Trionfale chiusura per il Bari International Music Festival. Promesse di una rassegna che ha scelto la qualità come principio guida

I protagonisti dell'ultima serata del BIMF

I protagonisti dell’ultima serata del BIMF

di Enzo Garofalo

Promette di diventare – e glielo auguriamo di tutto cuore – la rassegna cameristica più importante di Puglia. Ne ha le competenze, i numeri, le qualità artistiche. In realtà attende di diventarlo solo nel riscontro ufficiale da parte di tutte le istituzioni del territorio, perché nei fatti già lo è; e quando parliamo di istituzioni ci riferiamo soprattutto al Comune di Bari che, per essere il Bari International Music Festival un evento intitolato al capoluogo pugliese, continua inspiegabilmente ad essere snobbato da Palazzo di Città; infatti – salvo una nostra svista, nel qual caso facciamo ammenda – non ci è parso di vedere rappresentanti ufficiali in alcuno dei cinque concerti che, insieme a lezioni intensive, seminari e guide all’ascolto hanno costituito per il secondo anno consecutivo il ricco cartellone della rassegna, conclusasi lo scorso 8 giugno dopo aver fatto il tutto esaurito ad ogni appuntamento. Un dato – questa disattenzione – tanto più inspiegabile, se si pensa che tre capacissimi giovani, due baresi (Fernando Altamura e Stefania Gianfrancesco) e uno australiano (David Fung) è da due anni che con grande impegno e altrettanto grandi risultati, mettono al servizio della città e della regione la loro capacità organizzativa, i loro contatti con musicisti di tutto il mondo (e che musicisti!) e le loro qualità artistiche, nel produrre una manifestazione di altissimo livello, la cui eco è giunta fino in nord Europa (da cui sono arrivate prenotazioni) e negli USA dove il BIMF è già riuscito a piazzare alcuni dei suoi concerti oltre che a reperire sponsorizzazioni.

Intanto il pubblico degli ‘aficionados’ vorrebbe già conoscere il progetto artistico del prossimo anno che – a dire degli organizzatori – “verterà su un tema non meno emozionante di quello dell’edizione 2013” la quale com’è noto, è stata incentrata intorno al ciclo Principio-Vita-Morte-Metamorfosi-Rinascita. E proprio alla ‘Rinascita’ si è ispirato l’appuntamento conclusivo del BIMF che lo scorso 8 giugno ha visto ancora una volta sullo stage dell’Auditorium Vallisa, nel suo secolare e splendido contesto architettonico, un parterre di musicisti di prim’ordine impegnati in formazioni diverse nella esecuzione di due composizioni poco ricorrenti nelle programmazioni a cui siamo abituati alle nostre latitudini.

Un’occasione eccezionale per il pubblico di scoprire innanzitutto il lato meno ‘ostico’ della produzione di un compositore come Arnold Schönberg noto principalmente alla grande platea per essere stato uno dei compositori del XX secolo maggiormente intervenuto a scardinare le regole del sistema tonale attraverso l’applicazione della scrittura cosiddetta dodecafonica. Del celebre compositore austriaco è stato proposto il brano “Verlachte Nacht op. 4”, un’opera per sestetto d’archi del 1899 composta di getto nell’arco di tre settimane ispirandosi ai versi omonimi di Richard Dehmal, uno dei più noti poeti tedeschi di fine secolo. Un incontro fra un uomo e una donna, la rivelazione di un tradimento e dell’attesa di un figlio da un altro uomo, l’inaspettato perdono come gesto magnanimo suggerito da un amore incondizionato, gesto al quale sembra partecipare anche una natura trasfigurata: questi i punti nodali di un brano in cui le arditezze armoniche dell’autore – peraltro ancora lontano dalle soluzioni dodecafoniche – si radicano su un substrato che riporta ancora ad autori come Brahms e Wagner, eppure non sufficiente a scongiurare le polemiche e le contestazioni insorte alla sua apparizione al Wiener Tonkunstlerverein nel 1903. Tuttavia quest’opera, soprattutto nella nuova trascrizione per orchestra d’archi, avrebbe garantito a Schönberg una popolarità superiore a quella dei lavori successivi. Un sestetto d’eccezione ha intessuto con maestria volute melodiche, intrecci contrappuntistici e arditezze armoniche e ritmiche, in un mirabile gioco ad incastri nel quale si sono fatti notare soprattutto gli straordinari violini del coreano Dennis Kim e della sino-canadese Cornelia Paw e la impeccabile viola del napoletano Ettore Causa, dialoganti con i violoncelli del coreano Jonah Kim e della tedesca Simone Drescher, e la viola della spagnola Ana Mba Flores.

Grande attesa nella seconda parte del concerto – come sempre integrato dalle interessanti note introduttive di Stefania Gianfrancesco – per la Sagra della Primavera di Stravinskij nella versione concepita per due pianoforti: un’edizione che pur scarnificata della ricchezza timbrica e coloristica di un’orchestra sinfonica ha offerto ancora una volta l’occasione per saggiare la complessità di scrittura di quella che può considerarsi una delle composizioni più importanti e significative del XX secolo, fra l’altro fresca di Centenario (1913 – 2013). L’omaggio del BIMF ad un grande autore e a un’opera-spartiacque ha visto impegnati sul palco della Vallisa, in un vero tour de force di circa 32 minuti, gli eccellenti pianisti David Fung (direttore artistico australiano del BIMF) e la sua omonima Janelle Fung. Mezz’ora di concentrazione assoluta, degli interpreti e del pubblico, intorno ai ritmi ossessivi, ai tesi e stridenti effetti timbrici, ai modi complessi di quest’opera sublimemente titanica e apertamente ispirata ad antichi riti pagani russi e a melodie popolari tradizionali; il tutto pervaso dalla sensazione dell’irrompere di quelle energie primordiali che da sempre garantiscono il rinnovarsi del ciclo vitale. Al termine, applauso lungo e scrosciante per tutti gli interpreti prima del commiato da un festival al quale auguriamo lunga vita, certi che negli anni a venire non abbandonerà la sua vocazione alla qualità, eletta a principio-guida per autentico amore della Musica.

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