Le Vallje di Civita: l’epica del popolo arbëreshë rivissuta nelle danze e nei canti tradizionali

Ragazza nel tradizionele costume arbëreshë durante le Vallje di Civita (Cs) - Ph. © Gianni Termine

Ragazza nel tradizionale costume arbëreshë durante le Vallje di Civita (Cs) – Ph. © Gianni Termine

La tradizione civitese nelle immagini di Gianni Termine e nel testo di Maria Diana Bellizzi

«Il costume di gala degli albanesi d’Italia, con le sue preziose stoffe di raso, broccato, di seta e oro, in una armonica combinazione di colori, con ricami preziosi, testimonia, come i canti, le prosperità dell’Albania quando gli esuli l’abbandonarono»
(Ernest Koliqi)

Il rito collettivo si ripete ogni anno nel primo martedì dopo la Pasqua, retaggio di un’usanza che in passato si protraeva dalla Domenica di Risurrezione fino al Martedì in Albis, in un turbinio di musiche, canti e costumi sgargianti di seta e velluti ricamati a fili d’oro. Si tratta delle vallje le antiche danze di gruppo che gli albanesi d’Italia o arbëreshë  inscenano ogni anno in alcune delle loro comunità presenti in Calabria. La scelta del martedì dopo Pasqua (Vallja e martës së Pashkëvet) non è casuale per un popolo come quello arbëreshë legatissimo alle proprie tradizioni, oltre che alla propria lingua: si tratta infatti della rievocazione della vittoria che l’eroe nazionale Giorgio Castriota Skanderbeg riportò nel martedì di Pasqua del 24 aprile 1467 contro l’esercito turco salvando la cittadella di Kruja, in una strenua lotta per la difesa della cristianità e della libertà del popolo albanese. Del resto proprio allo Skanderbeg si deve uno dei vari flussi migratori che fra XVI e XVIII secolo dettero vita alla diaspora degli Albanesi verso il Sud Italia, ossia quello favorito dalla corte aragonese di Napoli alla quale il condottiero e i suoi uomini avevano reso servigi militari.

Sebbene motivate da un ricordo bellico, le vallje sono al tempo stesso un’occasione di raduno per gli appartenenti all’etnia arbëreshë, uniti in un giorno speciale dell’anno da lingua, usi e costumi che mirano il più possibile a preservare. Fra le più conosciute ci sono le vallje di Civita (Çifti), il borgo in provincia di Cosenza affacciato sulle splendide Gole del Raganello. Qui ogni anno si riuniscono uomini e donne – del luogo e di altri paesi arbëreshë – che, vestiti in costume tradizionale e tenendosi a catena per mezzo di fazzoletti, sono guidati da giovani che li fiancheggiano, detti flamurtarë (portabandiera). La vallja è infatti una danza di gruppo che appartiene alla tipologia della ridda, antico ballo di più persone che girano in tondo tenendosi per mano e cantando. Caratterizzata da ritmi concitati, sulle note di chitarre, fisarmoniche e organetti, mostra assonanze con le danze montanare del Dukagini, in Albania, e della Rugova, regione montuosa della Kossova e dell’Epiro.
 

Le vallje di Civita

Le Vallje di Civita (Cs) – Ph. © Gianni Termine

Le vallje di Civita

Il murale con l'eroe nazionale Skanderbeg in lotta contro i Turchi, Civita (Cs) – Ph. © Gianni Termine

Le vallje di Civita

Le Vallje di Civita (Cs) – Ph. © Gianni Termine

Le vallje di Civita

Le Vallje di Civita (Cs) – Ph. © Gianni Termine

Le vallje di Civita

Le Vallje di Civita (Cs) – Ph. © Gianni Termine

Le vallje di Civita

Le Vallje di Civita (Cs) – Ph. © Gianni Termine

Le vallje di Civita

Le Vallje di Civita (Cs) – Ph. © Gianni Termine

Le vallje di Civita

Le Vallje di Civita (Cs) – Ph. © Gianni Termine

Le vallje di Civita

Le Vallje di Civita (Cs) – Ph. © Gianni Termine

Le vallje di Civita

Le Vallje di Civita (Cs) – Ph. © Gianni Termine

Le vallje di Civita

Le Vallje di Civita (Cs) – Ph. © Gianni Termine

Le vallje di Civita

Le Vallje di Civita (Cs) – Ph. © Gianni Termine

 
I partecipanti percorrono insieme danzando le pittoresche vie del paese, muovendo dai vicinati (gjitonie) per arrivare al momento coralmente più entusiasmante sulla Piazza centrale, in un susseguirsi di canti dal contenuto epico, narranti la resistenza contro i Turchi (fra questi celebre è il Canto di Scanderbeg, del martedì di Pasqua, che rievoca il terzo assedio turco della città di Kruja),  ma anche di rapsodie, storie di amore e morte, canti augurali o di sdegno. Una vera impronta marziale ha infine la danza degli uomini (vallja e burravet), che nei movimenti rievoca la tattica di combattimento di Skanderbeg contro i suoi nemici. Non a caso nelle vallje spesso il visitatore forestiero viene ”catturato” nelle spire della danza come lo era il nemico turco negli accerchiamenti dell’esercito albanese, e la liberazione avviene al prezzo di un simbolico riscatto consistente nell’offerta di dolci e liquori.

Prerogativa, in passato, di quasi tutti i paesi arbëreshë, oggi le vallje sono per lo più circoscritte  alle comunità albanesi di Barile, Civita, Cervicati, Lungro, San Benedetto Ullano, San Demetrio Corone, Santa Sofia d’Epiro, Ejanina, Firmo, Frascineto e San Basile, e costituiscono non una mera manifestazione folklorica bensì un momento di vera e propria affermazione identitaria che si rinnova ogni anno.

Maria Diana Bellizzi

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