Scomparsa la calabrese Adele Cambria, grande firma del giornalismo italiano

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La giornalista Adele Cambria - Ph. Mihai Romanciuc | CCBY2.0

La giornalista Adele Cambria – Ph. Mihai Romanciuc | CCBY2.0

“A me non piace piacere a molti, ma solo ai pochi a cui piaccio”
Adele Cambria

di Kasia Burney Gargiulo

Basterebbe questo breve motto, posto ad apertura del suo blog personale, per dare l’idea di un carattere determinato e indipendente, qual’era quello che per 84 anni ha animato questa donna – minuta nel fisico, ma monumentale nella statura intellettuale – arrivata dalla Calabria nella Roma del 1956 inseguendo il sogno di diventare giornalista. Un’aspirazione che Adele Cambria – scomparsa ieri nella Capitale a causa di una grave malattia – realizzò diventando una delle migliori firme del panorama nazionale. Un lavoro, quello della scrittura, scelto dopo una laurea in Giurisprudenza e il mancato ingresso in magistratura e perseguito con la spinta ideale propria di chi riteneva che il giornalismo potesse e dovesse offrire uno sguardo autentico e critico sul mondo, purchè esercitato in assoluta libertà. Suo anche il gusto per la bella scrittura e per la narrazione, fatta andando nei luoghi, parlando con le persone, osservando. Insomma una visione del lavoro del giornalista come testimone.

Adele Cambria – con un cognome che evoca quello letterario del marinaio calabrese di Orcynus Orca, noto romanzo di Stefano D’Arrigo – arrivò dunque a Roma dal Sud, una terra che a quel tempo era per molti versi ancora atavica e, soprattutto, ancora crudele con le donne. In un suo libro lei, che fin dagli albori era stata vicina al movimento femminista, non potè ad esempio non stigmatizzare la tradizione di quel lenzuolo macchiato di sangue esposto alla finestra dopo la prima notte di nozze e il tremendo imbarazzo della giovane sposa oppure le proprie lezioni a Messina da studentessa universitaria obbligata ad essere accompagnata dalla madre. Un Sud di cui mal sopportava le contraddizioni ma di cui amava profondamente le bellezze paesaggistiche e quella straordinaria fucina di civiltà che fu la Magna Grecia.

A tal proposito, ne I quaderni di InStoria N° 2 scrisse di come ai suoi tempi “non ci si muoveva agevolmente nelle terre del Sud, e ben volentieri si fuggiva verso il Nord, che per la mia famiglia cominciava subito dopo Napoli…” ma al tempo stesso ricordava con piacere il viaggio fatto con la II D del Liceo Classico Tommaso Campanella di Reggio Calabria al Teatro Greco di Siracusa, per vedere e ascoltare l’Orestea di Eschilo: “Quell’esperienza – scrisse – fu quel che, più tardi, avrei riconosciuto come un’iniziazione alla tragedia greca, nella quale ancora oggi (mezzo secolo dopo) continuo a sentire l’essenza stessa del teatro. Perché, mi chiedo, la dimensione narrativa (oltre che poetica) della tragedia ha saputo strutturare l’inconscio duemila anni prima dell’arrivo di Freud e di Jung? Che cosa sono gli Dei e le Dee dell’Olimpo, se non l’incarnazione psichica dei nostri vizi e delle nostre virtù?”. E nella tragedia greca ravvisava anche le origini mitiche di Reggio, la sua città, per la quale – come ha ricordato il giovane sindaco Giuseppe Falcomatà – la giornalista aveva “un amore viscerale” a differenza del rapporto con i reggini “per molti versi conflittuale”. L’estate la riportava nell’estrema punta dello Stivale, alla sua spiaggia preferita di Catona, mentre il resto dell’anno – ricorda ancora il sindaco – “seguiva da Roma tutte le vicende cittadine con attenzione e non mancava di discuterle e di commentarle anche dalle colonne dei giornali con cui collaborava”.

E a proposito di giornali, Adele Cambria aveva negli anni collaborato con i principali quotidiani – tra cui Il Giorno, appena fondato da Gaetano Baldacci, Il Mondo di Mario Pannunzio, Paese Sera, L’Espresso, La Stampa, L’Unità, oltre a scrivere per varie riviste e a pubblicare diversi libri. Nel 1971 incontrò Adriano Sofri e divenne direttore responsabile del quotidiano Lotta Continua, ruolo che scelse di ricoprire per garantire al giornale la libertà di espressione e una regolare uscita; una posizione che nel 1972 – all’indomani dell’omicidio del commissario Calabresi – le costò un processo per apologia di reato dal quale peraltro uscì assolta. Negli anni Settanta diresse anche la rivista Effe, il primo magazine del movimento femminista.

E’ stata una donna capace di imporsi come una figura centrale nella cultura italiana pre e post-Sessantotto, accanto a colleghe come Camilla Cederna e Oriana Fallaci, contribuendo insieme a loro a costruire la storia del giornalismo italiano. Vicina alla sinistra progressista e al Partito radicale di Marco Pannella, partecipò in prima persona a grandi battaglie civili come quelle per la depenalizzazione dell’aborto e per l’introduzione del divorzio in Italia.

Sposata con il giornalista Bernardo Valli, ospitò spesso Pier Paolo Pasolini nella loro casa romana diventandone grande amica, e in quello stesso luogo, ancora giovanissima, il grande scrittore e regista le chiese di interpretare il ruolo di ‘Nannina la napoletana’ nel film Accattone (1961), debutto cinematografico a cui fece seguito la partecipazione ad altre sue due pellicole, Comizi d’amore (1965) e Teorema (1968).

Insieme alla nota scrittrice Dacia Maraini, è stata fra le fondatrici e le animatrici del Teatro La Maddalena di Roma, diventato simbolo del pensiero femminista degli anni Settanta, e fu lei stessa autrice di opere destinate al teatro. Diversi anche i suoi lavori di saggistica e narrativa fra cui una biografia sull’ultima regina d’Italia intitolata Maria Josè (Longanesi, 1966), L’italia segreta delle donne (Newton Compton editore, 1984), Tu volevi un figlio carabiniere (Stampa Alternativa, scritto insieme al figlio Luciano Valli, 1997), Storia d’amore e schiavitù (Marsilio, 2000), finalista al premio “Elsa Morante” e in concorso al premio Strega, fino all’ultimo In viaggio con la zia (ed. Città del Sole), che nella forma del romanzo pedagogico racconta un originale itinerario culturale tra Calabria e Sicilia con protagoniste una “Zia” cinquantenne, giornalista e reduce “non pentita” del Sessantotto e delle lotte femministe, e le sue nipoti quattordicenni; un affascinante percorso che partendo da Locri si dipana lungo i luoghi dell’antica Magna Grecia, con tante figure di donne al centro di miti, culti, tradizioni e storia. Tematiche che hanno costituito oggetto anche di una trasmissione realizzata per Rai Cultura. E sempre per la TV di Stato ha realizzato, da autrice, Trittico meridionale, una serie di tre trasmissioni sul Meridione d’Italia dedicate rispettivamente all’etnologo Ernesto De Martino, all’anarchica, femminista e scrittrice siciliana Maria Occhipinti e alla sua amata, e mai dimenticata, città di Reggio Calabria.

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