Storia del Grillo. Sull’isola di Mozia il vino dei Fenici profuma di mare

uva grillo

Grappolo di uva Grillo – Ph. SpacelivesLicense

Vi abbiamo raccontato l’isola di Mozia (Marsala) parlando della splendida statua dell’Efebo ospitata nel locale Museo Whitaker (v. QUI). Oggi intendiamo raccontarvi una nuova storia che ci riporta alle nobili e millenarie tradizioni gastronomiche della Sicilia ed è sempre da Mozia che riprende la nostra narrazione. Torniamo quindi sull’isola-città fondata dai Fenici alla fine dell’VIII sec. a.C., posta nella punta nord-occidentale della Sicilia, quasi di rimpetto a Marsala, dove il mare forma una laguna chiamata Stagnone di Marsala (riserva naturale dal 1984). E’ la seconda isola di quest’arcipelago per dimensioni; è immersa in uno scenario suggestivo fra le saline e i mulini a vento e risplende sotto un sole che illumina la sua antica storia facendo brillare i nivei cristalli di sale raccolti nelle vicinanze in alti cumuli, e sprigionando, all’alba e al tramonto, caleidoscopici effetti di luce. Al nome Mozia, Motya o Mothia sono stati via via attribuiti diversi significati: acqua stagnante, filanda (riferimento alla nobile arte di tessere e colorare di porpora i tessuti di cui i fenici furono grandi maestri e di cui a Mozia, nell’area industriale, sono state ritrovate chiare tracce) , ma l’ipotesi più recente è che quel nome significhi ‘attracco’, che ben si attaglia alla situazione dell’isola nello Stagnone di Marsala, dove il basso fondale e la chiusura della laguna consentivano un facile attracco, con il semplice aiuto di un palo ligneo infisso nel fondo.

Alla fine del 1800, Joshef Witaker erede di una famiglia inglese trasferitasi in Sicilia, appassionato studioso di scienze naturali (ornitologo), storia, archeologia, sport (fu il fondatore della Palermo Calcio) e vino, cominciò ad acquistare appezzamenti di terra da ciascuno dei 19 contadini proprietari dell’isola fino ad acquisirne la proprietà completa nel 1902. Nel 1906, Witaker, dette inizio ai primi scavi, scoprendo che su quarantacinque ettari di terreno agrario si nascondeva ben protetto sotto i trenta centimetri della stessa terra un’inestimabile quantità di reperti archeologici. Lui stesso ne rinvinne circa 10.000 catalogati e oggi visibili al Museo di Mozia. Dal 1971 l’isola è di proprietà della Fondazione “Giuseppe Whitaker”, costituita e voluta da Delia, figlia di Joseph, deceduta nello stesso anno.”

IL VINO DI MOZIA:

Il primo impianto moderno di vigneto sull’isola di Mozia pare risalga ai primi decenni dell’Ottocento quando l’area di Marsala divenne oggetto di interesse da parte di inglesi interessati a produrre un vino che facesse concorrenza al celebrel Porto. Non è però escluso però che anche in epoca precedente ci fossero vigneti sull’isola, sebbene non esistano documenti certi al riguardo. Si ipotizza peraltro che i Fenici – già noti per il vino dolce e speziato di Canaan (in Fenicia, l’odierno Libano) – avessero avviato qualche produzione anche sull’isola di Mozia. Del resto il vitigno Grillo da cui nell’800 si è prodotto ed è di recente tornato a prodursi l’omonimo vino bianco, è una pianta autoctona da epoca immemorabile, così come va inoltre sottolineato che nel corso degli scavi archeologici è emerso uno strato, e a volte più d’uno, di buche da vigna. Si tratta di evidenti tracce di reimpianti dei vigneti e di modifiche del loro orientamento. Non dimentichiamo infine il ritrovamento di numerose anfore di produzione locale, per alcune delle quali è stato possibile risalire al contenuto di granaglie, carni e pesce.

Come accennato, nel 1902 la proprietà dell’isola passò a Giuseppe Whitaker, membro di una famiglia inglese impegnata con successo nel commercio del vino Marsala. La coltivazione della vite fu conservata e si introdussero altre redditizie produzioni come quelle di ulivi e agavi. Come documentato negli archivi Whitaker, per la coltivazione delle vigne si faceva ricorso all’opera di mezzadri, i quali trasportavano la loro parte di raccolto sulla terraferma utilizzando carri che percorrevano un’ antica strada fenicia sommersa dall’acqua marina (v. QUI) fatta di un basolato a lastre calcaree nel dialetto locale definite “sulappe”; quella strada, che si trova ancora sotto mezzo metro di acqua, fu costruita dagli antichi abitanti dell’isolai nel VI sec.a.C. per collegarla alla costa. Si protrae per 1770 metri, con una carreggiata in origine larga 7 metri e a suo tempo consentiva il transito di due carri viaggianti in senso opposto. La parte di raccolto di spettanza al proprietario, veniva caricata su barche ancorate lungo la costa sud-occidentale dell’isola, nei pressi della attuale zona archeologica della “casa dei mosaici” (v. QUI).

Nei toponimi locali sono sopravvissuti i nomi di alcuni dei mezzadri, ad indicare i campi da loro coltivati o i magazzini di loro pertinenza (es. Marino, Passalacqua) mentre altri terreni conservano nei nomi riferimenti alla loro dimensione (dodici tummoli, secondo un antico sistema metrico siculiano) o alla loro forma (la vela). Oltre ai magazzini, ancora presenti nei campi, vi era nel centro abitato di Mozia una cantina approntata adattando una vecchia casa colonica costruita sui resti antichi e con le pietre dell’antica città di Mozia. La creazione di questo spazio necessitò dello scavo di una vasca per il mosto, il che comportò il danneggiamento di un muro del VII sec.a.C. Nel secondo dopoguerra un incremento di produzione rese necessaria la costruzione di un altro edificio nei pressi del primo, al cui interno furono posti tre silos in cemento. Negli anni Settanta del ‘900, a causa di un duro periodo di siccità, alcuni vigneti perirono e non vennero rimpiazzati, per cui si arrivò col tempo ad avere solo circa tre ettari di vigneto su di una superficie complessiva di circa quarantacinque. Col tempo la vinificazione sull’isola cessò del tutto e i due edifici della cantina furono adattati a deposito di attrezzi vari.

