La “madre più antica del mondo” in mostra ad Ostuni con il suo nascituro

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La donna paleolitica di Ostuni (Brindisi)

La gestante paleolitica di Ostuni (Brindisi)

di Redazione FdS

Al termine di complesse operazioni di restauro e sistemazione, lo scorso 12 maggio è stata finalmente presentata al pubbliconel Museo di “Civiltà preclassiche della Murgia meridionale” di Ostuni (Br), presso la Chiesa di San Vito Martire (Monacelle), nel Centro Storico di Ostuni –  la madre più antica del mondo, repertata come “Ostuni 1”: si tratta di una donna di circa 20 anni risalente a 28.000 anni fa, rinvenuta con i resti del suo feto in grembo.

Sullo straordinario reperto il prof. Donato Coppola, del Dipartimento di Scienze dell’Antichità e del Tardoantico dell’Università degli Studi di Bari Aldo Moro, ha presentato la relazione “La gestante di Ostuni e il suo feto: dalla scoperta al museo”, mentre il Prof. Eligio Vacca, del Dipartimento di Biologia della stessa università ha illustrato la “Antropologia della sepoltura Ostuni 1 e dei resti fetali”. All’incontro, moderato dalla giornalista Alessandra Lofino, erano presenti anche l’avv. Michele Conte, Presidente dell’Istituzione Museo di “Civiltà preclassiche della Murgia meridionale”, il dott. Gianfranco Coppola, Sindaco di Ostuni, il dott. Luigi La Rocca, Soprintendente archeologo – Soprintendenza per i Beni Archeologici della Puglia, il prof. Antonio Uricchio, Rettore dell’Università degli Studi “Aldo Moro” di Bari ed il senatore Piero Iurlaro.

I resti della gestante del Paleolitico superiore (Ostuni 1) e quelli del suo feto, dopo le operazioni di scavo e restauro realizzate dal prof. Donato Coppola, sono così ora visibili nella sala paleolitica del Museo di “Civiltà preclassiche della Murgia meridionale” di Ostuni. Rinvenuti nel 1991 dall’equipe dello stesso prof. Coppola nella grotta-santuario di Santa Maria di Agnano, sulle colline di Ostuni, sono stati collocati in una speciale teca attrezzata al fine di riunire simbolicamente la madre ed il nascituro. I resti antropologici originali sono contornati dai calchi di scavo della stessa sepoltura Ostuni 1 e da quello di Ostuni 2, databile invece a 30.000 anni fa. La sala del diorama –  curato dal Maestro Giovanni Colucci – con una realistica ricostruzione del seppellimento e della grotta santuario conclude l’illustrazione dei resti.

La sepoltura della gestante di Ostuni, associata intenzionalmente alla deposizione di resti di cavallo ed uro (bue primigenio), viene interpretata come una ritualità di propiziazione e rigenerazione vitale dei gruppi di cacciatori paleolitici di Agnano. Nel contesto sacro della grotta-riparo sono state rinvenute anche le prime manifestazioni grafiche dell’Homo sapiens sapiens, con motivi lineari che rappresentano un vero e proprio linguaggio simbolico che dopo milioni di anni hanno proiettato l’uomo dalla realtà delle raffigurazioni naturalistiche all’astrazione dei segni, di significato universale e primo strumento di comunicazione della più antica Europa.

In occasione dell’evento si è fatto riferimento all’apertura di nuovi scavi presso il Parco Archeologico di Santa Maria D’Agnano, per cui è probabile che il Museo di Ostuni presto potrà essere arricchito da nuovi interessanti reperti.

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aliamedia

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