Presentato il progetto definitivo del terzo grande lotto della statale 106 jonica. Comuni e cittadini sul piede di guerra per paventati danni all’ambiente e al patrimonio archeologico

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Calabria – Tratto della ss 106 all’altezza del Castello di Roseto Capo Spulico (Cosenza) – Ph. © Ferruccio Cornicello – All rights reserved Feart ®

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di Redazione FdS

Lo scorso 13 febbraio l’ANAS ha presentato presso la sala conferenze del Museo Archeologico di Sibari il progetto dei lavori della Superstrada Roseto-Sibari, un tratto di 38 km destinato a collegare l’area jonica cosentina con l’autostrada Salerno-Reggio Calabria, per una spesa di oltre 1 miliardo di euro. Si tratta della elaborazione definitiva di un progetto stradale che si trascina da anni e che giunto ormai al capolinea ha innescato una serie di reazioni da parte di Comuni, comitati e associazioni sul piede di guerra per i danni che tale imponente intervento sul territorio rischia di provocare all’ambiente e al patrimonio storico di un’area archeologicamente sensibile come la Sibaritide.

LA STORIA

Partiamo dalla ricostruzione della vicenda fatta dal Comitato Alto Jonio Cosentino, che già nei giorni precedenti alla conferenza di Sibari ha consegnato alcuni appelli urgenti al Presidente della Repubblica e al Ministro dell’Ambiente, finalizzati a rivedere “gli orientamenti progettuali proposti/imposti dall’Anas senza alcun contradditorio, per addivenire ad una progettazione partecipata con le popolazioni del comprensorio”. Da una memoria presentata apprendiamo come fin dagli anni ’60 questa arteria stradale – parte di un più ampio progetto di raddoppio e ammodernamento della SS 106 che copre il percorso Taranto-Reggio Calabria – fosse stata proposta quale allacciamento (tratta Sibari-Bari) della allora costruenda A3 Salerno – Reggio Calabria per colmare un “vuoto” nel cuore del Sud Italia con un percorso interno che avrebbe toccato la città di Matera e salvaguardato il tratto costiero del Golfo di Taranto su cui la Comunità Economica Europea aveva ipotizzato una grande iniziativa turistica denominata Costa d’Europa.

Difficoltà varie e carenze di finanziamenti fecero però abbandonare l’idea di un allacciamento di tipo autostradale portando alla realizzazione negli anni ’70 di una Superstrada 106 Jonica. Ci fu relativa consultazione e discussione con i Comuni interessati della zona che già all’epoca denunciavano la progressiva devastazione del territorio costiero, in particolare calabrese, già percorso dalla Ferrovia, dalla prima 106, dal grande acquedotto dell’Eiano, da quello di Bonifica del Sinni, dal grande metanodotto e da innumerevoli linee elettriche ad alta tensione, telefoniche, etc. La nuova Superstrada a doppia corsia fu comunque realizzata per larga parte del territorio in questione “pressoché in parallelo della preesistente 106 ma non a questa affiancata lasciando diversi reliquati causa continua di incidenti e discariche abusive” .

Infine negli anni ‘90 fu ripresa la trasformazione a partire da Taranto di detta Superstrada in una nuova Superstrada a 4 corsie che è stata recentemente completata fino a Roseto Capo Spulico e di cui il nuovo Megalotto appaltato rappresenta un completamento realizzando una congiunzione di tale importante arteria con l’autostrada A3 allo svincolo di Sibari-Firmo. Il Megalotto in oggetto è stato progettato tra la fine degli anni ’90 e il 2004 sulla base di 3 ipotesi iniziali corrispondente a tre distinti, ma non lontani tra loro, percorsi. Una ipotesi prevedeva il semplice raddoppio della Superstrada esistente. Un altro un percorso riprendeva in parte l’ipotesi più montana del progetto autostradale e infine un terzo percorso di “compromesso” detto mediano con molte gallerie ma a poca distanza dalla SS esistente.

