Ricordando Lucia Naviglio: l’addio a una grande interprete della lirica

Il soprano Lucia Naviglio

Il soprano Lucia Naviglio durante un recital

di Enzo Garofalo

Ci sono artisti della musica e del palcoscenico che, grazie al loro grande talento, hanno la capacità di lasciare un segno anche quando il proprio percorso si svolge fuori dai grandi clamori dello show business. Artisti che in cima alle proprie priorità pongono il rapporto diretto col pubblico, al cui servizio rivolgono la propria arte, vissuta con grande passione e dedizione e spesso messa a disposizione dei più giovani attraverso la didattica. Una di queste persone è stata il soprano pugliese Lucia Naviglio, mirabile talento del teatro lirico e donna di grande sensibilità. Ne parlo al passato perchè purtroppo lo scorso 11 aprile il Covid l’ha strappata, a 63 anni, all’affetto dei suoi cari e dei tanti che l’hanno stimata come persona e come artista. Io ho avuto il privilegio di esserle amico e di frequentarla per oltre vent’anni nell’accogliente casa di Bari in cui viveva col marito e la madre Teresa, ai quali – per un terribile cinismo del destino – è toccata una sorte analoga nell’arco di pochi giorni. La sua è stata una casa dove la musica aleggiava in continuazione con allegra armonia, tra lezioni ai numerosi e devoti allievi e serate conviviali con gli amici, molti dei quali musicisti, deliziati dalla sua sontuosa voce di soprano drammatico (capace di inoltrarsi senza problemi nella tessitura mezzosopranile) oltre che dalla sua raffinata arte culinaria. Indimenticabili le arie attraverso le quali ci regalava, con voce dal timbro scuro e potente e rara sapienza interpretativa, preziosi sprazzi dei personaggi femminili di grande caratura portati con successo sulla scena nei teatri italiani ed esteri; così come indelebile rimane il ricordo dei duetti, drammatici o divertenti, interpretati ora con l’uno ora con l’altro dei due fratelli, Pietro e Giuseppe Naviglio, anch’essi cantanti lirici impegnati in Italia e all’estero. Il suo carattere gioviale e la sua autorevolezza in campo musicale – qualità che animavano i suoi rapporti con tutti, dal direttore artistico di un teatro fino al suo più giovane allievo – mancheranno a quanti l’hanno conosciuta da vicino, così come al pubblico che ha avuto modo di apprezzarla sulla scena fin dagli esordi.

La sua carriera musicale iniziò alcuni anni dopo una sorprendente audizione con il grande compositore milanese Nino Rota, al tempo direttore del Conservatorio di Bari. Ancora adolescente, fu spronata dal cugino – il compositore Nicola Scardicchio – a eseguire alla presenza del maestro In questa reggiala celebre ed impervia aria tratta dalla Turandot di Giacomo Puccini. Era la metà degli anni ’70 e Lucia Naviglio non leggeva ancora le note. Ma quel brano imparato ad orecchio folgorò a tal punto Rota da spingerlo a consigliarle una immediata iscrizione in consevatorio. Diciottenne, debuttò in concerto eseguendo arie tratte da opere e oratori di Nino Rota, accompagnata al pianoforte dallo stesso autore. Fondamentali per la sua formazione sono stati lo studio del canto con il tenore Gino Lo Russo Toma e l’ulteriore perfezionamento sotto la guida del soprano Rina Filippini Del Monaco: un training tecnico-artistico di prim’ordine che le consentì di partecipare ai concorsi di canto “Mattia Battistini” di Rieti e “Mario Del Monaco” di Castelfranco Veneto e di vincerli entrambi; riconoscimenti che attirarono subito su di lei l’attenzione degli addetti ai lavori.

