E il marmo si fece carne. La vibrante sensualità delle sculture del MANN negli scatti di Luigi Spina

Statua di Eros, Collezione Farnese, MANN - Ph. © Luigi Spina

Statua di Eros, Collezione Farnese, MANN – Ph. © Luigi Spina

di Kasia Burney Gargiulo

E’ davvero difficile non rimanere folgorati dalla bellezza di un’antica statua greca o romana, soprattutto se uscita dalle mani di un grande artista come Fidia, Policleto o Lisippo: corpi maschili e femminili seducono lo sguardo dell’osservatore con lo straordinario equilibrio di forme e proporzioni o con la sinuosità delle linee. E anche quando – come nel caso della scultura d’età classica – la naturalistica rappresentazione della realtà viene fortemente idealizzata dovendo mettere in scena quella complementarietà fra Bellezza e Virtù che per gli antichi era la massima aspirazione dell’uomo, una potente sensualità giunge a sciogliere ogni rigore dello sguardo. Va da sé che con l’avvento dell’età ellenistica e l’irrompere del pathos in scultura, elemento che fra dinamismo e torsioni aggiunse verità e drammaticità alla Bellezza, l’effetto seduttivo divenne ancora più dirompente: “…non c’è un corpo dritto in queste statue…sono tutti curvi, a volte impossibilmente curvi e così indifferenti; da questo nasce la loro ambiguità senza tempo…come se ti sfidassero a desiderarli…”, recita il prof. Perlman osservando alcune diapositive di sculture ellenistiche in una scena del recentissimo film “Call me by your name”, straordinaria metafora sul desiderio candidata a 4 premi Oscar. Nei titoli di testa e in una delle scene centrali del film, la scultura antica è presa a modello di una ‘originaria’ condizione di naturalezza e libertà del corpo che non conosce stigmi di morbosità o oscenità, a dispetto delle ridicole iniziative di censura di cui ancora oggi la cronaca ci offre notizia.
 

Part. dell'Ercole Farnese, Mann - Ph. © Luigi Spina

Part. dell’Ercole, Collezione Farnese, MANN – Ph. © Luigi Spina

Per fortuna l’eredità culturale degli antichi resiste nel tempo e non è un caso che le sculture del Museo Archeologico Napoli di Napoli siano diventate protagoniste del video girato per ‘Mistery of Love’, tema musicale principale del film prima citato. Così come non è un caso che circa due mesi fa, le statue dello stesso museo siano tornate alla ribalta grazie a Diario Mitico, una mostra fotografica (in corso al MANN dallo scorso 11 novembre fino al 20 febbraio 2018) capace di condurre l’osservatore a un contatto epidermico con queste meravigliose sculture. L’obiettivo del fotografo campano Luigi Spina riesce infatti, ancor più del nostro sguardo diretto e affascinato, a sciogliere la rigida e fredda materia marmorea in corpi di sensuale carnalità, muscoli frementi, voluttuosa grazia femminile. E questo ottiene enfatizzando il già magico contrasto di luci-ombre, spazi pieni-spazi vuoti, che gli antichi artefici hanno impresso nel marmo attraverso superfici curve e ben levigate o forme dinamiche e contorte, evocando via via olimpica serenità o umana inquietudine.
 

Part. della Venere Callipigia, MANN - Ph. © Luigi Spina

Part. della Venere Callipigia, Collezione Farnese, MANN – Ph. © Luigi Spina

La mostra è composta da 20 scatti stampati in grande formato esposti in una delle sale del Museo napoletano. Essa si pone come una riflessione sulla percezione dell’arte attraverso un confronto fisico con gli antichi marmi che il fotografo finisce col riplasmare alla luce del proprio sguardo restituendoci con forza l’estremo fascino delle forme e il loro afflato erotico, in un processo di “umanizzazione” che dribbla l’identità mitica dei soggetti rappresentati e fa apparire le sculture quali corpi in carne e ossa, vicini a noi più di quanto potessimo immaginare, dotati di quella perenne contemporaneità che caratterizza ogni ‘classico’ che si rispetti.
 

