L’INTERVISTA | Nella Puglia più remota, fra dolmen e pitture parietali, le scoperte di Severino Stea e Mario Fabbri

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stea e fabbri

Severino Stea (in primo piano) e Mario Fabbri, i due appassionati di archeologia, autori del ritrovamento di dolmen e pitture parietali sul Gargano – Ph. courtesy Enzo Pazienza

di Enzo Garofalo

Dall’ultimo Convegno Nazionale di Preistoria Protostoria e Storia della Daunia, giunto alla sua 34a edizione e tenutosi a San Severo (Foggia) lo scorso novembre, è emerso come l’area del promontorio del Gargano, sede fra l’altro di un Parco Nazionale, stia sempre più diventando luogo di incontro fra quanti, studiosi e ricercatori provenienti da tutta Italia, mirano ad incrementare la conoscenza del suo ricco patrimonio archeologico e storico-artistico, grazie ad un continua e costante attività di ricerca. Come nel Salento così nel Gargano sono infatti riscontrabili alcune fra le tracce più antiche della presenza umana in Puglia, con la possibilità di seguire il lungo e vasto processo evolutivo e culturale che ha caratterizzato questa zona del sud dell’Europa.
 

Scoperte sul Gargano di Stea e Fabbri

Puglia - Dolmen sul promontorio del Gargano (Foggia) - Ph. courtesy Severino Stea

Scoperte sul Gargano di Stea e Fabbri

Puglia - Mario Fabbri (in secondo piano) nella grotta con graffiti parietali, ritrovata sul promontorio del Gargano (Foggia) - Ph. courtesy Severino Stea

Scoperte sul Gargano di Stea e Fabbri

Puglia - Uno dei graffiti parietali, apparentemente tracciati con ocra rossa, ritrovati da Fabbri e Stea sul Gargano (Foggia) - Ph. courtesy Severino Stea

Scoperte sul Gargano di Stea e Fabbri

Puglia - Uno dei graffiti parietali, apparentemente tracciati con ocra rossa, ritrovati da Fabbri e Stea sul Gargano (Foggia) - Ph. courtesy Severino Stea

Scoperte sul Gargano di Stea e Fabbri

Puglia - Cumulo di pietre lavorate ritrovato da Fabbri e Stea sul Gargano (Foggia) - Ph. courtesy Severino Stea

Scoperte sul Gargano di Stea e Fabbri

Puglia - Cumulo di pietre lavorate ritrovato da Fabbri e Stea sul Gargano (Foggia) - Ph. courtesy Severino Stea

 
Multiformi strati archeologici, con evidenze riconducibili a tutte le epoche possibili ed immaginabili, permettono un viaggio plurimillenario fra Paleolitico, Eneolitico, Neolitico (in merito a tale periodo i numerosi insediamenti del Gargano mostrano collegamenti fra di loro, con la civiltà appenninica e con il mondo egeo tramite una fitta rete di rapporti commerciali e culturali, dimostrati dal rinvenimento di vasellame e ceramica), civiltà dei Dauni, colonizzazione greca e romana, avvento del Cristianesimo con diverse località affermatesi quali importanti centri di rinascita spirituale e sedi di numerosi complessi paleocristiani, e poi ancora Bizantini, Longobardi, Normanni, Svevi, Angioini ed aragonesi, per citare solo le testimonianze più antiche.

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Puglia – Dolmen sul promontorio del Gargano (Foggia) – Ph. courtesy Severino Stea

Il Gargano quindi, fra natura e cultura, si attesta quale una tra le aree più ricche ed interessanti d’Italia, dato incontrovertibile al quale però spesso non corrisponde ancora una seria politica di tutela, valorizzazione e fruibilità turistica, oltre ovviamente ad un’adeguata campagna divulgativa. Sovente l’azione di tutela e promozione è rimessa, fra mille difficoltà, all’iniziativa di privati sensibili alla ricchezza di tale patrimonio, non di rado lasciato a sé stesso, esposto all’azione di vandali o cacciatori senza scrupoli di antiche vestigia. Fra i privati cittadini, la cui azione sul territorio è a dir poco benemerita, ci piace citare il gruppo de La Valle degli Eremi che si occupa di studiare e promuovere la conoscenza di alcune strutture eremitiche e altri antichi luoghi di culto del Gargano, e i nomi dei due appassionati grazie alla cui iniziativa, è stato possibile, nello scorso Convegno di San Severo, presentare in via ufficiale alcuni ritrovamenti di dolmen e pitture parietali, molto probabilmente risalenti all’Età del Bronzo (2000-1100 a.C. circa). A scoprirli e segnalarli sono stati Severino Stea, di San Marco in Lamis (Foggia), e il trentino Mario Fabbri. Abbiamo raggiunto Severino Stea per avere qualche ragguaglio in merito a tali ritrovamenti.

