n. 122 andrebbe a violare, tra l’altro, una serie di accordi, di direttive europee in materia di tutela ambientale, ma anche “gli obiettivi e le finalità del redigendo Piano regionale delle coste (attualmente in procedura V.A.S.), del vigente “Piano regionale di utilizzo delle aree demaniali marittime”, e del Dlgs 190 del 2010, meglio conosciuto come Strategia Marina “e di tutti gli regionali connessi e collegati ad esso”.
 
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