Capo Colonna: storia di una battaglia civile nel nome della storia e della cultura

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Calabria - Area archeologica dell'antico Foro Romano a Capo Colonna (Crotone) - Ph. Margherita Corrado

Calabria – Area archeologica dell’antico Foro Romano a Capo Colonna (Crotone) – Ph. Margherita Corrado

di Margherita Corrado*

“Benvenuta!” L’accoglienza che FAMEDISUD mi ha riservato è delle più calorose e lusinghiere. Non posso che esserne grata. Ciò detto, vado ad intraprendere questa nuova avventura iniziando dai recenti fatti di Capo Colonna, fatti certamente inusuali e che hanno avuto, perciò, una risonanza addirittura nazionale, imponendo il mio nome e la mia immagine ad un numero di persone ben maggiore di quante mi abbiano conosciuta nei 45 anni di vita precedente. Mi sono concessa perciò un po’ di tempo, prima di avviare il blog, e ora, al dunque, confesso di avere esitato non poco ad inaugurarlo con una prima riflessione su quel ‘viaggio’ straordinario, sia perché “il mio dura tuttora”, sia perché non è facile dare conto di un’esperienza così totalizzante. Occorrerebbero un distacco, una lucidità che so di non avere ancora recuperato, ammesso che il trascorrere del tempo consenta di ripensare il passato con obiettività invece di consegnare alla memoria non la realtà dei fatti ma la loro interpretazione.

Il promontorio di Capo Colonna, Crotone - Ph. Margherita Corrado

Il promontorio di Capo Colonna, Crotone – Ph. Margherita Corrado

E Capo Colonna sia! Non voglio tradire le attese, benché FAMEDISUD mi garantisca la massima libertà di scelta nella gestione di questo spazio. Per il futuro, mi propongo di privilegiare gli esempi virtuosi (e meno virtuosi) di gestione del patrimonio culturale calabrese, allargando lo sguardo ben al di fuori del Promontorio Lacinio, che pure è considerato a giusta ragione uno dei luoghi simbolo dell’intera Calabria. Per iniziare, scelgo invece di assecondare le legittime aspettative e, dopo avere ripercorso la vicenda crotonese a vantaggio dei meno informati, esporrò quelli che sono stati per me gli antefatti, le premesse di un coinvolgimento così assoluto.

La cospicua lunghezza della sintesi che mi accingo a presentare – ossimoro inevitabile -, di lettura non agevole e a tratti persino ostica per i molti contenuti tecnici, mi suggerisce di ‘limitare’ a questa il testo che segue, rinviando ad un secondo momento l’esposizione delle ragioni personali che mi hanno resa parte attiva di questa avventura. Solo conoscendo i vari aspetti dell’accaduto, però, è possibile comprendere l’origine e apprezzare la genuinità di una mobilitazione popolare quale non si era mai vista finora, non solo in Calabria, nata non in difesa o in vista di un posto di lavoro, né per altre ragioni economiche di sorta, ma solo per preservare e possibilmente aprire alla fruizione pubblica il patrimonio culturale di cui i Crotonesi sono eredi e custodi per conto di tutti gli Italiani, minacciato paradossalmente dal garante istituzionale della loro tutela e valorizzazione: lo Stato.

Due milioni e mezzo di euro è l’importo complessivo dell’Accordo di Programma Quadro identificato dal codice S.P.A. 2.4 e dal titolo “Ampliamento delle conoscenze della realtà archeologica di Capocolonna e messa in sicurezza delle realtà archeologiche riportate in luce”. Si tratta di Fondi per le Aree Sottoutilizzate, la cui erogazione e gestione coinvolgono perciò il Paese ma anche l’Unione Europea. Caso unico, a mia conoscenza, in fatto di A.P.Q., è stato il Comune di Crotone ad ottenere a suo tempo il cospicuo finanziamento, salvo rinunciare poi a gestirlo, a favore della (oggi defunta) Direzione Regionale per i Beni Culturali e il Paesaggio, e in ultima analisi della Soprintendenza per i Beni Archeologici della Calabria, anch’essa soppressa dal Decreto Ministeriale del 23.12.2014.