La scelta dell’ANAS era caduta proprio su quest’ultima ipotesi: furono effettuate consultazioni e una Conferenza di Servizi negli anni 2002 – 2004 in occasione delle quali tuttavia diversi comuni e comitati di cittadini locali che nel frattempo si erano costituiti formularono obiezioni e controproposte che, riprendendo anche le vecchie posizioni, denunciavano la necessità di salvaguardare il residuo territorio unica risorsa per il futuro di quelle popolazioni riproponendo o il raddoppio dell’esistente – lì dove possibile – o uno spostamento del tracciato mediano scelto più in alto per ridurne l’impatto ambientale e allontanarlo dal grande metanodotto già in loco.

Dopo otto anni di silenzio giungeva così nel 2013 notizia dell’affidamento alle imprese Astaldi/Impregilo del compito di redigere il progetto definitivo muovendo dal succitato “percorso mediano” basato sull’utilizzo di molteplici gallerie, naturali e artificiali. Progetto definitivo che è quello presentato pochi giorni fa a Sibari non senza polemiche e accuse di aver introdotto radicali variazioni fuori da qualsiasi confronto con le comunità locali.

L’ATTUALITA’ – LE CONTESTAZIONI DI SINDACI E SOCIETA’ CIVILE: «SI RISCHIA LO SCEMPIO »

Difatti la recente presentazione a Sibari del progetto definitivo ha fatto insorgere molti Comuni e associazioni di cittadini, i quali hanno rilevato come il progetto originariamente prospettato – che pure già non convinceva perché il sistema di gallerie previsto, oltre ad essere estremamente costoso, non salvaguardava comunque la vocazione turistica del territorio legata ad ambiente e archeologia, oltre a non calcolare i rischi connessi al suo incrociare o costeggiare l’esistente metanodotto – sia stato addirittura peggiorato, perché a molte gallerie sono state sostituite trincee che vanno a ledere il territorio in modo devastante.

A tal proposito il sindaco di Amendolara Antonio Ciminelli, già alla vigilia della conferenza di Sibari ha affermato che le popolazioni locali sono state prese in giro perché “l’Anas ha stravolto il progetto concordato con le amministrazioni comunali”. “Noi – ha sottolineato il sindaco – avevamo chiesto che il tracciato che attraversa il nostro territorio fosse realizzato integralmente in galleria naturale, senza provocare ulteriori cicatrici al territorio e invece ci troviamo di fronte a ben 7 chilometri di trincee. La qual cosa avrà un impatto ambientale devastante e produrrà un vero e proprio scempio del territorio. (…) Questo abuso, di fare quello che si vuole, – ha concluso Ciminelli – deve finire una buona volta. Contesteremo con forza il voltafaccia dell’Anas in base al quale, dal quasi 70% di galleria naturale, ci troviamo di fronte al 100% da realizzare in trincea. Cosa che finisce per infliggere un colpo mortale al territorio. E noi non ce lo possiamo permettere perché contrasta con l’idea di sviluppo eco-compatibile che noi prevediamo per Amendolara e per il territorio confinante”. E in effetti il tratto costiero interessato dal progetto è coperto da anni per intero da vincoli paesaggistici mentre varie zone sono comprese nella Rete Natura 2000 della U.E. e nelle zone ZPS.

Abbastanza concordi con le critiche anche il sindaco di Villapiana Rizzuto e quello di Trebisacce Mundo, i quali hanno evidenziato come “si sia badato più ad aspetti tecnici del sottosuolo che a quelli pratici del territorio”. Il presidente della provincia di Cosenza Mario Oliverio  ha invitato i comuni a fare rete e a predisporre nei prossimi 60 giorni a disposizione secondo le procedure un’unica proposta che riguardi in modo organico l’intero territorio interessato dal progetto.

In questa storia si è parlato molto di ambiente, ma l’altro punto dolente è la tutela del patrimonio archeologico, considerato che ci troviamo in un’area come la Sibaritide ad alta concentrazione di emergenze oggettive e di molte altre ancora possibili. E proprio in materia di archeologia si sono creati due schieramenti contrapposti in risposta alla seguente posizione dell’ANAS: alla conferenza di Sibari, l’arch. Magarò ha spiegato che il progetto stradale comprende anche “interventi rivolti alla conservazione e valorizzazione delle testimonianze archeologiche dell’area di Sibari oltre a opere connesse e interventi compensativi ambientali, sociali e territoriali.” Si parla di interventi per circa 8 milioni di euro per la riqualificazione del Parco Archeologico di Sibari e del finanziamento di una nuova campagna di scavi.

