Il Castello di Castropignano e l’antica leggenda del Cantone della Fata

Molise - Castello di Castropignano (Campobasso) - Ph.  Fiore Silvestro Barbato | CCBY-SA2.0

Molise – Castello di Castropignano (Campobasso) – Ph. Fiore Silvestro Barbato | CCBY-SA2.0

di Kasia Burney Gargiulo

Il Molise somiglia alla stanza segreta del palazzo incantato delle fiabe. Colma di tesori che tutti cercano ma nessuno trova, al punto che qualcuno finisce persino col metterne in dubbio l’esistenza. Ma diversamente dai fiabeschi palazzi incantati, il Molise esiste realmente e i suoi ‘tesori’, naturalistici e storici, sono lì, alla portata di tutti, se solo si puntasse con più impegno alla loro divulgazione. Uno di essi, espressione di una terra dalla storia plurimillenaria, è il Castello di Castropignano, piccolo borgo di appena un migliaio di abitanti in provincia di Campobasso. Collocato a circa trecento metri sul versante nord del paese, insolitamente un po’ più in basso rispetto al centro storico, il maniero si affaccia maestoso a strapiombo sulla Valle del Biferno sorgendo nei pressi di una antica fortificazione sannita (V-IV sec. a.C.). In realtà l’area del castello ha restituito testimonianza di frequentazione umana ancora più remota, risalente all’età del bronzo (1200 a.C. circa), come documentano alcuni frammenti di ceramica rinvenuti sul posto.

Veduta panoramica del borgo di Castropignano - Ph.  Fiore Silvestro Barbato | CCBY-SA2.0

Veduta panoramica del borgo di Castropignano – Ph. Fiore Silvestro Barbato | CCBY-SA2.0

Non è difficile raggiungere il Castello: muovendo dal centro storico del borgo basta percorrere via Salita San Marco o via Guglielmo Marconi e poi imboccare via del Castello. Si arriva così in breve davanti all’ingresso dell’antico edificio che, appartenuto per secoli al casato normanno dei D’Evoli, venduto agli inizi dell’Ottocento ed abitato fino ai primi del Novecento, è oggi di proprietà statale e affidato alle cure della Soprintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Molise.

Costruito a pianta quadrata intorno alla metà del ‘300, probabilmente su un precedente impianto longobardo, il Castello conserva all’ingresso un’antica iscrizione con la data del 1683 e lo stemma della famiglia d’Evoli che nel tempo lo ha ampliato e fortificato aggiungendo una torretta sul lato sud, riorganizzando gli ambienti interni e realizzando un piano per la servitù. L’edificio, da presidio militare ed amministrativo sul tratto Castel di Sangro/Lucera – importante percorso della transumanza – fu così trasformato, agli inizi del XVII secolo, in una vera e propria residenza nobiliare. La sua configurazione originaria prevedeva anche un largo fossato, successivamente ricolmato, così come anche una cinta muraria e due possenti torrioni: uno a presidio dell’ingresso principale e l’altro affacciato verso valle, lungo il precipizio. Dalle fonti risulta che nel Seicento – epoca delle sue ultime modifiche strutturali – il Castello fosse stato provvisto anche di una scalinata con balaustra realizzata dallo scultore Valentino Silvestri da Sepino, di cui oggi purtroppo non rimane più nulla, così come niente persiste delle arcate di un loggiato interno.

Scorcio del Castello di Castropignano - Ph. Fiore Silvestro Barbato | CCBY-SA2.0

Scorcio del Castello di Castropignano – Ph. Fiore Silvestro Barbato | CCBY-SA2.0

Un’antica leggenda, volta a magnificare l’originaria opulenza del maniero, parla dell’esistenza di 365 camere da letto che, in una sorta di bizzarro ‘gioco dell’oca’, i proprietari solevano abitare nell’arco dell’anno, cambiandone una ogni notte. Forse non sarà stato questo il numero reale dei locali, ma certo – considerata la mole della struttura – dovettero essere numerosi e suddivisi in vari corpi di fabbrica costruiti in epoche diverse.  Dopo un prolungato stato di abbandono, durante la prima metà del XX secolo il castello D’Evoli è andato incontro ad un rapido processo di degrado ma negli ultimi anni diversi lavori di consolidamento del complesso e di sistemazione degli ambienti interni sono stati portati a termine dalla Sovrintendenza per i Beni Architettonici e Paesaggistici del Molise, rendendone così possibile la pubblica fruizione (per informazioni contattare la Pro Loco Castropignano: 348 9348906 – proloco.castropignano@virgilio.it).

CASTELLO D’EVOLI, SIMBOLO DELLA CULTURA DELLA TRANSUMANZA

Del Molise terra di transumanza Famedisud vi ha già accennato narrandovi la storia di Carmelina Colantuono, molisana di Frosolone (Isernia), ultima preziosa testimone dell’antichissima pratica di migrazione stagionale delle greggi, delle mandrie e dei pastori da pascoli situati in zone montane verso quelli delle pianure e viceversa, percorrendo le vie dei tratturi, sentieri già in uso da almeno due millenni.