Le betoniere arrivano a Capo Colonna - Ph. Margherita Corrado

Le betoniere arrivano a Capo Colonna – Ph. Margherita Corrado

Espletate, negli anni, le necessarie procedure, a metà luglio 2014 sono stati avviati i lavori sul campo precedentemente messi all’asta e aggiudicati per poco più di un milione e mezzo di euro. A dispetto del titolo, il solo ampliamento delle conoscenze della realtà archeologica previsto interessa lo spiazzo antistante la Chiesa della Madonna di Capo Colonna, un’area di 15×30 metri sita nel cuore dell’abitato romano inserito nel parco archeologico, ed ha un costo di appena 77.000, 00 euro. La sola iniziativa di messa in sicurezza delle realtà archeologiche, invece, oltre alla gettata di calcestruzzo rinforzato con rete elettrosaldata e coperto da una pavimentazione in cotto e lastre lapidee destinato a tombare i resti archeologici appena emersi (costo 163.000, 00 euro ca.), è la copertura di due vani delle terme romane mediante una tettoia in acciaio rivestita di pannelli coibentati prezzata – a corpo! – 150.000,00 euro.

Il resto del milione e mezzo, sottratti i ca. 390.000,00 euro spesi come sopra descritto, sono stati destinati a realizzare una rete di smaltimento delle acque bianche intorno al museo di Capo Colonna e a rifare la viabilità intaccata da quei lavori, a monitorare i movimenti del suolo lungo i margini del promontorio e soprattutto ad acquisire mediante esproprio e restaurare, ma senza che ne sia precisata la destinazione, uno degli immobili privati di origine settecentesca esistenti all’interno del parco (ca. 960.000,00).

Betoniere nell'area archeologica del Foro Romano, a Capo Colonna (Crotone) - Ph. Margherita Corrado

Betoniere nell’area archeologica del Foro Romano, a Capo Colonna (Crotone) – Ph. Margherita Corrado

La scarsa coerenza degli interventi con la titolatura dello S.P.A 2.4 è palese ma sarebbe forse passata inosservata, trattandosi di una cattiva pratica ormai corrente, se a conclusione dell’indagine archeologica dell’area antistante la chiesa sopra citata, nonostante siano emersi resti del foro della colonia fondata nel 194 a.C. – notizia mai divulgata ufficialmente – , l’Amministrazione non avesse immediatamente coperto tutta la superficie con ‘tessuto non tessuto’ e terra di riporto per avviare, altrettanto celermente, la prevista cementificazione. Il ricorso ad autobetoniere pesanti 30/40 tonnellate fatte passare all’interno dell’abitato romano rimuovendo parte della recinzione del parco e poi al di sopra del foro ha contribuito a dare alla cittadinanza l’impressione che si volesse, presto e definitivamente, cancellare persino la memoria di quanto resta di uno spazio pubblico che invece fu il nodo, simbolico oltre che fisico, dello sviluppo dell’abitato romano, già messo parzialmente in luce tutto intorno nei decenni precedenti.

non per noiDa qui l’indignazione popolare e l’occupazione del cantiere da parte di un gruppo di giovani che, increduli davanti alle immagini dei lavori in corso tempestivamente trasmesse dai media locali, si sono recati sul posto per verificare con i propri occhi e, accertato lo scempio, hanno ritenuto di non poter consentire che proseguisse e non voler rientrare in città prima di avere avuto certezze in merito. L’attenzione mediatica all’inedito presidio, rimasto sul posto, all’addiaccio, per due settimane, è cominciata quel giorno (13 gennaio 2015) e non è mai venuta meno, neppure dopo la fine dell’occupazione del cantiere resa possibile dalla sospensione temporanea dei lavori decisa dal MIBACT in vista dell’ispezione disposta dal ministro Franceschini. L’attenzione mediatica, dicevo, è anzi lievitata progressivamente, fino a coinvolgere testate giornalistiche e programmi delle televisioni nazionali, mentre la cittadinanza crotonese inventava mille modi per manifestare concretamente la propria solidarietà ai protagonisti di Occupy Capo Colonna.

