L’impressionante e suggestivo rito dei Vattienti di Nocera Terinese candidato a Patrimonio dell’Umanità

I Vattienti e l'Ecce Homo (il ragazzo in rosso) contraltare purificato del penitente - Ph. Diego Carannante|CCBY2.0

I Vattienti e l’accioumu (Ecce Homo, il ragazzo in rosso) alter ego purificato del penitente – Ph. Diego Carannante|CCBY2.0

di Redazione FdS

Il 2013 per l’antico rito penitenziale dei Vattienti di Nocera Terinese (Catanzaro), è stato l’anno della candidatura a Patrimonio mondiale dell’Umanità. Il rito di cui parliamo è uno dei più impressionanti che ancora sopravvivono al processo di secolarizzazione della società contemporanea e sembrerebbe richiamarsi alle tradizioni medioevali dei flagellanti, sebbene non manchi chi ipotizza origini più antiche.
 

Un momento dell'autoflagellazione - Ph. Diego Carannante|CCBY2.0

Un momento dell’autoflagellazione – Ph. Diego Carannante|CCBY2.0

L’assessore alla cultura Caligiuri ha infatti comunicato a metà aprile 2014 che la Regione Calabria, di concerto con il Ministero dei Beni Culturali, ha avviato le pratiche già nel 2013 per inserire il rito dei “Vattienti”* di Nocera Terinese nel Registro delle buone pratiche delle “Passioni di Cristo in Europa”. La candidatura verrà però formalizzata nel 2015, una volta ultimate le necessarie procedure istruttorie. Nel 1962 questa usanza celebrata nel comune calabrese ebbe un rilievo internazionale attraverso il film di Gualtiero Jacopetti “Mondo cane” che riportava consuetudini e costumi insoliti di tutto il mondo.
 

articolare di uno dei Vattienti che si flagella a sangue le cosce, poi irrorate col vino – Ph.  Diego Carannante|CCBY2.0

articolare di uno dei Vattienti che si flagella a sangue le cosce, poi irrorate col vino – Ph. Diego Carannante|CCBY2.0

Sono oltre 90 complessivamente i flagellanti, un numero crescente e composto prevalentemente da giovani, che nel periodo della Settimana Santa percorrono le vie cittadine fino a sera, davanti a migliaia di persone provenienti da tutta l’Italia e quest’anno anche dalla Francia. La processione della Madonna Addolorata, guidata da don Sergio Gigliotti, si e’ avviata sabato mattina alle 8.30 ed è proseguita fino alle 17 per rientrare nella Chiesa della Santissima Annunziata.
 

Vattiente il suo acciomu in movimento per le vie del paese - Ph. Diego Carannante|CCBY2.0

Vattiente col suo acciomu in movimento per le vie del paese – Ph. Diego Carannante|CCBY2.0

Come si ricorderà, la Calabria ha ottenuto il primo riconoscimento a Patrimonio Culturale dell’umanità da parte dell’Unesco lo scorso dicembre per la processione della “Varia” di Palmi nell’ambito della Rete italiana delle macchine a spalla. Un riconoscimento di alto valore in quanto è stato individuato per la prima volta un bene seriale e immateriale. Altre candidature per l’Unesco sulle quali la Regione Calabria sta lavorando sono la Sila, il Codex Purpureus Rossanensis, il Codice Romano Carratelli, le minoranze linguistiche calabresi e l’abete bianco di Alessandria del Carretto.
 

Un momento dell'autoflagellazione - Ph. Diego Carannante|CCBY2.0

Un momento dell’autoflagellazione – Ph. Diego Carannante|CCBY2.0

*IL SECOLARE RITO DEI VATTIENTI

In tutto il mondo cristiano la Settimana Santa viene celebrata con intensi sentimenti di fede che a volte danno vita a riti misteriosi capaci di suscitare emozioni forti; sono riti che rievocano la condanna e la messa a morte di un innocente, l’estremo sacrificio di Gesù Cristo morto per la salvezza degli uomini. A Nocera Terinese (Cz), l’intero paese partecipa con profondo trasporto religioso, nei giorni del Venerdì e del Sabato Santo, al rito dei vattienti, uomini che durante la processione della Madonna Addolorata, scelgono di assumere le sembianze del Cristo, flagellandosi pubblicamente, con una corona di spine posta sul capo.
 

