È stata la prima fotografa professionista d’Italia. Ha raccontato aspetti poco noti del Sud ma è conosciuta soprattutto per i brillanti servizi fotografici dedicati ai protagonisti dello star system internazionale. Da qualche anno era rientrata nella sua città natale. L’ultima mostra ad Avellino, dedicata a Raffaella Carrà
di Redazione FdS
Marlon Brando, Liz Taylor, Sofia Loren, Marcello Mastroianni, Federico Fellini, Vittorio Gassman, Claudia Cardinale, Monica Vitti, Pier Paolo Pasolini, Giorgio De Chirico…sono solo alcuni dei nomi di un elenco sterminato di personaggi straordinari passati davanti all’obiettivo di una delle più talentuose fotografe del nostro Paese, nonché prima donna italiana in assoluto ad aver svolto questo mestiere da professionista: parliamo della pugliese Chiara Samugheo, raffinata interprete di una delle stagioni più feconde del cinema e della cultura internazionali. Se n’è andata ieri a Bari, all’età di 86 anni (qualcuno dice 96 evocando l’irrisolto mistero della sua reale data di nascita) dopo una carriera di prim’ordine che ha attraversato la cronaca nera, il fotogiornalismo su tematiche antropologiche e sociali con reportage sui fenomeni magico-religiosi dell’Italia del Sud (straordinarie le immagini sul fenomeno del tarantismo) e servizi di denuncia sui quartieri poveri di Napoli e la vita nelle carceri, per poi passare alla realizzazione di servizi fotografici per i maggiori periodici internazionali a partire dal periodo d’oro dello star-system, quello della “dolce vita”, proseguendo a intenso ritmo fino agli anni ’80.
Nata nel capoluogo pugliese col nome di Chiara Paparella, si trasferì nel 1953 a Milano, città che con Roma e Nizza (qui ebbe un atelier in Rue Droite, la strada degli artisti) divenne uno dei poli della sua esperienza umana e professionale. La frequentazione dell’ambiente intellettuale l’ha vista diventare amica di figure di spicco del giornalismo, della letteratura e del teatro come Enzo Biagi, Alberto Moravia, Oreste Del Buono, Dino Buzzati, Elio Vittorini, Pier Paolo Pasolini e Giorgio Strehler.
Tra le amicizie internazionali possono menzionarsi quelle con il grande fotografo francese Henri Cartier-Bresson che ebbe anche ospite a casa propria, con lo Scià di Persia che la volle ospite in Iran, e con il produttore hollywoodiano Joe Pasternak. Da un suggerimento del giornalista, grafico e regista sardo Pasquale Prunas, diventato in quegli anni il suo compagno di vita, fondatore della rivista culturale Sud e del periodico Le Ore, derivò la sua scelta di trasformare il proprio cognome sostituendolo col nome del villaggio sardo di Samugheo.
Dopo gli inizi nel campo della cronaca nera, il primo importante cambio di registro nel suo percorso di fotografa ebbe luogo grazie alla collaborazione con Federico Patellani, uno dei fotografi più importanti del suo tempo, considerato caposcuola del fotogiornalismo in Italia. Il successo avuto con i suoi fotoreportage ambientati nel Sud aprì a Chiara Samugheo le porte dei grandi periodici internazionali di cui cominciò a firmare anche le copertine, occupandosi sempre più degli interpreti del grande cinema e della cultura. Il suo successo crebbe in parallelo con quello delle riviste, a sua volta particolarmente favorito dal boom economico e dall’immaginario glamour che caratterizzò quegli anni. Il lavoro la portò così in diversi Paesi, come gli Stati Uniti (frequenti furono i suoi viaggi a Hollywood), la Spagna, la Russia e il Giappone.
Dai suoi scatti in bianco e nero così come da quelli a colori, traspare con intensità la sua capacità di instaurare coi soggetti un rapporto di intimità e complicità, prezioso presupposto per dar vita a immagini di mirabile vigore espressivo; ciò emerge con forza, tra l’altro, negli scatti con figure femminili, nei quali il corpo non è un mero “oggetto del desiderio” ma si riveste del carattere e della personalità reali del soggetto. Raffinata e innovativa la sua capacità di giocare con l’essenzialità delle linee, coi forti contrasti cromatici e le ricercate acconciature delle sue modelle, peculiarità che le permisero di rivoluzionare i canoni del ritratto di studio e di produrre immagini destinate a diventare modelli di stile per la fotografia degli anni successivi.
Ha pubblicato diversi libri fotografici (tra gli altri, Costumi di Sardegna, Sardegna nel Sinis, La stoffa azzurra, Stelle di carta, O dolce mio, Lucca e la Lucchesia, Vanità sarda, Vicenza e Palladio, Sardegna, quasi un continente, I Nebrodi, Bacco in Sardegna, Natura magica della Sardegna, Le corti del verde, Al cinema con le stelle, Il reale e l’effimero, Cento dive, cento anni di cinema, Carnaval de Rio) ed ha esposto i suoi lavori presso prestigiosi spazi culturali come la Galleria d’Arte Moderna di Bologna, la Galleria Comunale di Cagliari, la Biennale di Venezia, il Festival d’Avignone, la Pinacoteca di Bari, il Festival di Cannes, il Guggenheim Museum e il CIFE di New York, il Museo d’Arte Moderna di San Paolo del Brasile.
Ha ricevuto numerosi premi (ben 41) e riconoscimenti, tra i quali l’Oscar dei Due Mondi di Spoleto, il Premio della Ferrania, il Premio Minerva, il titolo di Cavaliere della Repubblica Italiana (2003) e la cittadinanza onoraria francese grazie alla sua lunga residenza a Nizza. Nel 2014 la FIAF (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche) l’ha nominata Maestro della Fotografia Italiana e le ha dedicato un volume nella collana Grandi Autori della Fotografia Italiana.
Chiara Samugheo ha lasciato un immenso archivio fotografico, che vanta più di 165 mila scatti ed è custodito presso il Centro Studi e Archivio della Comunicazione dell’Università di Parma. Una ricca collezione di ritratti che è stata oggetto di numerose pubblicazioni, come “Stelle di carta”, “Al cinema con le stelle”, “Il reale e l’effimero”, “Cento dive, Cento anni di cinema”. Una parte del suo fondo si trova inoltre presso la Fondazione 3M a Pioltello (Milano). L’ultima sua mostra, allestita all’AXRT Contemporary Gallery di Avellino con la curatela di Gianluca Marziani, risale allo scorso autunno e la volle dedicare a Raffaella Carrà, protagonista di suoi numerosissimi scatti.
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“Ho iniziato a fare fotografia negli anni ’50. I tempi erano duri ma non senza gioia. C’era la Guerra Fredda, ma si sperava che le cose cambiassero e chi voleva, poteva – grazie alle immagini, alle parole, ai gesti – rompere il muro che lo separava da un mondo migliore. Era il momento in cui si potevano avere illusioni. E le mie furono pensare di poter contribuire, grazie alle mie foto, a denunciare i mali e le contraddizioni dell’Italia e a commentarne usi e costumi. Più o meno ci sono riuscita.”
Qui di seguito una video-intervista a Chiara Samugheo realizzata nel 2014 a Nizza dalla FIAF (Federazione Italiana Associazioni Fotografiche):