PUGLIA | Uno studioso pugliese ritrova 4 vasi ”perduti” di Polignano a Mare, fra i quali uno splendido cratere a volute del MET

Vaso apulo a figure rosse del IV sec. a.C, con scena di assemblea degli dei e Amazzonomachia (sul lato opposto, donne e giovani in un tempio; sul collo, donna con torce precede una Nike su quadriga) proveniente da Polignano a Mare (Bari), Metropolitan Museum, New York - Ph. courtesy Katy Hollbach

Vaso apulo a figure rosse del IV sec. a.C, con scena di assemblea degli dei e Amazzonomachia (sul lato opposto, donne e giovani presso un tempio; sul collo, Ecate tedofora precede una Nike su quadriga) proveniente da Polignano a Mare (Bari), Metropolitan Museum, New York

di Alessandro Novoli

La affascinante storia che stiamo per raccontarvi è stata ricostruita grazie alla caparbietà di un appassionato, riuscito a ripercorrere le orme di un gruppo di straordinari vasi magno-greci ritrovati per caso 230 anni fa in Puglia nella splendida cittadina costiera di Polignano a Mare ma col tempo apparentemente dileguatisi nel nulla. In realtà erano all’estero, sotto gli occhi di tutti: si trattava solo di riassegnarli alla loro legittima origine e di riappropriarsi di un pezzo di storia e di arte raffinatissima. A farlo ci ha pensato Giuseppe Maiellaro che a questa sua ricostruzione ha dedicato il documentatissimo libro L’Assemblea Divina (Grafiche Vito Radio Editore, 2015).

Partiamo dall’inizio. Era il marzo del 1785 quando il vescovo Mattia Santoro ritrovò nel suo orto di Polignano, nei pressi delle antiche mura cittadine, un enorme sepolcro intatto (una fonte del 1815 lo vuole largo 12 metri e profondo 5) affrescato con festoni di fiori di vari colori e rami d’alloro. Si racconta che da Napoli fosse giunto in Puglia a vederlo Sir William Hamilton, ambasciatore inglese alla corte di Ferdinando di Borbone, nonché esperto collezionista di antichità, il quale riferendosi alle colossali dimensioni della tomba, l’avrebbe definita un“Grand Mausolée”. Stando agli oggetti ritrovati dovette essere la tomba di un guerriero, il cui scheletro era affiancato da un elmo in bronzo, i resti di un’armatura, quattro grandi vasi in ceramica alti più di un metro, in ottimo stato di conservazione, e tanti altri oggetti, per un totale di 64 reperti.

La scoperta della necropoli greca di Polignano non mancò di fare rumore presso la Corte Borbonica, informata dal governatore di Polignano, per cui a Mons. Santoro fu chiesta una relazione sul rinvenimento, prontamente inviata il 21 maggio 1785. Nel documento il prelato mise in chiaro di non voler fare alcuna speculazione privata sugli oggetti ritrovati, per i quali aveva già ricevuto cospicue offerte tutte debitamente respinte, e di avere l’intenzione di donare i vasi e gli altri oggetti migliori al Regno per accrescerne il patrimonio artistico. Per avere un’idea del valore concentrato in quella tomba, basti pensare che esso fu stimato in 60 mila ducati, laddove il valore di vendita all’asta dello stesso feudo di Polignano era stato a quel tempo di 47 mila ducati. Oltre ai già citati reperti Mons. Santoro aveva raccolto nel suo palazzo anche molti altri frammenti archeologici scoperti in sepolture venute alla luce nello stesso orto circa venti anni prima.

Il prelato prese dunque la decisione di donare i reperti più pregiati al Re Ferdinando IV con il loro conseguente trasferimento al Real Museo di Capodimonte. In particolare, approdarono a Napoli i quattro bellissimi vasi, fra i quali il più spettacolare era un cratere a volute, del tipo a figure rosse, risalente al IV sec. a.C., sul cui collo era raffigurata una Nike alata alle redini di un carro trainato da quattro splendidi cavalli bianchi e preceduto da Ecate, mentre su una delle parti centrali del vaso figurava la scena di un convivio di divinità sovrastanti un’Amazzonomachia. Pare che il sovrano lo considerasse ”il più bell’ornamento” del Museo. Gli altri tre vasi erano due grandi anfore ed un loutrophoros (vaso rituale di uso frequente nei matrimoni e nei funerali).

Ebbene, Maiellaro è riuscito a dimostrare che il cosiddetto “Gran Vaso di Capodimonte”, oggi visibile presso la Gallery 160 del Metropolitan Museum di New York, altro non è che il cratere a volute ritrovato dal vescovo Santoro, e ne ricostruisce il viaggio dall’orto del prelato al museo statunitense. Momento cruciale per l’espatrio del vaso sarebbero stati il suo trafugamento avvenuto dopo la conquista Napoleonica e l’approdo a Londra, inizio di una serie di passaggi che lo portarono a New York dove nel 1956 fu acquistato dal MET.

