Il museo più sexy del mondo. Le sculture dell’Archeologico di Napoli nel video di “Mistery of Love”

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Toro Farnese (part.) - Ph. © Augusto De Luca

Toro Farnese (part.), Napoli, Museo Archeologico Nazionale – Ph. © Augusto De Luca | Video clip musicale a centro pagina

di Kasia Burney Gargiulo

L’amore si nutre di bellezza, non intesa in senso esclusivamente corporeo, e la bellezza – diceva Platone – è manifestazione del divino, anelito d’assoluto, perché ogni anima umana per sua natura ha contemplato il “vero essere” e ne ha nostalgia: amare, dice infatti il sommo filosofo, è riconoscere ciò che già si conosce e la scelta dell’altro non è casuale, anche quando può sembrare tale. Un concetto al quale fa da perfetto corollario l’idea del poeta inglese Algernon Swinburne per cui “non esiste difesa contro il senso naturale dell’attrazione”. E se un invincibile afflato erotico è ciò che ci spinge verso un altro essere umano, non diverso è il meccanismo che ci orienta verso la bellezza cristallizzata in un’opera d’arte, anch’essa oggetto e strumento di quel desiderio che alimenta il fuoco sottile della nostra esistenza agendo su un duplice piano, carnale e spirituale. Non è allora un caso che eros, bellezza e arte, siano gli ingredienti del film che in questi giorni sta celebrando l’irresistibile potere dell’amore sugli schermi cinematografici di tutto il mondo, ossia Call me by your name (Chiamami col tuo nome), pellicola candidata a 4 premi Oscar che il regista siciliano Luca Guadagnino ha tratto dall’omonimo romanzo dello scrittore statunitense André Aciman.

L’arte, incarnazione d’una bellezza che prende forma grazie al gesto demiurgico dell’uomo, irrompe nel film attraverso il ritrovamento di una statua antica nelle acque d’un lago, così come nelle  sculture greco-romane di cui il prof. Perlman – mostrandole su uno schermo all’assistente Oliver –  dice “muscoli sodi…non c’è un corpo dritto in queste statue; sono tutti curvi, a volte impossibilmente curvi e così indifferenti…Da questo nasce la loro ambiguità senza tempo…come se ti sfidassero a desiderarli…”. Una bellezza dunque che non resta imbrigliata nella polvere dell’archeologia, non è mera contemplazione visiva e intellettuale, ma si fa desiderio vivo e pulsante, finendo col rispecchiare la bellezza di un corpo umano reale, quello di Oliver, di cui Elio, giovanissimo figlio di Perlman, è perdutamente innamorato. Un legame, quello fra bellezza, arte e eros, che ritroviamo anche nel video clip di ”Mistery of Love”, il tema musicale principale del film composto dal musicista statunitense Sufjan Stevens e candidato all’Oscar come “Best original song”.

Nel video le sequenze del film sono intervallate da suggestive immagini girate nelle sale del Museo Archeologico Nazionale di Napoli, per il quale già qualcuno ha coniato l’epiteto di “museo più sexy del mondo”: ecco allora in successione capolavori della statuaria classica come la Flora Farnese, i Tirannicidi, il Toro Farnese, l’Erma bifronte, Atamante e Learco, l’Ercole Farnese, l’Hermes a riposo, i Corridori di Ercolano, nei quali le forme scolpite nel marmo e nel bronzo rivelano un potere seduttivo in grado di gareggiare con quello della carne. Il museo napoletano riappare così sugli schermi a pochi giorni dall’uscita del film “Napoli velata” di Ferzan Ozpetek nel quale quegli stessi corpi perfetti rapiscono il personaggio di Adriana (Giovanna Mezzogiorno) vagante per le sale del museo in attesa del giovane amante.
 

MISTERY OF LOVE by SUFJAN STEVENS – MUSIC VIDEO

 
La bellezza, in un mondo che ne consuma quotidianamente il dispregio, torna dunque a far sognare, come rivela quasi un milione di visualizzazioni raggiunto dal video musicale di “Mistery of Love”, nel quale le sculture rappresentate, al di là delle valenze metaforiche, sono anche un’evidente allusione alla professione del prof. Perlman, archeologo. Il potere evocativo delle immagini girate a Napoli è inoltre sottolineato dal montaggio video in rapporto ad alcuni passaggi significativi del testo della canzone composta dal musicista di Detroit innamorato del cinema e probabilmente anche della Napoli archeologica (non sembra un caso che fra i brani più celebri della sua carriera ci sia ‘Vesuvius’).

”Siano stati molto felici di aver collaborato con la Sony per questo progetto di altissima qualità ospitando le riprese lo scorso dicembre. Il risultato è di grande suggestione” ha dichiarato il direttore del MANN Paolo Giulierini, che di recente ha festeggiato il traguardo storico dei 500mila visitatori in un anno raggiunto dal Museo.

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Part. del Toro Farnese, Napoli, Museo Archeologico - Ph. Andrea Tosatto | ccby2.0

Part. del Toro Farnese, Napoli, Museo Archeologico Nazionale – Ph. Andrea Tosatto | ccby2.0

 
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