Da una parte troviamo chi come Francesco Prosperetti, Direttore regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici della Calabria, si è entusiasmato alla notizia definendo quanto comunicato “un risultato di notevole importanza prodotto dall’ANAS che ha rivolto grande attenzione alle nostre richieste, con interventi che sicuramente contribuiranno, con quelli che andremo ad effettuare con i Poin, al rilancio dell’area archeologica sibarita”. Dall’altra troviamo sindaci – come ad es. quello di Amendolara –  che replicano “il patrimonio archeologico del nostro territorio non è stato tenuto in considerazione” alludendo al fatto che nella zona non c’è solo l’attuale parco archeologico di Sibari – peraltro piccolissima parte di quanto ancora si potrebbe scavare dell’antica città magno greca – ma tutta un’altra serie di siti ancora in attesa di studio adeguato e le cui aree, ancora da perimetrare, rischiano di essere travolte dalle trincee tagliate dalle ruspe. A tal proposito durissimo è stato un recente intervento sulla stampa regionale dell’Arch. Maurizio Silenzi Viselli che poco più di un mese fa, in una conferenza al Museo di Sibari, aveva espresso la convinzione che l’area della Sibari arcaica non corrisponda affatto a quella degli scavi attuali, relativi solo alle successive edificazioni delle città di Thuri e Copia, ma sarebbe da collocarsi pochi chilometri più a nord, zona che ora – sostiene l’architetto – finirà nel mirino del nuovo tracciato della 106. Vi proponiamo qui di seguito alcune sue considerazioni.

PREZIOSE TESTIMONIANZE ARCHEOLOGICHE RISCHIANO DI ESSERE TRANCIATE DALLE RUSPE DELLA NUOVA SS 106: IL PUNTO DI VISTA DELL’ARCHITETTO SILENZI VISELLI

L’architetto parte all’attacco dell’ANAS sostenendo che “non sa rispettare i territori attraversati dalle sue infrastrutture” ed aggiunge che la società “dopo avere, a suo tempo, con la cosiddetta nuova 106, tagliato in due parti lo spazio dei pianori di Amendolara, Albidona e Trebisacce, vale a dire quella zona interclusa dal mare già dalla vecchia 106 e dalla ferrovia, e dopo avere realizzato il tossico viadotto gettato su Trebisacce, si appresta ora, con il progetto della ultra-nuova 106, a tranciare ulteriormente i pianori nella parte rimasta ancora integra, a lanciare nuovi viadotti sulle affascinanti fiumare, e, non soddisfatta, anche ad infilzare la collina di Broglio, ad uscire trionfalmente sulla fiumara del Saraceno (uno dei più bei paesaggi italiani), a realizzarvi sopra un faraonico svincolo (che verrà ammirato da frotte di turisti), a proseguire fastosamente con un altro viadotto (…) a scorrazzare allegramente sulle fiumare successive fino ad arrivare gloriosamente alla realizzazione di quello sul Raganello (uno dei luoghi più affascinanti del pianeta), e quindi, finalmente, a tagliare e scempiare il sito della Sybaris arcaica (come già fatto con quello di Thurii, Copia e zona portuale di Sybaris).

Poi ironizza sull’inerzia delle autorità di tutela e dichiara: “La Soprintendenza ai Beni Archeologici, il Ministero dell’Ambiente e quello dei Beni Culturali, vigilano implacabili. Non subito eh! Un attimo di pazienza. Prima occorrerà spendere un paio di milioni (sacrosanti) per mettere in sicurezza gli argini del Crati. E fin qui siamo tutti d’accordo. Poi, occorrerà spendere altri quindici milioni (più, pare, altri otto, sempre pubblici, regalati dall’Anas) per dotare gli “esperti” cercatori di Sybaris di potenti idrovore in grado di farli scendere ancora più sotto nelle loro vane ricerche della Sybaris arcaica (nel frattempo che quella “vera” sarà stata sfettucciata dal viadotto a sei corsie). Infine, ma solo infine (si tratta di aspettare solo pochi decenni), si progetterà e realizzerà un’altra ultra-ultra-nuova 106 per consentire di salvare le vestigia della più importante città arcaica dell’occidente, vale a dire appunto la Sybaris che nel frattempo avranno già sfregiata.”

 

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