Fra gelosie e malefici, una storia d’amore e morte sul mare di Napoli e il dipinto della Madonna della Catena

Napoli_Pitloo

Anton Sminck van Pitloo – Castel dell’Ovo dalla spiaggia, XIX sec.

di Carlo Missaglia

A Napoli, ogni quartiere, ogni rione, fors’anche ogni strada ha il suo Santo, Santa, Madonna o Gesù, eletto a protettore di quella comunità. Il riferimento va fatto quasi sempre alla chiesa madre del luogo. Cosi a Capodimonte c’e il Volto Santo, a Posillipo alto Santo Strato, alla Sanità Vincenzo de’ Paoli, ‘O munacone, al Vomero San Telmo, e non Sant’Elmo come generalmente si crede, un frate appartenente all’ordine dei domenicani e cosi via. A Santa Lucia la patrona è ” ‘A Madonna d’a catena”. Madonna che viene citata anche da Libero Bovio nella sua L’ultima tarantella: “Comm’a quanno mo fa l’anno / Me purtaste ‘nnanze ‘a chiesa / Da Madonna da catena”. La storia dell’immagine che campeggia nella sagrestia della omonima chiesa e quanto mai singolare, oserei dire avventurosa, tragica e romantica allo stesso tempo. Ha inizio nel 1575 e fine nel 1576.

Santa Lucia, come del resto Mergellina, e stata sempre la patria dei sommozzatori, “sonnotatori”, che venivano chiamati in qualunque parte del mondo quando si verificava un naufragio e bisognava recuperare dal relitto quanta piu mercanzia fosse stato possibile. Nel borgo dei luciani viveva un sommozzatore, “bello comme ‘o sole”, di nome Ricciulillo che racchiudeva in sè tante qualità. Era stato promessa in sposo a Reginella, la figlia di uno dei pescatori maggiorenti del luogo. Ma avvenne che Ricciulillo si innamorasse di un’altra luciana, Teresella, figlia di un umile pescatore e fosse determinato a sposarla. La cosa fece letteralmente impazzire di gelosia Reginella che meditò una vendetta nei confronti della coppia di innamorati.

Avvenne che Ricciulillo fosse ingaggiato con altri suoi colleghi da un armatore per recuperare, a Marsiglia, la merce di una nave affondata su delle secche al largo. La pingue ricompensa sarebbe stata un quarto di tutto il patrimonio recuperato. Questo avrebbe consentito ai teneri fidanzati di consacrare il loro sogno d’amore. Ricciulillo partì lasciando Teresella in lacrime sulla banchina del porto di Santa Lucia, non senza averle dato un amorevole bacio. Reginella, da lontano, assistette alla scena che le fece accrescere il livore nei confronti di Teresella rimasta sola col povero anziano genitore.

Per mettere in atto la sua rivincita, Reginella si reco da Soricella, una vecchia fattucchiera che prediceva il futuro, guariva dai mali e faceva anche morire la gente. La vecchia megera abitava in una spelonca al vico Grotta, molto simile ad un canile, col soffitto da cui pendevano luridi stracci e nastri untuosi. Sul fondo, in una nicchia scavata nel tufo, un teschio tarlato con avanti la luce fioca rendeva ancora piu tetro l’ambiente. Questo era l’habitat nel quale si muoveva la vecchia megera predicendo la sorte alle fanciulle credulone e confezionando strani intrugli medicamentosi. Reginella le si avvicinò stringendo in mano parecchie monete che le porse chiedendone gli uffici.

Fu cosi che, in una notte autunnale e serena, la vecchia si recò sulla spiaggia di Santa Lucia per mettere in atto il suo maleficio. Sulla spiaggia solitaria, scalza con i capelli arruffati e ricadenti sulla fronte, con una luce emessa da un po’ di grasso che reggeva nella mano, inizio il suo maleficio profferendo strane parole, bestemmie irripetibili e ignote formule. Poi si mise a scavare per seppellire sotto la sabbia la sua fattura: un piccolo cefalo pieno di spilli e avvolto in uno spago fino alla coda su cui era legato un nastro rosso da cui pendeva una palla di piombo. Reginella seguiva costernata i maneggi della vecchia che alla fine del sortilegio gridò il nome di Ricciulillo seguito da una sonora bestemmia. La trista, atterrita, emise un urlo straziante e svenne. In seguito nel rione si venne a sapere della fattura che era stata fatta contro il bel sommozzatore e la voce giunse anche a Teresella, la quale venne presa da un pianto dirotto. Il pensiero che il fidanzato non sarebbe piu tornato le fece perdere il sorriso e la giovialita. Si richiuse in se stessa.

Pensieri cupi e disordinati le affollavano la mente e l’agitavano tanto da farle perdere anche il sonno. Si svegliava per un nonnulla. Bastava il solo fruscio del batter d’ali di una mosca per farla sobbalzare. Col tempo divenne anche sonnambula. Un giorno approdò nel porticciolo di Santa Lucia una corallina, barca adibita alla pesca del corallo, i cui marinai raccontarono di essere scampati ad una violenta burrasca in cui avevano veduto inabissarsi una infinità di navi. Solo loro, fortunatamente, erano riusciti a salvarsi. Fra le altre imbarcazioni, una che urtò contro un banco a pelo d’acqua aveva all’albero maestro la Fiammetta dei luciani. La notizia ci mise poco a diffondersi nel quartiere e le reazioni delle due contendenti furono, come ben si comprende contrastanti. La vecchia fattucchiera corse da Reginella a riscuotere il premio mentre Teresella svenne e per due giorni non riprese conoscenza dopo di che restò chiusa in casa senza poter piu aiutare il vecchio e malandato genitore.

Nel mese di novembre avvenne un fatto singolare. Una mattina, dopo una nottata di burrasca, calmatasi improvvisamente con le prime luci dell’alba, sullo “scoglio d’o sale” svettò l’albero di maestra della barca di Ricciulillo con la sua bandierina di riconoscimento che ancora sventolava stancamente. Tutto il popolo di Santa Lucia si riversò sulla spiaggia davanti allo scoglio e, in quell’ora di bassa marea, vide abbracciati i corpi esanimi di Teresella e Ricciulillo. A poca distanza, sbattuta contro lo stesso scoglio, la barca del padre di Teresella con i remi abbandonati nell’acqua.

I vecchi racconteranno che durante la notte Teresella aveva immaginato il ritorno dell’amato e da sonnambula era scesa alla marina. Staccata dall’ormeggio la barca del padre e vogando con maestria gli andò incontro, ma nel frattempo la barca di Ricciulillo, perduta la rotta, era stata sbattuta contro quel maledetto scoglio. Nella notte si sentì la voce di Ricciulillo che chiamava Teresella e lei si spinse verso quella voce straziante per ricongiungersi a lui e morire uniti in un ultimo anelito di vita.

Quando i sommozzatori portarono in superficie le suppellettili recuperate dalla navicella, tra esse vi era anche una cassa nella quale era chiuso un bellissimo quadro della Vergine, stretto in una catena di bronzo. Si gridò al miracolo. Il quadro venne custodito in casa del luciano piu degno e l’immagine prese subito il titolo di Madonna della Catena. Si raccolsero fondi per costruire una nuova chiesa all’estremita inferiore di Santa Lucia, proprio di fronte allo “scoglio d”o sale”.

FdS – Courtesy of L’ISOLA

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