Montescaglioso e la misteriosa notte dei Cucibocca

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Uno spaventoso e misterioso Cucibocca, Montescaglioso (Matera) – Ph. Angela Capurso per Racconta il tuo Sud

di Angela Capurso

Il segreto di Arpocrate e la notte dei Cucibocca

Non sarà un caso che nell’Abbazia Benedettina di Montescaglioso siano presenti due affreschi che ritraggono rispettivamente Pitagora e Arpocrate, divinità egizia del silenzio (*), nell’inequivocabile iconografia di accostare l’indice alla bocca. Legato a ogni forma di pratica iniziatica e misterica, il silenzio è osservato dagli apprendisti prima di entrare a far parte del banchetto della conoscenza e della sapienza. Arpocrate, nome greco di Horus, figlio di Iside e Osiride, da Erodoto era identificato con Apollo, il dio della saggezza, della medicina e del serpente. Plutarco afferma che statue di Arpocrate erano collocate all’ingresso dei templi, monito al rigore della meditazione e all’osservazione del segreto, anche per indicare che la divinità non si rivela se non agli iniziati, attraverso schegge della sua identità.

Simbolo del segreto e dell’apprendistato rosacrociano e massonico, la divinità è virtualmente identificata anche oggi con gli stessi adepti e gli accoliti delle logge, che hanno l’obbligo di astenersi dal rivelare ai profani ogni sorta di attività. E proprio dai chiostri e dalle sale affrescate dell’imponente complesso monastico di S. Michele Arcangelo, per secoli faro di scienza e di operosità benedettina, prende avvio il rito folklorico dei Cucibocca. In silenzio inquietanti figure maschili impongono il silenzio e l’astensione dal cibo. Avvolti da lugubri mantelli neri, indossano una sorta di petasus curvo, adattando un disco da frantoio di canapa intrecciata, copricapo di chi viaggia e si ripara dalle intemperie, lunghi capelli e barbe bianche di stoppa, con suoni sinistri trascinano al piede una catena spezzata, mentre illuminano i vicoli bui con una lanterna: gli attributi chiarificano la loro provenienza da un mondo altro, da cui si sono liberati. Una sorta di rudimentali occhiali di buccia d’arancia rendono simile il loro travestimento al costume indossato dal medico della peste nel XVII secolo, il sapere che sconfigge la morte.

Il mitologema è molto semplice e di intuitiva comprensione simbolica da parte delle comunità contadine. Al termine delle festività natalizie e del Capodanno, nella notte della vigilia dell’Epifania, che deve “spazzare” via tanto i vizi morali quanto i peccati di gola, i Cucibocca puntano il loro minaccioso ago verso le labbra di chi non si è comportato bene durante l’anno: dalla bocca non entrerà nulla per il corpo, non uscirà nulla dallo spirito. Sono vecchi e, come tali, saggi; si rivolgono ai bambini, come nella storia ogni passato si rivolge al futuro; avvertono che in silenzio bisogna ascoltare le voci della natura e degli animali, che possono ribellarsi alle vessazioni e alle torture dell’uomo; si identificano nelle anime dei defunti dimenticati o trascurati, le anime del Purgatorio, fonte di terrori ancestrali per i sopravvissuti. Il rito di Montescaglioso, così raro e singolare, oggi riproposto dal Centro di Educazione Ambientale, mette in scena il senso di colpa collettiva di una comunità che, per garantire la sua autoconservazione, deve frenare la bocca per la sussistenza materiale e custodire il segreto dei lavori stagionali, nella ciclicità della natura divina e umana delle cose.

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PHOTOGALLERY (Ph. Angela Capurso)

Montescaglioso e la misteriosa notte dei Cucibocca

Montescaglioso e la misteriosa notte dei Cucibocca

Montescaglioso e la misteriosa notte dei Cucibocca

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Montescaglioso e la misteriosa notte dei Cucibocca

Montescaglioso e la misteriosa notte dei Cucibocca

Montescaglioso e la misteriosa notte dei Cucibocca

Montescaglioso e la misteriosa notte dei Cucibocca

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Montescaglioso e la misteriosa notte dei Cucibocca

Montescaglioso e la misteriosa notte dei Cucibocca

Nota (a cura della Redazione):

Affresco con Arpocrate, Montescaglioso (Mt) - Ph. Franco Caputo | CCBY-SA3.0

Affresco con Arpocrate, Montescaglioso (Mt) – Ph. Franco Caputo | CCBY-SA3.0

(*) Nella Biblioteca dell’Abbazia di San Michele a Montescaglioso appaiono superati i tradizionali modelli iconografici di Arpocrate fanciullo o giovinetto. Il Dio del Silenzio vi figura infatti come un anziano filosofo dalla lunga barba con l’indice della mano destra alle labbra nel gesto di intimare il silenzio, mentre con l’indice della sinistra pare indicare la parola SILENTIUM tracciata nella cornice ovale che circonda l’immagine. Nella scritta si raccomanda di aver caro il silenzio per evitare che in futuro il tacere non debba essere amaro (Silentium sit vobis charum ut utinam non sit amarum).

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