Eros, MANN - Ph. © Luigi Spina

Statua di Eros, Collezione Farnese, MANN – Ph. © Luigi Spina

Il progetto fotografico si sviluppa idealmente in 15 giorni, all’interno di un museo che possiede 270 mila reperti, di cui 15 mila esposti. In realtà esso è il risultato di un contatto con le sculture durata circa un decennio. Luigi Spina è stato infatti incaricato di fotografare integralmente la prestigiosa Collezione Farnese a scopo di catalogazione e nell’ambito di tale commissione ha deciso di condurre una personale ricerca artistica. Un lavoro immane, svolto a museo aperto in 3.285 giorni intorno a 300 sculture, di cui 180 spostate nel corso di 2.300 giorni. L’operazione ha prodotto 3.000 negativi in bianco e nero e 2.500 stampe fotografiche, richiedendo 1.000 giorni di camera oscura. I custodi hanno spostato, anche di centinaia di metri, opere celebri come i Tirannicidi, l’Antinoo, l’Ercole, l’Eros con delfino, l’Atlante e numerose altre, per raggiungere lo studio fotografico di Spina allestito in un’ala dell’edificio borbonico e poi riportarle nella loro abituale postazione. Tutto il lavoro è stato documentato in 40 ore di riprese video, riassunte in un cortometraggio diretto da Romano Montesarchio e proiettato quotidianamente nello spazio della mostra. La celebre collezione a cui le sculture appartengono fu istituita nel ‘500 a Roma su iniziativa del cardinale Alessandro Farnese che arricchì le sue già cospicue raccolte d’arte con le statue ritrovate nell’area delle Terme di Caracalla e in altri luoghi della Città Eterna. Un patrimonio immenso rimasto per anni nel bellissimo Palazzo Farnese, oggi prestigiosa sede dell’Ambasciata di Francia, prima del trasferimento a Napoli iniziato dal re Carlo di Borbone fra il 1735 e il 1739 e completato dal figlio Ferdinando nel 1788.
 

E il marmo si fece carne

Part. dell'Ercole Farnese, MANN - Ph. © Luigi Spina

E il marmo si fece carne

Antinoo Farnese, MANN - Ph. © Luigi Spina

E il marmo si fece carne

Antinoo Farnese, MANN - Ph. © Luigi Spina

E il marmo si fece carne

Part. dell'Antinoo Farnese, MANN - Ph. © Luigi Spina

E il marmo si fece carne

Part. del Gladiatore, MANN - Ph. © Luigi Spina

E il marmo si fece carne

Part. del Toro Farnese, MANN - Ph. © Luigi Spina

E il marmo si fece carne

Afrodite pudica, MANN - Ph. © Luigi Spina

E il marmo si fece carne

Part. di Armodio, dal gruppo dei Tirannicidi, MANN - Ph. © Luigi Spina

E il marmo si fece carne

Part. dell'Eroe greco con fanciullo, MANN - Ph. © Luigi Spina

E il marmo si fece carne

Part. di due Veneri, MANN - Ph. © Luigi Spina

E il marmo si fece carne

Part. del gruppo Dioniso e Eros, MANN - Ph. © Luigi Spina

E il marmo si fece carne

Part. dell'Afrodite Pudica, MANN - Ph. © Luigi Spina

 
Le immagini della mostra sono tratte dal libro Diario Mitico, edito da  5 Continents Editions in collaborazione con il Museo Archeologico Nazionale di Napoli. La prefazione è a cura di Philippe Daverio (storico dell’arte e docente presso l’Università degli Studi di Palermo, oltre che noto conduttore televisivo) mentre i testi sono di Luigi Spina, Giovanni Fiorentino e Carmela Capaldi.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Il libro

Il libro Diario Mitico (5 Continets Editions) con le immagini di Luigi Spina

 

Rispondi

Il tuo indirizzo e-mail non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono segnalati *

*

Torna su