Identificata in Calabria inedita fusione del celebre Crocifisso dell’Algardi

Una delle fusioni del Crocifisso di Alessandro Algardi, bronzo, 1646, Art Institute of Chicago

Una delle fusioni del Crocifisso di Alessandro Algardi, bronzo, 1646, Art Institute of Chicago – Ph. Garrett Rock | CCBY2.0 | Per l’esemplare calabrese v. photo gallery a centro pagina

di Pietro Mazzolari

La sua versione più bella è considerata il Crocifisso bronzeo custodito presso il romano Palazzo Pallavicini Rospigliosi costruito dal cardinale Scipione Borghese sul colle del Quirinale, ma una inedita versione settecentesca in ottone è stata identificata nei giorni scorsi in Calabria durante il restauro di alcune opere della Cattedrale di Gerace (Reggio Calabria) eseguito da Giuseppe Mantella insieme ad un gruppo di studenti dell’Università degli Studi di Trento. Parliamo del celebre Crocifisso Pallavicini di Alessandro Algardi, scultore di origini bolognesi ma a lungo attivo a Roma, la cui grandezza è da molti accostata a quella del Bernini. Si ritiene che il prototipo di questo crocifisso sia da identificarsi con il perduto esemplare d’argento alto tre palmi che lo scultore donò ad Innocenzo X insieme al gruppo del Battesimo intorno al 1646. Il modello algardiano, a sua volta ispirato al dipinto di Guido Reni conservato a Roma in San Lorenzo in Lucina,  rappresenta una importante e fortunata interpretazione del tipo del crocifisso vivente, un’iconografia diffusa nel ‘600 volta a cogliere il momento del passaggio dall’agonia del Cristo-Uomo alla gloria ed estasi del Dio-vivente. Diverse furono le “riedizioni” di quella che a partire dalla seconda metà del ‘600 diventò una delle opere devozionali più celebri della Roma Barocca.

L’attribuzione dell’esemplare calabrese si deve al restauratore Sante Guido, docente presso l’Università di Trento, che ha ravvisato il collegamento con l’Algardi mentre si trovava in visita al cantiere di Gerace, sede della seconda tappa del progetto di studio e restauro “Un’estate tra Arte e Fede nella Diocesi di Locri – Gerace”  nato da un’idea di Giuseppe Mantella e promosso dalla diocesi di Locri-Gerace. “Nessuno – ha detto Guido – si era mai accorto che si tratta di una fusione del famosissimo crocifisso di Algardi detto Pallavicini. Questa di Gerace è una delle molte versioni di quello che per lunghi anni è stato considerato un prototipo ideale”. Il restauratore, che già in passato si è occupato di alcuni crocifissi realizzati in vari materiali sul modello algardiano in occasione di una mostra tenutasi a Malta e dedicata ad opere di scultura del Barocco Romano presenti sull’isola, ha evidenziato come sulla base dell’opera calabrese e sui sei monumentali candelieri che la accompagnano, compaia lo stemma del marchigiano Idelfonso Del Tufo, Vescovo di Gerace dal 1730 al 1748. “Il crocifisso – ha aggiunto – deve essere stato acquistato a Roma dove gli allievi di Algardi, ad esempio lo scultore Ercole Ferrata, conservavano le matrici del maestro per le fusioni in bronzo. L’opera di Gerace è una perfetta e difficilissima, nonché molto rara in Italia, fusione in ottone e questo la rende unica e preziosa nell’ambito della scultura in metallo di Età Barocca“. Circa la certezza dell’attribuzione, lo studioso sottolinea come “stilisticamente i raffronti con le versioni più celebri siano schiaccianti”.

Il Cristo algardiano è raffigurato con il capo reclinato sulla destra e lo sguardo rivolto verso l’alto, con postura lievemente arcuata all’altezza del bacino avvolto da un drappo lasciato libero di fluttuare sul lato destro. Innovativa la scelta di raffigurare il Salvatore crocifisso con quattro chiodi, senza cioè la più comune sovrapposizione dei piedi in un’unica inchiodatura, il che diminuisce la tensione del corpo permettendo allo scultore di ottenere una figura più armonica ed equilibrata.
 

Identificata in Calabria una inedita fusione in ottone del celebre Crocifisso Pallavicini dell'Algardi

Fusione in ottone del 'Crocifisso' dell'Algardi, XVIII sec., Cattedrale di Gerace (RC)

Identificata in Calabria una inedita fusione in ottone del celebre Crocifisso Pallavicini dell'Algardi

Fusione in ottone del 'Crocifisso' dell'Algardi, XVIII sec., Cattedrale di Gerace (RC)

Identificata in Calabria una inedita fusione in ottone del celebre Crocifisso Pallavicini dell'Algardi

Fusione in ottone del 'Crocifisso' dell'Algardi, XVIII sec. (part.), Cattedrale di Gerace (RC)

Identificata in Calabria una inedita fusione in ottone del celebre Crocifisso Pallavicini dell'Algardi

Fusione in ottone del 'Crocifisso' dell'Algardi, XVIII sec. (part.), Cattedrale di Gerace (RC)

Identificata in Calabria una inedita fusione in ottone del celebre Crocifisso Pallavicini dell'Algardi

Fusione in ottone del 'Crocifisso' dell'Algardi, XVIII sec. (part.), Cattedrale di Gerace (RC)