Dopo il debutto teatrale nel ruolo di Leonora ne Il Trovatore di Giuseppe Verdi, è stato tutto un susseguirsi di ruoli di rilievo – in opere celebri come Cavalleria Rusticana di Pietro Mascagni (Santuzza), Carmen di Georges Bizet (Carmen), Nabucco di Giuseppe Verdi (Fenena), Werther di Jules Massenet (Charlotte), Samson et Dalila di Camille Saint-Saens (Dalila), Guglielmo Ratcliff di Pietro Mascagni (Margherita) – molti dei quali portati sulla scena negli anni ’90 in Germania presso il prestigioso Theater der Stadt di Bonn, che la scritturò come artista stabile in produzioni dirette da registi innovativi come Ken Russell, Werner Schroeter, Giancarlo Del Monaco; lavori che le valsero un grande successo di pubblico e critica, consentendole di affermarsi come una delle cantanti di punta di quegli anni. Sempre in Germania la ritroviamo infatti anche al Theater der Stadt di Aquisgrana con la Cavalleria Rusticana di Mascagni (Santuzza) e allo Stadttheater di Gissen dove debuttò il ruolo di Amneris nell’Aida di Giuseppe Verdi, opera che nel 1987 l’aveva già vista in scena col ruolo della Sacerdotessa, nella storica produzione che il Teatro Petruzzelli di Bari allestì al Cairo sullo spettacolare sfondo delle Piramidi, con la regia di Mario Bolognini e la direzione musicale di Carlo Franci, accanto ad artisti di fama come Ghena Dimitrova (Aida), Grace Bumbry (Amneris), Giuseppe Giacomini (Radames) e Giorgio Zancanaro (Amonasdro).

Al Teatro Petruzzelli di Bari è legata anche una delle sue performance più apprezzate dalla critica, ossia quella nei panni di Diane per lIphigénie en Tauride del compositore settecentesco Niccolò Piccinni, andata in scena in prima edizione moderna nel 1986, con l’Orchestra e il Coro del teatro barese, la regia di Luca Ronconi e la direzione d’orchestra di Donato Renzetti. Uno straordinario successo di cui si conserva memoria nell’incisione discografica pubblicata dalla Fonit Cetra e replicato due anni dopo anche in occasione della trasferta al Théâtre du Châtelet di Parigi. Rivestendo il ruolo di una dea, Ronconi scelse di farla cantare sospesa in quel vuoto dal quale appariva come un’epifania: “Lucia Naviglio era, qui come a Bari – scrisse Michelangelo Zurletti recensendo la rappresentazione parigina – una Diana calata dall’alto come una dea ex machina: vale a dire una Diana che resta appesa a un filo per un’ora e riesce ancora a cavare suoni robusti e ben calibrati”.

Tra una scrittura e l’altra in vari teatri europei, nel 1995 ritornò agli applausi del pubblico italiano esibendosi nei teatri di Lucca, Pisa, Livorno e Mantova, dove portò in scena il personaggio di Margherita nel Guglielmo Ratcliff di Mascagni, con l’Orchestra del 2° Polo Lirico della Toscana diretta da Massimo de Bernart; un’opera il cui grande successo fu immortalato in un’incisione discografica edita da Agorà e ristampata nel 2018 da NAR Classical .
 

Il CD del Guglielmo Ratcliff di Mascagni diretto da

Il CD del Guglielmo Ratcliff di Mascagni nella prima edizione del 1995. In copertina Lucia Naviglio (in costume scuro) con il soprano Marisa Vitali

Al 1997 risale invece il suo nuovo impegno italiano con la Santuzza di Cavalleria Rusticana, portata in scena nei teatri di Iesi, Pisa e Livorno (e nel 2002 anche al Comunale di Modena), seguita da una vibrante e temperamentosa Carmen di Bizet per la Stagione Lirica del Teatro Petruzzelli di Bari nella sede estiva dell’Arena della Vittoria; partecipazione replicata l’anno successivo con una nuova Cavalleria Rusticana. Va sottolineato come quelli di Santuzza e Carmen siano stati due ruoli in cui Lucia Naviglio ha avuto modo di esprimere al meglio la sua versatilità essendo stati concepiti dai rispettivi autori come adattabili a entrambe le vocalità di soprano e mezzosoprano.

Nel 1998 è stata la volta del Teatro dell’Opera di Nizza presso il quale debuttò nel ruolo di Suzuki nella Madama Butterfly di Giacomo Puccini e, sempre nello stesso anno, tornò a uno dei suoi ruoli più amati, quello di Amneris, per l’Aida di Verdi, per il quale fu scritturata dal Teatro S. Carlo di Napoli e, nel 2009, dal Festival des Nuits Lyriques di Bastia, in Corsica. La collaborazione con l’Opera di Nizza riprese con il ruolo di Meg Page nel Falstaff di Verdi e proseguì con quelli di Zita nel Gianni Schicchi e di Frugola nel Tabarro di Puccini.

