La più antica bottiglia d’olio del mondo: individuata tra i reperti pompeiani e ercolanensi

La bottiglia d'olio da Ercolano individuata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli - Image by MANN

La bottiglia d’olio da Ercolano individuata al Museo Archeologico Nazionale di Napoli – Image by MANN

di Redazione FdS

Una bottiglia in vetro con all’interno una misteriosa sostanza rappresa e, accanto, una forma di pane carbonizzato, una delle tante ritrovate a Pompei di Panis Quadratus realizzato con acqua, farina di grano tenero e lievito madre, di forma circolare e suddiviso in otto porzioni identiche. Reperti sopravvissuti alla furia del vulcano che nel 79 d.C. spezzò la vita delle amene cittadine a lungo prosperate ai suoi piedi. Li abbiamo visti così, l’uno accando all’altro, nel corso di “Stanotte a Pompei” la trasmissione che il noto conduttore Alberto Angela realizzò al Museo Archeologico Nazionale di Napoli nel settembre del 2018. La bottiglia era poi ricomparsa al MANN a novembre nella mostra “Res Rustica. Archeologia, botanica e cibo nel 79 d.C.”, esposta a rappresentare ciò che fin dal primo momento si sospettava potesse essere, e cioè la più antica bottiglia d’olio d’oliva al mondo. Notoriamente custodita nei depositi del museo, quella bottiglia era a lungo sfuggita a qualsiasi approfondimento da parte degli studiosi, almeno fino a quando lo stesso Alberto Angela, curiosando in quel forziere di meraviglie, non s’accorse di come quella bottiglia fosse identica a un’altra ritratta in un affresco pompeiano, proprio accanto a una forma di Panis Quadratus, e non ipotizzò che quella materia consensata al suo interno potesse essere olio d’oliva, ipotesi a suo tempo favorevolmente accolta dagli studiosi Raffaele Sacchi e Gaetano Di Pasquale della Facoltà di Agraria dell’Università di Napoli. Per avere la certezza definitiva non rimaneva che sottoporne il contenuto ad accurate analisi.
 

Affresco pompeiano con bottiglia e forma di Panis Quadratus - Image by MANN

Affresco pompeiano con bottiglia e forma di Panis Quadratus – Image by MANN

A distanza di due anni, a dirci che effettivamente si tratta di olio d’oliva è un team composto da ricercatori delle università “Federico II” di Napoli e “Vanvitelli” di Caserta e del Cnr, coordinato dal professore Raffaele Sacchi, del Dipartimento di Agraria. Si tratta però di un olio che, per effetto delle alte temperature a cui la bottiglia è stata esposta al momento dell’eruzione del Vesuvio e dei profondi cambiamenti che si sono verificati nei quasi due millenni di conservazione in condizioni incontrollate, porta le tracce di profonde modificazioni chimiche tipiche dei grassi alimentari alterati. Lo studio è stato condotto nell’ambito della collaborazione tra il Dipartimento di Agraria dell’Università Federico II e il Museo sui reperti organici conservati nei suoi depositi. Quanto all’origine del reperto, si ritiene provenga da Ercolano, ritrovata con tutta probabilità nel corso degli scavi archeologici iniziati dal Principe d’Elboeuf nel 1738 e continuati da Carlo di Borbone; tuttavia, come accaduto per molti altri reperti, con il tempo sono andati perduti i riferimenti relativi all’epoca del suo rinvenimento. I risultati dello studio sono stati pubblicati sulla rivista NPJ Science of Foods, del gruppo Nature.
 

Albero d'ulivo

Albero d’ulivo

“L’impiego di tecniche molecolari e la datazione al carbonio-14 – spiega Raffaele Sacchi – hanno permesso di risalire al contenuto della bottiglia di vetro dall’aspetto del tutto simile a quelle rappresentate in affreschi ritrovati a Pompei. Si tratta di un’enigmatica sostanza solida dalla consistenza cerosa. Nella bottiglia è sopravvissuto molto poco delle tipiche molecole dell’olio d’oliva: i trigliceridi che rappresentano il 98% dell’olio si sono scissi negli acidi grassi costitutivi; gli acidi grassi insaturi si sono completamente ossidati generando degli idrossiacidi che a loro volta, con una lenta cinetica, nel corso di circa 2000 anni, hanno reagito fra di loro formando dei prodotti di condensazione, le estolidi, mai osservati in precedenza nei processi convenzionali di alterazione naturale dell’olio d’oliva. Si tratta – conclude Sacchi – del più antico campione di olio di oliva a noi pervenuto in grosse quantità, la più antica bottiglia d’olio del mondo. L’identificazione della natura della ‘bottiglia d’olio archeologico’ ci regala una prova inconfutabile dell’importanza che l’olio di oliva aveva nell’alimentazione quotidiana delle popolazioni del bacino Mediterraneo ed in particolare degli antichi Romani nella Campania Felix”.

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