Energie rinnovabili: al largo di Marsala sorgerà il primo parco eolico galleggiante del Mediterraneo

Impianto eolico marino

Impianto eolico marino

Sarà composto da 25 pale galleggianti da 10 megawatt ciascuna. La grande distanza lo renderà invisibile dalla costa

di Redazione FdS

Appena a gennaio scorso al largo delle coste del Portogallo ha iniziato a produrre energia la più grande turbina eolica galleggiante al mondo in grado di sfruttare la forza del vento presente in pieno oceano: un MHI Vestas da 8,4 megawatt di potenza, un aerogeneratore facente parte del progetto Wind Float Atlantic (che prevede tre turbine in grado di fornire energia pulita sufficiente per circa 60.000 case) nato per testare la tecnologia di sfruttamento del potenziale eolico in mare a profondità superiori a 40 metri. Ma è notizia degli ultimi giorni che al largo di Marsala, nel Canale di Sicilia, sorgerà il primo parco eolico galleggiante del Mediterraneo, caratterizzato da una capacità decisamente superiore. A realizzarlo, con un investimento da 740 milioni di euro sarà la danese Copenhagen Offshore Partners con il sostegno del fondo Copenhagen Infrastructure Partners, che realizza progetti di energia rinnovabile in tutto il mondo. L’impianto 7Seas Med  il cui progettista è Luigi Severini, lo stesso ingegnere pugliese che ha firmato il progetto del parco eolico offshore di Taranto – sarà collocato a una distanza di oltre 35 chilometri da Marsala così come dalle isole Egadi, in direzione Tunisia, e  sarà composto da 25 pale galleggianti da 10 megawatt ciascuna. L’enorme distanza dal litorale permette di rendere l’impianto praticamente invisibile all’orizzonte. Stavolta sembrerebbero dunque esserci quelle condizioni la cui assenza nel 2019 aveva fatto bocciare dal Consiglio di giustizia amministrativa siciliano il progetto di una centrale marina con 38 pale eoliche per 136 megawatt complessivi di potenza al largo delle coste antistanti il comune di Butera, nel Golfo di Gela.

La scelta di impiantare delle turbine galleggianti è stata dettata dalla presenza nell’area individuata di un fondale di circa 300 metri di profondità, del tutto impraticabile per l’installazione di turbine offshore fisse, per le quali è impossibile superare una profondità di 50-60 metri. Pertanto impegnativa – anche se non impossibile, date le tecnologie oggi a disposizione – sarà la sfida logistica per realizzare un impianto del genere posto che tali pale eoliche devono essere in grado di resistere al movimento generato dalle onde e dal vento oltre che dalla rotazione delle stesse turbine.

Il progetto, presentato ai ministeri dell’Ambiente e delle Infrastrutture prima dell’inizio della pandemia di Covid19, sta proseguendo il suo necessario iter burocratico che, tutto ad andar bene, dovrebbe concludersi con l’avvio del cantiere nel 2023. A garantire il funzionamento dell’impianto sarà la tecnologia TetraSpar sviluppata da Henrik Stiesdal, già Chief Technology Officer di Siemens Gamesa, pioniere dell’energia eolica danese e ideatore a fine anni ’70 di una delle prime turbine eoliche, la cui licenza trasferita nel 1979 alle Vestas A/S,  fabbrica danese di mezzi agricoli, autogru e refrigeratori da nave, le ha consentito di diventare uno dei principali produttori di turbine eoliche al mondo, settore sempre più orientato verso l’offshore. Con la sua inventiva Stiesdal torna dunque ad essere all’avanguardia proponendo soluzioni tecniche che uniscono capacità performanti delle turbine, riduzione dei costi e un impatto ambientale sempre più ridotto.

Quello dell’eolico offshore  – scrive il Sole24Ore – è un ambito che nell’ultimo decennio è cresciuto del 30 per cento all’anno, proprio grazie allo sviluppo di turbine sempre più grandi e potenti, a fronte di una drastica riduzione dei costi. Pur occupando al momento solo l’1% della produzione mondiale di elettricità – continua il quotidiano di economia –  l’eolico offshore è sempre più protagonista in Nord Europa e, stando alle stime dell’International Energy Agency, entro il 2040 sarà capace di attrarre investimenti per 840 miliardi di dollari, pari a quelli nel gas naturale. Si prevede inoltre che la soluzione dominante sarà quella degli impianti galleggianti data la scarsa disponibilità di aree con acque poco profonde idonee per l’installazione di turbine offshore fisse. Entro il 2040 tali impianti potrebbero essere in grado, senza emissioni, di fornire elettricità sufficiente a soddisfare 11 volte la domanda mondiale.

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