Riflettori su San Nicola di Casole, faro di civiltà dimenticato. Stefàno scrive al Ministro Bray: «Strappiamo l’abbazia di Casole alla distruzione assoluta»

san nicola casole

Puglia – Scorcio dei resti dell’Abbazia di San Nicola di Casole, Otranto (Lecce)

di Redazione FdS

Se non fa notizia il rumore delle pietre che rotolano al suolo del nostro sciagurato patrimonio storico-artistico, sempre più abbandonato a se stesso, fa notizia – e ben venga – la lettera che un rappresentante delle istituzioni scrive ad un suo collega per esortarlo ad intervenire su un bene dimenticato, un edificio nel quale si è vissuta una delle pagine più illustri della storia della cultura occidentale. Parliamo del senatore Sel Dario Stefàno, autore della lettera, e del suo conterraneo Massimo Bray, Ministro dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, mentre il bene è il Monastero di San Nicola di Casole in territorio di Otranto (Lecce). La lettera aperta di Stefano, che riportiamo integralmente in calce all’articolo, è volta ad attirare l’attenzione del Ministro Bray su ciò che resta del Monastero che ha il primato di essere stato sede di una delle più antiche università d’Europa e di una delle biblioteche più ricche della sua epoca, oltre che importante centro di spiritualità per i pellegrini che facevano tappa in Puglia diretti in Terra Santa.

Il Monastero si trova a pochi chilometri da Otranto e senza dubbio sarebbe uno dei luoghi del Salento di maggior interesse culturale se non fosse che è stato del tutto dimenticato. La tradizione ne attribuisce la fondazione a Boemondo I d’Antiochia, nel 1098. L’area in cui sorse era già disseminata di altari, laure e casupole dove monaci basiliani si ritiravano in preghiera (casole, in dialetto salentino). Si racconta che Boemondo avrebbe donato il monastero proprio ad un gruppo di questi monaci guidati da Giuseppe, scelto come primo abate del monastero. In realtà ricognizioni archeologiche starebbero a dimostrare che il sito del monastero fu già occupato dall’VIII o IX secolo. Certo è che esso divenne presto il più importante di tutto il Meridione, così ricco da primeggiare quanto a obblighi fiscali, oltre ad essere proprietario di numerosi terreni e da avere sotto la sua egida numerose chiese. Ebbe rapporti privilegiati con la Santa Sede che in varie occasioni incaricò eminenti personalità del monastero di compiere missioni a Costantinopoli. Ospitò un circolo di poeti in lingua greca, guidato dall’abate Nettario, a cui appartennero, oltre allo stesso abate, Giorgio di Gallipoli, Giovanni Grasso e Nicola di Otranto.

Nel monastero – presto diventato prestigioso centro di studi classici grazie al suo Scriptorium, che tra XII e XIV secolo produsse copie miniate di fondamentali testi classici poi diffusi presso altri luoghi di cultura del tempo — venne creata una biblioteca con numerosissimi volumi greci e latini che la resero una delle più ricche d’Europa, poi distrutta nel 1480, in seguito alla battaglia di Otranto che vide la città soccombere agli invasori Turchi. Qualcosa tuttavia si salvò grazie all’opera di Sergio Stiso, umanista grecista, e al Cardinale Giovanni Bessarione, ex Arcivescovo di Nicea esiliato dagli Ortodossi, che era solito fare incetta (secondo qualcuno le sue erano delle vere e proprie razzie) di manoscritti greco-bizantini nei monasteri e delle biblioteche in cui si recava. E’ probabile che in questo monastero si sia formato il mosaicista greco-idruntino Pantaleone che ha lasciato ai posteri una delle più importanti e teologicamente controverse testimonianze del medioevo meridionale, come il mosaico pavimentale della Cattedrale di Otranto, capolavoro del mosaico pugliese del XII secolo.

Di questo straordinario cenobio non resta che un grande rudere dimenticato, testimonianza di un prestigio culturale che oggi farebbe impallidire e che la nostra colpevole indifferenza ha relegato ai margini di una scena culturale già di per sè sconfortante. Ecco dunque cosa scrive, con tono confidenziale,  il senatore Dario Stefàno al Ministro Massimo Bray:

“Caro Massimo,

il Salento ha l’onore di poter annoverare tra i suoi cittadini il ministro dei Beni Culturali, conoscitore, attento estimatore ed autentico innamorato del patrimonio culturale ed artistico del nostro Paese.

Sono persuaso, insomma, che questa sia una di quelle occasioni storiche che sarebbe un peccato sciupare. Per queste ragioni, sottopongo alla tua attenzione l’esigenza di un intero territorio e chiedo: esiste una concreta possibilità di strappare l’antica abbazia di Casole al degrado cui sembra essere stata inesorabilmente destinata?

E’ superfluo che aggiunga ulteriori definizioni sullo straordinario complesso monastico considerato il simbolo della cristianità nel Medioevo, lì ad un tiro di schioppo dalla mia amata Otranto. Un luogo sfortunato, non c’è che dire, quel sito che in origine fu normanno, distrutto già una prima volta nel 1480 dai Turchi che assediarono quella che poi divenne la Città dei Martiri, prima di essere abbattuto dall’oblio del tempo. E dell’ignoranza.

Una delle testimonianze più suggestive del medioevo pugliese, una delle più antiche testimonianze della civiltà salentina, il luogo dove numerosi manoscritti furono copiati nel Medioevo, sede di una prestigiosissima biblioteca, considerata fra le più fornite e preziose di tutto l’Occidente ed andata perduta nel corso di una storia impietosa nei confronti di un patrimonio culturale che oggi si trova disseminato fra le diverse biblioteche d’Europa, snodo della tradizione greco-basiliana venuta a contatto con le politiche militari dei normanni, una “piccola Cluny” in terra di Puglia, grazie soprattutto alla produzione letteraria e codicologica, luogo immaginifico che nel corso del XII e XIII secolo ospitò un circolo poetico e fu culla di una grande fioritura artistica e letteraria. Questo e ancora tanto altro…

Ma mi fermo qui, senza aggiungere altro, se non la desolazione collettiva per lo stato di abbandono in cui versano i ruderi inglobati nella masseria privata, in cui greggi di pecore sono libere di pascolare. Inoltre, nessun effetto benefico sortì quella “finta” vendita on -line che pure sembrò, nel lontano 2005, aver risvegliato le coscienze (e le istituzioni locali) .

Il mio è un appello al fine umanista, che so avere certamente a cuore la situazione di Casole, con l’augurio che si possa superare questo impasse per salvare un prezioso documento architettonico, storico e artistico della storia dell’uomo. O ciò che di esso è sopravvissuto al tempo, alla storia, alle distruzioni. E anche all’ignoranza.

Un caro saluto”.

Dario Stefàno

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