Ingresso del Castello di Castropignano - Ph. Fiore Silvestro Barbato | CCBY-SA2.0

Ingresso del Castello di Castropignano – Ph. Fiore Silvestro Barbato | CCBY-SA2.0

Ebbene, il Castello D’Evoli può considerarsi una sorta di simbolo della cultura della transumanza, considerato che Giovanni D’Evoli, già feudatario di Frosolone, fu pioniere di un vero e proprio business basato sulla transumanza e sul commercio degli armenti, attività a cui la sua famiglia si dedicò per secoli, diventando un punto di riferimento per le case regnanti del Sud Italia in merito alla gestione di questa rilevante attività economica dalla quale dipese la ricchezza dei signori di Castropignano e dello stesso borgo. Il ruolo del nobile casato in questo settore fu tale che Andrea D’Evoli fu incaricato dal re Alfonso d’Aragona, nel 1447, di redigere la Prammatica “De mena pecudum”, una importante raccolta di leggi e regolamenti che governavano appunto la transumanza e istituirono la Dogana della Mena delle Pecore.

Le fonti antiche descrivono il Castello come ricco, un tempo, di arredi e opere d’arte, espressione dell’elevato status economico raggiunto dalla famiglia D’Evoli le cui proprietà si estendevano fino a Capracotta, nell’Alto Molise, lungo un’area che fino alla prima metà dell’Ottocento figurava tra i mercati più importanti d’Italia per il commercio della lana. Già però a partire dal Cinquecento iniziò un lento declino della transumanza a causa della competizione fra armentari ed agrari, col progressivo decadimento della pastorizia transumante e del suo mondo di tradizioni. Con la vendita del Castello, avvenuta nella prima metà dell’Ottocento, si dissolse in breve ogni traccia di quell’antico splendore lasciando spazio ad un vero e proprio stato di abbandono.

Il moderno recupero dell’edificio ha però permesso di conservare un’affascinante testimonianza di una storia plurisecolare fatta di vicende locali rese complesse dall’assenza di un forte potere centrale e dalle asperità di un territorio prevalentemente montuoso, disseminato di piccoli borghi a nido d’aquila, di castelli, cinte fortificate e torri, che tra la fine del IX e gli inizi dell’XI secolo, svolsero la duplice funzione di controllo e di gestione del territorio, influenzando profondamente gli assetti abitativi ed economici delle aree rientranti nella loro giurisdizione.

LA DRAMMATICA LEGGENDA DEL CANTONE DELLA FATA

William-Adolphe Bouguereau - Giovane pastorella, 1885, San Diego Museum of Art - Public domain

William-Adolphe Bouguereau – Giovane pastorella, 1885, San Diego Museum of Art – Public domain

Come tutti i luoghi dal passato feudale, anche Castropignano serba memoria di angherie consumate dai nobili locali ai danni dei propri sudditi. Una delle antiche vessazioni di cui la tradizione popolare, anche in Molise, ha conservato memoria, è il famigerato Ius primae noctis, ossia il diritto del feudatario di trascorrere, in occasione del matrimonio di un proprio suddito, la prima notte di nozze con la sposa. A questa deprecabile pratica, espressione di un tempo in cui il corpo della donna era considerato oggetto di possesso a prescindere dalla sua volontà, si ricollega l’antica leggenda del Cantone della Fata, in cui l’elemento drammatico e quello magico si fondono accrescendo le suggestioni del luogo.

Il Cantone della Fata è una massiccia formazione rocciosa presente nel bosco Carpineto, sul versante nord del Castello d’Evoli, a poca distanza dalle sue mura. Il toponimo, secondo la leggenda, sarebbe da ricondurre al nomignolo di “Fata” con cui era stata soprannominata una giovane pastorella di Castropignano per via della sua particolare bellezza. Andata a nozze con un giovane del luogo, la ragazza fu condotta al Castello dalle guardie del Duca affinchè costui esercitasse il suo ius prime noctis. Fata si sentiva morire all’idea di dover soggiacere a questa crudele legge e per sottrarsi al disonore si diede a una fuga disperata che la portò fin sulla cima della grande roccia nei pressi del Castello. Braccata dalle guardie e senza altra via di scampo preferì morire lanciandosi da quello strapiombo che da allora prese il nome di Cantone della Fata.

Come tutte le leggende che si rispettino, anche quella di Castropignano contempla risvolti e varianti. La voce popolare, ad esempio, narra come nelle notti di luna piena si senta ancora riecheggiare la voce della povera fanciulla che invoca il nome del suo sposo, oppure come a volte sia visibile il suo corpo trasportato dalle fate dei boschi circostanti.

Immagine notturna del Castello D'Evoli, Castropignano (Cb) - Ph.  Sdv18sdv | CCBY-SA3.0

Immagine notturna del Castello D’Evoli, Castropignano (Cb) – Ph. Sdv18sdv | CCBY-SA3.0

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Bibliografia e sitografia:

– Giovanni Brancaccio, Il Molise medievale e moderno: storia di uno spazio regionale, Edizioni scientifiche italiane, Napoli, 2005
– Luigi Marino, Simona Carnevale, Cristina Pesino, Guida ai castelli del Molise, ed. Carsa, Pescara, 2003
– Giambattista Masciotta, Il Molise dalle origini ai nostri giorni, Stab. tipografico L. Pierro e figlio, Napoli, 1915
– Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio del Molise (a cura di), Castello d’Evoli – Castropignano (sito ufficiale)
 

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