Trivellazioni nell'area delle Terme

Trivellazioni nell’area delle Terme – Ph. Margherita Corrado

Contestualmente, le due associazioni culturali locali che fin da settembre avevano scritto al MIBACT per segnalare le anomalie riscontrate nella progettazione e nell’esecuzione dei lavori, organizzando tra l’altro visite guidate domenicali al cantiere per rendere edotta la cittadinanza sui lavori in corso e sull’esito dell’indagine stratigrafica, obiettivo raggiunto anche mediante due pagine facebook dedicate (Piazza Villaroja e Capo Colonna – area archeologica), pur senza entrare a far parte del comitato spontaneo Salviamocapocolonna, hanno continuato a leggere le carte del progetto e ad evidenziarne le incongruenze. Si è arrivati, su quella base, a presentare un esposto alla Procura della Repubblica di Crotone per i possibili danni arrecati all’edificio termale dalle trivellazioni eseguite a fine dicembre per ancorare alla roccia i sostegni della tettoia, esterni ed interno all’edificio (sic), palesemente sovradimensionati sulla base di un’erronea valutazione della zona sismica e della caratterizzazione geologica del suolo, dati non opinabili. Più tardi, è seguita una circostanziata denuncia alla Corte dei Conti per il danno erariale determinato dalla sistematica sopravvalutazione dei costi dei singoli interventi previsti.

L'area del Foro Romano prima e dopo la cementificazione - Ph. Margherita Corrado

L’area del Foro Romano prima e dopo la cementificazione – Ph. Margherita Corrado

n qualità di cittadina crotonese, rappresentante di una delle due Associazioni promotrici della protesta e soprattutto di archeologa che da circa vent’anni collabora con la Soprintendenza, a conoscenza perciò del pregresso e in grado di leggere le nuove evidenze pur in assenza di pronunciamenti ufficiali, attribuendo loro l’importanza che meritano, sono stata chiamata spesso, dal 13 gennaio in poi, a ribadire le ragioni della protesta basate sulle valutazioni di ordine tecnico sopra accennate. Queste ultime, peraltro, sono state riprese puntualmente dalle due interrogazioni parlamentari presentate prima dal Movimento Cinque Stelle, che l’ha replicata in sede europea, e in seguito anche da un gruppetto di parlamentari calabresi di area PD cui si è aggiunto il prof. Massimo Bray. Anche altri nomi noti del panorama politico nazionale e del mondo accademico, penso in particolare all’ex Ministro degli Affari Regionali dott.ssa M.C. Lanzetta, agli architetti Dieter Mertens e Giorgio Rocco, all’archeologo Emanuele Greco, per citarne solo alcuni, si pronunciavano intanto contro lo svilimento del parco attuato ‘rinunciando’ al foro romano in nome della volontà della Soprintendenza di assecondare prioritariamente le esigenze dei fedeli che durante l’annuale festa della Patrona giungono in visita al santuario di Capo Colonna.

Ho partecipato all’incontro infruttuoso che in Prefettura ha visto la Soprintendente, RUP del progetto, e due progettiste (la direttrice del parco e la dirigente dell’Urbanistica) negare ogni addebito, e più tardi all’incontro con i due ispettori inviati dal ministro Franceschini per valutare la situazione nel suo complesso. Com’è noto, però, lo scorso 25 febbraio, il primo pronunciamento ufficiale del MIBACT ha visto Franceschini sposare in toto le ragioni dei suoi collaboratori calabresi, coinvolti a pieno titolo nella progettazione e nell’esecuzione dello SPA 2.4: Direttore Regionale, Soprintendente, funzionario responsabile del parco e museo di Capo Colonna. I primi due, negli stessi giorni, sulla base della recente riforma del Ministero, ottenevano gli ambiti trasferimenti a Roma e Padova.