L’esperienza di Lucia Naviglio nel repertorio della Scuola Musicale Napoletana, iniziata anni prima interpretando l’Ifigenia in Tauride di Niccolò Piccinni e proseguita con La Fée Urgèle, opéra-comique di Egidio R. Duni, lo Stabat Mater di G. B. Pergolesi e l’oratorio Rex Salomon di Tommaso Traetta, ha avuto quale ulteriore preziosa tappa l’incisione del CD “Le salon napolitain de la Révolution à la Restauration” (Il Salotto Napoletano tra Rivoluzione e Restaurazione) edito nel 2007 dalla francese Opus 111 e distribuito in tutto il mondo. Un lavoro di luminosa e raffinata bellezza, premiato con il Diapason d’Oro della Critica Discografica, che la vede accanto ad altri tre eccellenti artisti come il soprano Roberta Invernizzi, il tenore Rosario Totaro e il pianista Francesco Caramiello (di seguito la versione integrale disponibile su YouTube).
 

 
La consuetudine di Lucia Naviglio col grande repertorio operistico è andata di pari passo con la particolare attenzione rivolta alla produzione liederistica e oratoriale europea di compositori come Mozart, L. v. Beethoven, F. Schubert, R. Wagner, R. Strauss, O. Respighi, I. Pizzetti, A. Berg, fino ad autori più recenti o contemporanei come G. F. Malipiero, L. Bernstein, N. Rota, M. Panni (nell’opera Il Giudizio di Paride per i teatri di Bonn, Nizza e Tourcoing), N. Scardicchio (per lui ha interpretato le cantate Asinus AureusQuesta Fenice, Anno Domini-La Disfida di Barletta e l’opera sinfonica Kemit, canti e danze del giovane Horus): un repertorio declinato in innumerevoli concerti e recital tenuti nel corso degli anni fino a tempi recentissimi. E poiché ho citato tra gli altri Gian Francesco Malipiero, mi piace concludere questo omaggio con un ricordo personale di Lucia Naviglio affidato a Facebook dal compositore e direttore d’orchestra Domenico Molinini, il quale nel 1999 la convocò a Trani per la 2a edizione del Festival Monografie sul ‘900 e dintorni dedicata quell’anno proprio a Malipiero; un’edizione che raccolse l’attenzione internazionale culminando con l’assegnazione del prestigioso Premio Nazionale della Critica Musicale Italiana “Franco Abbiati”:

“Sono trascorsi tantissimi anni – scrive il musicista – ma ricordo ancora il pomeriggio in cui telefonai a Lucia Naviglio. Mi rispose con quella sua gentilezza nella voce che mi faceva sempre immaginare il suo sorriso. Le esposi il mio progetto di dedicare il festival a Gian Francesco Malipiero, realizzando una prima mondiale assoluta: l’esecuzione dei Dialoghi. Un’impresa. Avevo – le dissi – pensato subito alla sua voce, per interpretare il Dialogo No. 3 ‘Con Iacopone da Todi’. Accettò subito. Con entusiasmo. In quel momento non immaginammo il successo che quel festival avrebbe avuto; né che Stradivarius avrebbe pubblicato l’integrale dei Dialoghi; né il successo di critica musicale, da Le Monde alla principale stampa di settore. Adesso tutto questo mi sembra contemporaneamente vicino e lontano. Avrei preferito che qualcuno, attento a ciò che di buono in Puglia si è fatto, ci avesse riuniti tutti, in nome della cultura e della Musica, per ricordare e rinverdire e organizzare. Ma così non è stato e non potrà essere.” E rivolgendosi idealmente a Lucia conclude con un pensiero che faccio anche mio: “Lucia cara, mi piace pensare che tu adesso sia in un’altra dimensione, e possa vedermi mentre mi sforzo di scrivere qualcosa di importante per ricordarti. E che tu sorrida.”

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