Dott. Stea, ci dica innanzitutto qualcosa di lei e della persona con cui ha condiviso l’importante ritrovamento archeologico sul Gargano…

Sono un docente di lettere presso uno scuola secondaria di primo grado a San Severo, vivo a San Marco in Lamis e sono un appassionato di storia e preistoria, nonché del nostro splendido Gargano. Mario Fabbri, il trentino “garganico” come lui ama definirsi, vive invece a Trento ed è un bancario in pensione. Nel lontano 1965 per la prima volta vide il Gargano e fu amore a prima vista. Da allora, almeno una volta l’anno, si reca sul suolo garganico per esplorarlo alla ricerca di memorie perdute.

Lo scorso 17 novembre al 34° Convegno Nazionale di Preistoria, Protostoria e Storia della Daunia, tenutosi a San Severo, sono stati presentati in via ufficiale alcuni ritrovamenti di dolmen e pitture parietali effettuati fra il 2003 e il 2012 in area garganica da lei e da Mario Fabbri. Risalirebbero all’Età del Bronzo (2000-1100 a.C. circa). Ci vuole illustrare un po’ meglio di cosa si tratta e in quali circostanze è avvenuto il ritrovamento?

Nel lontano 2001, grazie a conoscenze comuni, sono entrato in contatto col trentino Mario Fabbri e la comune passione per i tempi passati e l’amore per la nostra splendida terra, il Gargano, ha fatto si che tra noi nascesse un’amicizia e una collaborazione sincera. Da allora sono iniziate le nostre passeggiate esplorative. Ad ogni toponimo, ogni suggestiva conformazione, scaturiva in noi la voglia di approfondire, così dalla costa all’entroterra, buona parte delle terre del Gargano sono state calpestate dai nostri piedi. In questo nostro andare diversi sono stati i luoghi celati del Gargano che si sono aperti ai nostri occhi: dai resti delle antiche civiltà contadine, ai luoghi, ormai dimenticati, della fede religiosa, fino a resti più antichi come appunto i Dolmen e le pitture in questione. Nei primi incontri con queste strutture il nostro entusiasmo si mescolava spesso alla necessità di restare con i piedi per terra, così fotografavamo e prendevamo appunti per ben tenere a mente. Col passare degli anni, approfondendo con confronti sul campo e con esperti, prendevamo sempre più coscienza dell’importanza dei nostri ritrovamenti; fino a quando l’aver portato il professor Armando Gravina su alcuni dei siti in questione, ce ne ha dato la conferma.

Le pitture parietali e uno dei dolmen sono ubicati nello stesso sito vallivo nel territorio di San Giovanni Rotondo, ciò potrebbe far pensare che siano parte di un unico complesso di rilevante importanza. Gli altri due dolmen sono ubicati uno in località Ripe Rosse nel territorio di Mattinata, l’altro in località S. Pasquale nel territorio di Monte San’Angelo. Le citate strutture dolmeniche sono di grandezza modesta rispetto ai dolmen megaliti generalmente ritrovati e studiati, non per questo sono di minor importanza e valore.

A presentare i ritrovamenti nel corso del Convegno è stato il prof. Armando Gravina, collaboratore della Cattedra di Paletnologia dell’Università Roma I “La Sapienza” oltre che presidente dell’Archeoclub di San Severo. Ci vuole dire qual è stata la “risposta” alla notizia del ritrovamento, in termini di interesse, da parte degli ambienti accademici e della Soprintendenza?

Purtroppo durante il convegno poco spazio è stato riservato ad un vero e proprio dibattito in proposito, in quanto il materiale esposto dai vari studiosi intervenuti era tale da assorbire l’intero tempo. Ci auguriamo quanto prima di riuscire ad avere un incontro in merito.

Che le risulti, c’è già nell’aria qualche progetto per valorizzare, anche a fini turistici, questi siti?

No, al momento non ci sono progetti in atto per la valorizzazione e la promozione ai fini turistici dei siti in questione. Credo che si debba prima approfondire con studi mirati, per meglio definire il tutto, poi passare alla fase successiva di divulgazione e promozione.

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