Turdiddhri: la Calabria natalizia in un dolce dalle antichissime origini

Piatto di turdiddhri calabresi - Image by Famedisud

Piatto di turdiddhri calabresi – Image by Famedisud

di Redazione FdS

Riprendiamo dalla Calabria il nostro viaggio alla scoperta dei Prodotti Agroalimentari Tradizionali (PATdelle regioni del Sud Italia e poiché siamo in periodo di festività, andiamo a raccontarvi un dolce che, insieme a tanti altri, allieta per tradizione la tavola natalizia di questa regione: i turdiddhri, detti anche turdilli in alcune località. Il registro nazionale dei PAT li segnala come tipici delle provincia di Cosenza, sebbene vengano preparati anche in altre aree della Calabria. L’uso da tempo immemorabile e il nome rimandano a una preparazione antica di millenni; si ritiene infatti che la parola dialettale turdiddhri debba farsi derivare dal termine latino tortilis (ritorto), riferibile alla forma ricurva conferita attraverso la pressione delle dita a tocchetti di pasta ottenuta unendo farina, vino rosso o moscato, buccia d’arancia, cannella e chiodo di garofano. L’origine romana (ma di probabile derivazione greca) trova riscontro nell’uso antico del vino in impasti a base di farina (ad es. nel panis artolaganus oppure nei mustacea) e del ricorso alla frittura per analoghi tipi di impasti (ad es. nel caso delle frictilia). Esiste anche una leggenda secondo la quale questo dolce sarebbe stato portato in Calabria da Brezio che, come scrive il cronachista Eustazio, era figlio di Ercole nonché capostipite dei Brettii e – stando a una tradizione d’epoca rinascimentale -, mitico fondatore di Cosenza. Quanto all’uso della cannella e del chiodo di garofano, queste spezie erano già note nell’antichità, quindi potrebbero aver già fatto parte della ricetta originaria così come essere state aggiunte successivamente dagli Arabi che di esse furono i grandi diffusori in Europa. Qualcosa di simile dicasi anche per le arance, già note ai Romani attraverso l’Asia Minore ma poi diffuse in Europa nel XV° secolo da marinai portoghesi.

La preparazione dell’impasto dei turdiddhri avviene disponendo la farina a fontana sulla spianatoia al cui centro si versa la miscela di vino e olio extravergine di oliva in cui si saranno fatte sobbollire delle scorze d’arancia, un pizzico di cannella e un chiodo di garofano. Questi sono gli ingredienti-base della ricetta tradizionale, ma talvolta all’impasto vengono aggiunte anche delle uova. Si lavorano gli ingredienti fin tanto che l’impasto non risulti morbido; quindi si stendono con le mani dei cilindri di pasta poi tagliati in tocchetti dai 3 ai 5 cm di lunghezza che si vanno a comprimere con le dita su un riga-gnocchi o sui rebbi di una forchetta a mo’ di un grande gnocco. Si scalda quindi l’olio in un tegame (tradizionalmente si usa quello extravergine di oliva) e, disposti ben distanziati, i turdiddhri si friggono per 5-6 minuti o comunque finché avranno assunto un colore dorato e una consistenza biscottata. Si ripongono quindi ad asciugare su un piatto rivestito di carta assorbente. In un altro tegame si scalda il miele di fichi o, in alternativa, il miele d’api, e vi si immergono i turdiddhri avendo cura di rigirarli con un cucchiaio affinché risultino ben conditi.

LA RICETTA 

Ingredienti:

800 gr. di farina tipo ”0”
1 bicchiere (per acqua) di vino rosso Cirò Doc o altro rosso di qualità (in alternativa, moscato)
1 bicchiere (per acqua) scarso di olio extravergine di oliva
buccia di 2 arance (rigorosamente biologiche)
1 pizzico di cannella
1 chiodo di garofano
450 ml miele di fichi (cotto di fichi)
Olio extravergine di oliva per la frittura (l’alternativa moderna è l’olio di girasole)

Preparazione:

Preparate in un pentolino la miscela di vino, olio, bucce d’arancia (a cui avrete raschiato il più possibile la parte bianca), cannella e chiodo di garofano. Fate sobollire il tutto a fiamma bassa per qualche minuto e lasciate raffreddare. Preparate la farina in una larga coppa di ceramica (è comoda per preparare l’impasto grezzo), aggiungete il composto liquido e lavorare energicamente a mano. Se l’impasto dovesse risultare troppo morbido, aggiungete dell’altra farina; se invece troppo duro aggiungete un po’ alla volta dell’altro vino. L’impasto da ottenere non deve essere né troppo morbido né troppo duro (affondandovi due dita deve trattenere la forma). Dopo aver amalgamato bene gli ingredienti, vi consigliamo di trasferire l’impasto sulla spianatoia in modo da poterlo lavorare  più a fondo. Coperto con uno strofinaccio, lasciatelo riposare per una decina di minuti sulla spianatoia.

Con un tarocco o un coltello a lama liscia tagliate quindi un pezzo di pasta alla volta e stendetelo con le mani in forma di cilindro di spessore medio e uniforme in tutta la sua lunghezza. Tagliate quindi dei tocchetti della lunghezza di tre dita e disponeteli in un angolo della spianatoia dove avrete sparso un po’ di farina, dopodiché usando un riga-gnocchi o i rebbi di una forchetta, trasformate – con la pressione di tre dita – ciascun tocchetto di pasta in un grande gnocco. Procedete così fino ad esaurimento dell’impasto.

Sul fornello a fiamma media mettete a riscaldare abbondante olio di oliva o in alternativa olio di girasole, in cui andrete a friggere i turdiddhri; prima però saggiate la temperatura raggiunta dall’olio ponendo nel tegame un piccolo pezzo di impasto (l’olio è pronto quando esso comincerà a sfrigolare). Disponete i turdiddrhi nel tegame lasciando un po’ di distanza l’uno dall’altro e, girandoli spesso, fateli friggere per circa 6 minuti o comunque finché avranno assunto un colore dorato e una consistenza biscottata. Riponeteli quindi ad asciugare in un grande piatto rivestito di carta assorbente. In un altro ampio tegame scaldate il miele di fichi o, in alternativa, il miele d’api (in caso di eccessiva densità del miele aggiungete un po’ d’acqua), nel quale andrete a immergere i turdiddhri avendo cura di girarli più volte con un cucchiaio in modo che risultino ben conditi. Disponeteli in un vassoio cospargendoli con dell’altro miele e serviteli freddi su un piattino da dessert, magari guarniti con qualche julienne di buccia d’arancia e accompagnati da un liquore dolce o un vino liquoroso. Nell’attesa che vengano consumati tutti, potete conservarli nello stesso vassoio, dopo averlo ben coperto e riposto in un ambiente fresco.

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