Un muro di gomma, dunque, una decisione politica che non tiene in alcun conto la sensibilità popolare e forse neppure l’esito dell’ispezione, ancora secretato nonostante le richieste di accesso agli atti, dal momento che ripete, persino nella stesura del testo di risposta all’interrogazione del sen. Morra, le malferme giustificazioni (sovente risibili) già presenti nella memoria presentata alla stampa dalla Soprintendente nei giorni subito successivi all’occupazione del cantiere.

Il comitato #Salviamocapocolonna e le Associazioni non danno per persa la guerra, nonostante l’esito palesemente infausto della prima battaglia. Confidano, come io stessa confido, in un rigurgito di buon senso che, complice l’avvicendamento dei massimi funzionari regionali del MIBACT coinvolti nell’operazione Capo Colonna e il cambio recente della Giunta Regionale, possa indurre il ministro Franceschini a più miti consigli. Comunque vada a finire, però, i cittadini hanno preso coscienza del danno personale potenzialmente recato a ciascuno da scelte così sconsiderate, difese poi con arroganza e puntiglio contro ogni evidenza. Hanno deciso di non farsi più intimidire dal rosario di nomi e titoli (di funzionari e di politici) schierati a coorte in difesa di un progetto obiettivamente insostenibile e di far valere l’orgoglio della propria storia, la dignità del loro ruolo di eredi-custodi di un pezzetto del patrimonio culturale dell’Umanità. Questo, ad oggi, lo stato dell’arte.

La prossima volta spiegherò – più brevemente! – come e perché, in un Paese dove l’attività archeologica compete allo Stato, un soggetto facilmente ricattabile qual è la sottoscritta, in quanto libera professionista attiva nel settore dei beni culturali (ma orfana di un albo professionale) chiamata a lavorare per la Soprintendenza e per terzi su indicazione di quella solo fintanto che l’Amministrazione ne riconosca il ruolo di collaboratrice di fiducia, possa di punto in bianco trovarsi seduta dalla parte del torto.

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*Margherita Corrado, calabrese, è nata a Crotone nel 1969. Si è laureata in Lettere Classiche (indirizzo archeologico) presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e specializzata presso la Scuola di Specializzazione in Archeologia di Matera. Romanista di formazione, ha prestissimo orientato i propri interessi verso l’età post-classica, con particolare riferimento all’alto Medioevo di marca bizantina. Dopo un lungo tirocinio nel volontariato archeologico, dal 1996 lavora come collaboratrice esterna per la Soprintendenza Archeologica della Calabria. Negli anni, è stata incaricata della catalogazione di migliaia di reperti di diversa origine e cronologia ed ha operato sul campo in tutte le provincie calabresi (saltuariamente anche in Puglia), affiancando la Direzione Scientifica nell’indagine stratigrafica di siti databili dall’età arcaica fino al XIX secolo, compresi importanti cantieri di archeologia urbana, aree santuariali magnogreche ed edifici di culto cristiani. Ha collaborato con l’Amministrazione anche per l’allestimento di mostre temporanee e di esposizioni museali permanenti. E’ autrice di un centinaio di pubblicazioni, una decina delle quali monografiche, eterogenee per impostazione, cronologia e contenuti ma con una spiccata predilezione per la cultura materiale e le arti minori (in particolare l’oreficeria), molte delle quali edite negli atti di convegni nazionali e internazionali. E’ membro della Società degli Archeologi Medievisti Italiani, dell’Istituto per gli Incontri di Studi Bizantini, del Circolo di Studi Storici Le Calabrie e dell’Istituto Italiano dei Castelli. Collabora con l’Ufficio Beni Culturali dell’Arcidiocesi di Crotone-Santa Severina. Referente del Gruppo FAI di Crotone dal 2013, è anche socia fondatrice di un paio di associazioni culturali a carattere locale per conto delle quali svolge attività didattica nelle Scuole e cura visite guidate gratuite tese ad avvicinare la cittadinanza ai temi dell’archeologia e della storia calabrese.

 
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