TESORI del Museo Archeologico di Napoli: la Tazza Farnese

di Redazione FdS

Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli (MANN), con il suo pregevole patrimonio di opere d’arte disposte su una superficie espositiva di oltre 12.000 m², è considerato uno dei musei archeologici più importanti del mondo, forse il più importante per quanto riguarda l’arte romana, data la rilevanza numerica e qualitativa di collezioni come la Farnese, costituita da reperti di Roma e dintorni e trasferita a Napoli dai Borbone nel ‘700, e le collezioni di reperti provenienti dalle città dell’area vesuviana – soprattutto da Pompei – colpite dall’eruzione del 79 d.C. e riscoperte a partire dagli inizi del XVIII secolo. Di recente, la direzione del Museo ha voluto puntare una lente di ingrandimento su alcune delle opere più rappresentative di questo scrigno di inestimabili tesori d’arte e storia, consentendo a chi non lo abbia ancora esplorato, di scoprire quanta bellezza celi al suo interno. Splendori che lo rendono meritevole di più di una visita. E’ così nato MANN Stories, progetto a cura di Mauro Fermariello composto da cinquanta video brevi (3-4 minuti) in cui vengono raccontate alcune eccezionali opere del Museo. Obiettivo dell’iniziativa è stato quello di creare interesse verso le singole opere raccontate e verso il Museo nel suo insieme, in modo da aumentare la partecipazione del pubblico. Famedisud vi ripropone questi video con cadenza settimanale.

L’opera che andiamo a scoprire questa settimana è la celebre Tazza Farnese, un piatto da libagione (phiale) di scuola alessandrina risalente al II-I secolo a.C., realizzata in agata sardonica e probabilmente destinata a libagioni rituali. E’ un capolavoro assoluto della glittica, l’arte di intagliare le pietre dure e preziose di cui gli antichi furono maestri. L’opera – il più grande vaso in pietra dura lavorata a rilievo – è arrivata a Napoli con la straordinaria Collezione Farnese, raccolta di oggetti d’arte antica proveniente dalla famiglia materna di re Carlo III di Borbone e comprendente, tra l’altro, innumerevoli e pregevolissime sculture dell’antica Roma e una ricchissima collezione di gemme e cammei di cui la Tazza fa parte e che è composta da meraviglie in ogni sorta di pietra: corniola, diaspro, acquamarina, granata, ametista, topazio, giacinto, sardonica, smeraldo, zaffiro, ecc. L’approdo partenopeo della Tazza fu il punto di arrivo di un cammino attraverso i secoli, durante il quale si ritiene verosimilmente che essa non sia mai finita sottoterra: da Alessandria d’Egitto all’imperatore romano Ottaviano Augusto (31 a.C), da Costantinopoli all’imperatore Federico II di Svevia (1239), per arrivare al re di Napoli Alfonso V d’Aragona (1458), al cardinale Pietro Barbo (poi Papa Paolo II) e al suo successore Sisto IV, che la donò a Lorenzo de’ Medici (1471), dalla cui collezione passò a quella dei Farnese (1537) e quindi al Museo Archeologico (1806), quale preziosa testimonianza del collezionismo rinascimentale di arte antica. Nel video in alto l’opera è presentata dall’archeologo Ruggiero Ferrajoli. Per altri dettagli continua a leggere dopo la foto.
 

Tazza Farnese, agata sardonica, II-I sec. a.C. - Napoli, Museo Archeologico Nazionale

Tazza Farnese, agata sardonica, II-I sec. a.C. – Napoli, Museo Archeologico Nazionale

Ricavata da un unico pezzo di agata di notevoli dimensioni, la Tazza è stata decorata su entrambe le facce utilizzando almeno quattro strati della pietra. Un lavoro difficilissimo, per il rischio di fratture durante le operazioni di incisione, e raffinatissimo per qualità del risultato. Attingendo a una complessa iconografia mitologica, l’opera si è prestata nei secoli alle esigenze ideologiche dei rispettivi proprietari. Tuttavia, un possibile primo livello di lettura delle sette figure delineate all’interno, è quello di un’allegoria egizia dei benefici effetti delle piene del fiume Nilo, secondo alcuni mettendo in scena la famiglia reale alessandrina:  in basso vediamo infatti una Sfinge, su cui siede una figura femminile (Iside) con due spighe nella mano destra, sulla cui sinistra, seduta sul tronco di un albero, c’è una figura maschile barbata (il Nilo), reggente una cornucopia. Al centro si nota un giovane in piedi che, vestito con un corto chitone e appoggiato a un aratro, tiene al braccio sinistro un sacco con le sementi (Harpokrates). Sulla destra si stagliano due figure femminili sedute, una delle quali  tiene in mano una phiale. Infine in alto a destra due figure maschili afferrano in volo un drappo gonfiato dal vento (venti Etesii). L’esterno è infine decorato con una grande gorgoneion apotropaica, sul cui volto compare un forellino, certamente posteriore ma documentato almeno dal XVI secolo, interpretato come traccia di un sostegno a piede che trasformava la Tazza in un basso calice.

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Disegno raffigurante la scena interna della Tazza Farnese - Immagine da

Disegno riproducente la scena interna della Tazza Farnese, da Handook of archaeology di Hodder M. Westropp, 1867

 

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