 
UN’ESTATE TRA ARTE E FEDE: TUTELA E RISCOPERTA DI UN PATRIMONIO

La scoperta di Gerace, come si accennava all’inizio, si inserisce all’interno di “Un’estate tra Arte e Fede nella Diocesi di Locri – Gerace”, progetto che punta a tutelare e a valorizzare una serie di beni storico-artistici locali attraverso un approccio multidisciplinare che coinvolge le competenze di specialisti nel settore del patrimonio culturale e nuove generazioni di studiosi, promuovendo la condivisione del sapere. Presentata lo scorso 4 luglio da Sua Eccellenza Mons. Francesco Oliva, vescovo di Locri Gerace, Salvatore Patamia, Direttore del Segretariato Regionale del MiBACT per la Calabria, Margherita Eichberg, Soprintendente per le Belle Arti e il Paesaggio della Calabria, Giuseppe Mantella della Ditta Giuseppe Mantella Restauro Opere d’Arte, don Fabrizio Cotardo parroco della chiesa Matrice di Caulonia, e Francesca Martorano, Direttore del Dipartimento di Patrimonio, Architettura, Urbanistica – PAU – dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria, l’iniziativa si è posta come obiettivo quello di coordinare competenze diverse, istituendo un protocollo operativo che potrà divenire il prototipo di un futuro piano integrato di recupero e manutenzione da attuarsi nella diocesi stessa o in quelle vicine. La diocesi di Locri – Gerace, estesa da Monasterace a Bruzzano nella provincia di Reggio Calabria, conserva infatti all’interno delle proprie chiese e santuari opere di particolare rilievo sia dal punto di vista storico artistico che religioso. Un patrimonio comune spesso poco noto, che, tramite questa iniziativa, si vuole tutelare e far conoscere.

Gli interventi in programma hanno previsto un approccio globale e integrato, realmente interdisciplinare, in modo da ricostruire un quadro completo sulla storia, sulla composizione materica e sullo stato di conservazione delle opere da restaurare. Sulla base di una collaborazione fra Diocesi di Locri-Gerace e Soprintendenza territoriale, enti proprietari e preposti alla tutela avranno il compito di dettare le linee guida degli interventi e predisporre i piani esecutivi, oltre che vigilare sulla loro esecuzione materiale. Il progetto ha previsto anche l’apporto dell’Università (Dipartimento Patrimonio, Architettura, Urbanistica dell’Università Mediterranea di Reggio Calabria) parte attiva nella formulazione del programma di ricerca e nella sua attuazione, tra studi storici e indagini diagnostiche. Essa sarà presente con propri tutor, incaricati di seguire gli studenti nella fase operativa; le attività di rilievo geometrico e la modellazione 3D, che interesseranno in particolare i siti di Caulonia e Gerace e saranno eseguite su progetto del prof. Franco Prampolini.

Il coordinamento degli interventi in loco è stato affidato alla ditta Giuseppe Mantella Restauro Opere d’Arte che garantisce, con la presenza dei propri tecnici specialisti nei diversi settori della ricerca e del restauro, una costante e diretta supervisione del progetto. Da rilevare, nel gruppo di lavoro, la presenza di tanti giovani che attraverso un confronto concreto e l’integrazione fra competenze diverse, potranno fra luglio e agosto fornire un importante contributo e accrescere il loro percorso formativo, professionale e umano. Si tratta di studenti universitari provenienti da tutta Italia, allievi dei corsi di formazione per la tutela e la conservazione di Beni storico-artistici istituiti dalla Provincia di Reggio Calabria, partecipanti al Master internazionale-Corso di Alta Formazione in Conservazione e Restauro dei Beni Culturali organizzato da Co.Re, e giovani della Diocesi di Locri-Gerace, primi depositari della cultura e della tradizione artistica e religiosa del territorio che si intende promuovere.

GLI INTERVENTI

Il progetto, che si articola dal 4 luglio al 3 settembre 2016, ha previsto un primo intervento presso la Chiesa matrice di Caulonia con indagini conoscitive e operazioni di restauro sul monumento funebre di Giacomo Carafa morto nel 1489, capostipite dei Carafa della Spina, signori di Roccella e feudatari di Castel Vetere. L’imponente sepolcro marmoreo rappresenta il più cospicuo esempio di tomba monumentale di primo Cinquecento in Calabria, opera del palermitano Antonello Gagini, principale rappresentante della produzione scultorea meridionale di epoca rinascimentale. L’intervento conservativo è stato esteso anche ad alcuni elementi dell’arredo liturgico in argento conservati all’interno della chiesa e in pessimo stato di conservazione; fra essi il Braccio reliquiario di Sant’Ilarione al Reliquiario del Sacro Capello, preziose testimonianze dal punto di vista storico-artistico legate alla committenza Carafa nel XVII secolo.

Il secondo intervento ha riguardato la Cattedrale di Gerace, dove – in un laboratorio appositamente allestito – sono stati studiati un pulpito e alcuni altari barocchi in marmi policromi oggi conservati nei depositi in quanto a suo tempo considerati incongrui con le forme rigorose e spoglie della struttura romanica-normanna. Un intervento conservativo ha riguardato la pala d’altare proveniente dalla chiesa dell’Annunziata di Gioiosa Ionica Superiore e la Statua lignea di San Leonardo, proveniente dalla chiesa di San Nicola a Portigliola. Restaurati anche il Crocifisso in ottone e i candelabri in bronzo dorato dell’altare maggiore.

Il progetto prevede, infine, dal 22 agosto, il trasferimento nella sede del Santuario della Madonna della Montagna a Polsi, ove ci si occuperà di alcuni degli oggetti più significativi del Santuario con l’intento di approfondirne le conoscenze storiche, religiose, etnografiche e scientifiche, predisponendo quanto sarà necessario per garantirne la pubblica fruizione e, al tempo stesso, preservarne lo stato conservativo.

Nelle tre località della diocesi sono stati previsti laboratori di indagine e restauro realizzati in modo tale da rendere visibili le attività che vi si svolgono: un vero e proprio “cantiere aperto” che sta coinvolgendo cittadini, turisti e devoti nel processo conservativo di questo prezioso patrimonio comune.

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