Gli altri tre vasi li ha invece identificati rispettivamente al Museo Archeologico Nazionale di Napoli (il loutrophoros), al Louvre di Parigi e al Vor und Frühgeschichte Museum di Francoforte. Grazie alle loro immagini ad alta risoluzione, il ricercatore ha infatti potuto constatarne la perfetta coincidenza con la descrizione contenuta nella lettera inviata dal Vescovo Santoro a Napoli il 21 maggio1785, acclusa nel libro in versione integrale. Quanto a tutti gli altri oggetti, sono un po’ disseminati ovunque, da Los Angeles a diverse collezioni private in giro per il mondo. Nel volume si fa riferimento anche ad una successiva scoperta del 1785 di un ulteriore ambiente ipogeo nei pressi di Polignano.

Dimostrata la provenienza polignanese dei 4 grandi vasi, Maiellaro ha ritenuto opportuno far rilevare ai responsabili dei musei coinvolti in questa storia, la necessità di provvedere ad una riattribuzione dei singoli vasi, richiesta che ad oggi ha riportato il giusto successo presso il Metropolitan di New York, il quale ha inserito il volume del ricercatore nella bibliografia di riferimento, oltre ad indicare Polignano a Mare quale luogo di provenienza. Potrebbe essere questo l’inizio di una riconsiderazione del patrimonio archeologico della cittadina pugliese, mai sufficientemente esplorato e valorizzato, eppure così ricco come ben traspare dalle fonti recuperate da Maiellaro.

Per Maiellaro  intanto si è già realizzato un sogno: “L’Assemblea Divina – ammette l’autore – è il libro che avrei voluto avere da ragazzo con le immagini inedite, meravigliose dei Grandi Vasi. È la descrizione di un viaggio alla riconquista di un’identità smarrita, tutta da riscoprire. Il riconoscimento del Metropolitan è un nuovo inizio per Polignano, è la prima importante tessera per ricostruire la nostra grandiosa storia risalendo fino alle sue origini. È il volano per nuove importanti iniziative, strategiche per rafforzare l’offerta culturale e turistica di Polignano. È anche un segnale forte al mondo: la bellezza è un valore assoluto, un linguaggio universale in grado di unire gli uomini oltre i confini del tempo e delle culture.”

IL LOUTROPHOROS DI NAPOLI IN MOSTRA A POLIGNANO A MARE
 

Part. del loutrophoros a figure rosse proveniente da Polignano a Mare, Museo Archeologico Nazionale, Napoli

Part. del grande loutrophoros a figure rosse del IV sec. a.C. proveniente da Polignano a Mare, Museo Archeologico Nazionale, Napoli

Polignano ha dunque avuto la sua meritata rivincita coronata ora da un’ulteriore iniziativa che riporta a “casa” l’unico vaso rimasto in Italia. Si tratta del Grande Loutrophoros, elegantissimo vaso cerimoniale a figure rosse che dal 27 novembre 2015 fino al 20 gennaio 2016, per gentile concessione del Museo di Napoli, è stato in esposizione nel Palazzo San Giuseppe di Polignano a Mare per la mostra dal titolo “La scoperta di monsignor Santoro dal Mito alla realtà”. L’iniziativa, con il patrocinio e il sostegno dell’amministrazione comunale e di alcuni sponsor privati, è stata ideata e organizzata da Giuseppe Maiellaro che ha voluto presentare il grande vaso insieme alle immagini degli altri tre riprodotti a dimensione naturale, con didascalie esplicative sulla scoperta ed estratti dei documenti pubblicati nel libro.

Nel corso della mostra si sono svolte tre conferenze di studio e di approfondimento: venerdì 4 dicembre alle ore 18 la dott.ssa Angela Ciancio (direttrice del Museo Archeologico e Parco di Egnazia) ha trattato il tema «La Peucezia tra il VI ed il IV secolo a.C.». Venerdi 18 dicembre, Claude Pouzadoux (direttrice del Centro Jean Bérard di Napoli), h trattato delle «Tombe monumentali e Grandi Vasi Apuli». Domenica 3 gennaio 2016, infine, Maria Emilia Masci (archeologa, studiosa ed esperta in ceramografia antica) ha illustrato la «Nascita delle collezioni di vasi antichi nel ‘700».

“Questa mostra – ha dichiarato Giuseppe Maiellaroha voluto essere il primo passo verso la conoscenza, la ricostruzione e la riunione, non solo ideale, ma concreta e tangibile del nostro grande patrimonio, affinché venga annullata ogni distanza tra il nostro mondo attuale, le future generazioni e le nostre grandiose origini che ci richiamano a più elevati destini”.

“Siamo soddisfatti di questo traguardo – ha commentato Marilena Abbatepaolo, assessore alla cultura e ai beni archeologici di Polignano a Mare – che si è raggiunto grazie alla dedizione e all’entusiasmo di tutti. Fin dall’inizio del nostro incarico abbiamo fortemente sostenuto la riscoperta dei nostri beni archeologici tanto da giungere quest’anno a una nuova campagna di scavi in sito Santa Barbara. Il nostro progetto è di vedere realizzato un parco archeologico e poi un museo con annessi i laboratori per la ricerca e il restauro. Questa mostra costituisce un passo importante verso il raggiungimento di questo obiettivo. Ci crediamo fermamente perché Polignano, oltre a straordinarie bellezze paesaggistiche e naturali, può vantare anche un patrimonio archeologico importante e fino a pochi anni fa completamente dimenticato. Invece esso fa parte della nostra storia e proprio per questo del nostro futuro perché il futuro è il risultato di ciò che si è stati”.

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