Silhouette in controluce di un vattiente - Ph. Diego Carannante|CCBY2.0

Silhouette in controluce di un vattiente – Ph. Diego Carannante|CCBY2.0

Il rito ha inizio con la vestizione del vattiente che avviene in un locale (catuoio) in cui accedono pochi intimi, il vattiente indossa una maglietta nera ed un pantalone rimboccato verso l’alto, lasciando libere le cosce, intorno alla testa avvolge un panno nero su cui posa una corona fatta di sparacogna (un pianta spinosa). Insieme al vattiente viene preparato anche l’Ecce Homo (in dialetto acciomu), solitamente un ragazzo, che viene vestito solo con un panno rosso che gli cinge la vita e porta anch’egli in testa una corona di spine, questa volta fatta con la spina santa, un arbusto con spine lunghe.
 

I vattienti si preparano nel catuoio - Ph. Diego Carannante|CCBY2.0

I vattienti si preparano nel catuoio – Ph. Diego Carannante|CCBY2.0

Il vattiente si percuote le gambe con il cardo, cioè un pezzo di sughero con tredici pezzi di vetri o chiodi, e del sangue che fuoriesce dalle ferite viene imbevuta la rosa, un pezzo di sughero levigato, per lasciare l’impronta sulle case di coloro che escono sull’uscio cercando di disinfettare le ferite del vattiente con del vino bollito insieme a erbe aromatiche. Insieme al vattiente c’è l’altra figura che lo segue, l’acciomu vestito con un drappo rosso, secondo alcuni come Gesù dopo la flagellazione, quando fu deriso, vestito come il Re dei Giudei con una corona di spine e il mantello sulle spalle (per altri rappresenta una sorta di alter ego purificato dell’adulto penitente). Egli è legato al vattiente da una cordicella sottile. Alla fine del rito e nei giorni successivi, il sangue del vattiente misto al vino, resta sui muri e sulle strade del paese finché non sarà la pioggia a cancellarne le tracce.
 

Prima del rito: le croci rosse che saranno portate dagli acciomo - Ph. Diego Carannante|CCBY2.0

Prima del rito: le croci rosse che saranno portate dagli acciomu – Ph. Diego Carannante|CCBY2.0

Numerose le ipotesi sull’origine di questo particolare rito religioso: nonostante gli evidenti rimandi cristiani, si pensa che esso tragga origine da religioni precristiane orientali, con le offerte di sacrifici corporali per placare l’ira di dei assetati di sangue, usanze arrivate in seguito nell’Antica Grecia e a Roma ad esempio con i cruenti riti in onore della misteriosa dea Cibele. Secondo lo studioso Antonio Basile, i vattienti ci riportano ai riti per propiziare la fecondità della terra con l’offerta del sangue da parte del sacerdote ed ai riti per la morte e la resurrezione del dio Attis. Il prof. Basile è inoltre il primo studioso che correla il culto della morte e resurrezione di Adone al rito dei vattienti e volge l’attenzione sulla presenza dei tradizionali piatti in uso a Nocera per adornare la statua. Essi richiamano i giardini di Adone della religione di Siria e l’antico culto della stessa divinità.
 

Vattienti e acciomu per le vie del paese - Ph. Diego Carannante|CCBY2.0

Vattienti e acciomu per le vie del paese – Ph. Diego Carannante|CCBY2.0

Non manca anche chi si richiama ai riti cruenti dei sacerdoti di Baal, divinità di origine fenicia, e a tal proposito si citano due passi del Libro dei Re, dalle Sacre scritture – 1Re 18, 28-29 – dove si accenna a pratiche simili. Secondo altri il rito avrebbe avuto origine esclusivamente nel Medioevo in ambito cristiano, con le manifestazioni dei flagellanti. Della flagellazione usata come sanzione nella disciplina monastica si hanno testimonianze fin dal V secolo nell’ordine di San Benedetto. Anche i laici abbracciarono in seguito questa pratica, con manifestazioni soltanto dal XIII secolo. Per i vattienti di Nocera è essenziale compiere il voto del rito, anche a costo di grandi sacrifici. Stando a quanto raccontano alcuni di loro, c’è come una sorta di esigenza fisica determinata da qualcosa di inconscio che li fa trepidare nei giorni precedenti il rituale.

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La chiesa con le tracce di sangue impresse con la rosa - Ph. Diego Carannante|CCBY2.0

La chiesa con le tracce di sangue impresse con la rosa – Ph. Diego Carannante|CCBY2.0

 

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