Nel 1999 utilizzando un vigneto superstite nella zona di Cappiddazzu (v. QUI), si pensò di rilanciare la produzione di uve Grillo del vigneto superstite per realizzare un passito. Una collaborazione con l’Istituto Vite e Vino della Regione Sicilia e la consulenza dell’enologo Giacomo Tachis hanno permesso di realizzare una vendemmia tardiva (cioè a fine ottobre). La vinificazione ha avuto luogo in una cantina sulla terraferma, poiché durante il restauro degli edifici di Mozia, nell’eseguirsi un controllo alle fondamenta della vecchia cantina, sono venuti alla luce due ‘insule’ dell’antica città e materiali databili fra l’inizio del VII sec.a.C e la metà del IV sec.a.C. L’area archeologica è stata quindi musealizzata ed è stato conservato solo uno dei tre silos in cemento a testimonianza dell’uso enologico di quei locali per circa quarant’anni.

Dal 1999 si è quindi ricominciato a guardare alla produzione vinicola come a una tipicità dell’isola di Mozia a complemento della sua vocazione archeologica. Quindi, è stato attuato un progetto di reimpianto di vigneto, di concerto con la Soprintendenza BB.CC.AA. di Trapani, utilizzando una superficie complessiva di circa dieci ettari, avvalendosi delle aree coltivate in precedenza per non creare danni alla stratificazione arecheologica.

oggi si contano circa 19000 viti oltre quelle del vigneto di Cappiddazzu e alle quali si aggiungeranno altre, mantenendosi nei dieci ettari complessivi di coltivazione di uva Grillo. Nel 2002 una piccolissima parte dell’uva vendemmiata è stata vinificata sull’isola ottenendone un buon vino da tavola, mentre il resto della produzione (anche per gli anni a venire) è stata in parte venduta ed in parte affidata ad una cantina per la produzione di un passito.

Dal 2007, la comune passione per l’isola di Mozia e per il recupero del vignento storico, ha unito in accordo La Fondazione Whitaker con i noti produttori di vino Tasca d’Almerita. I Tasca, partner esclusivi del progetto, pur con le difficoltà di gestione date dalla non presenza in loco dell’azienda, hanno accettato con entusiamo l’operazione vinificando l’uva Grillo in purezza, rigorosamente in acciaio per mantenere intatte le caratteristiche organolettiche dell’uva e dell’antico terroir.

Sono sette gli ettari di vigneto coltivati ad alberello di cui parte risalenti all’antica proprietà Whitaker, con reimpianti collegati alle sperimentazioni svolte per anni dall’Istituto della Vite e del Vino Siciliano. Il vigneto segue una coltura di tipo biologico, con sistema di allevamento ad alberello, una potatura corta e lunga alla “marsalese”, una densità di 4000 ceppi per ettaro e una resa di 70 quintali; le uve fermentano per 15 giorni ad una temperatura controllata di 16/18° C, per poi essere affinate in vasche di acciaio con il contatto di lieviti per un periodo di cinque mesi.

A Mozia la vendemmia si fa all’alba e l’uva viene sistemata con delicatezza in apposite cassette, poi caricata a spalla e subito trasferita via mare sulla terraferma, prima che il sole cominci a dardeggiare. Camion termocondizionati la ricevono per preservarne l’integrità organolettica. Viene quindi portata nella Tenuta dei Tasca d’Almerita, a Regaleali, dove viene lasciata riposare al fresco, fino alle 5/6 del mattino prima di passare ad una pressatura soffice e alle seguenti fasi della vinificazione.

VINO GRILLO, SCHEDA TECNICA:

• Vitigno: Grillo.
• Denominazione: Sicilia I.G.T.
• Zona vitivinicola: San Pantaleo (Mozia), isolotto dello “Stagnone”, a pochi chilometri dalla costa di Marsala (TP).
• Sistema di allevamento: Alberello.
• Tipo di potatura: Alla “marsalese” corta e lunga.
• Densità di ceppi per ettaro: 4.000.
• Resa di uva per ettaro: 50 q.
• Fermentazione: In vasche di acciaio a temperatura controllata di 16/18°C.
• Durata della fermentazione: 15 giorni.
• Affinamento: In vasca di acciaio in presenza di lieviti per 5 mesi.
• Gradazione alcolica: 12,50% Vol.
• Dati analitici del vino: AT 5,60 g/l – pH 3,30.

SCHEDA ORGANOLETTICA:

• Aspetto visivo: Giallo chiaro brillante con riflessi verdolini.
• Olfatto: Aroma complesso di frutta fresca, note floreali tipicamente mediterranee (ginestra, citronella, fiori gialli, anice, glicine, menta, note di fragolina, speziatura di pepe bianco) e una nota minerale.
• Gusto: Fresco e persistente, con spiccata sapidità e struttura.

I LUOGHI

Per voi un virtual tour nei luoghi che circondano l’isola del vino Grillo:

Lo Stagnone di Marsala:
Stagnone 1
Stagnone 2
Stagnone 3
Stagnone 4

Le Saline:
Saline 1
Saline 2

Fonti:
http://blog.essenzialmentevino.it/
www.deliziedelpalato.it

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