Princess Nicotine (1909): il primo film americano del cineasta e premio Oscar cosentino Tony Gaudio

Cortometraggio di fantasia girato nel 1909, è stato uno dei primissimi esempi di cinema con effetti speciali. Nel 2003 è stato incluso dalla Biblioteca del Congresso tra i ”tesori” del cinema americano

di Redazione FdS

“One of the finest trick films made in the United States… mystifying from beginning to end.”
dal libro “Moving Pictures, How They Are Made And Worked” (1912)

La prima volta in cui vi abbiamo parlato del cortometraggio muto Princess Nicotine; or the Smoke Fairy (La Principessa Nicotina; o la fata del fumo) è stato in occasione del servizio dedicato ai fratelli Tony ed Eugene Gaudio, i due fotografi di Cosenza trasferitisi giovanissimi negli Stati Uniti agli inizi del ‘900 con il sogno di entrare a far parte della nascente industria del cinema: obiettivo che raggiunsero in grande stile trasferendosi da New York a Los Angeles, città destinata a diventare la mecca della Decima Musa. Qui il primo diventò uno dei più ricercati direttori della fotografia, conquistando il premio Oscar nel 1937, mentre il secondo curò la fotografia e le riprese del primo lungometraggio subacqueo con effetti speciali della storia del cinema. Dei due fratelli, fu Tony Gaudio a curare la parte tecnica di questo corto – suo primo lavoro negli Stati Uniti – diretto nel 1909 dal regista di origine inglese James Stuart Blackton che ne fu anche produttore per Vitagraph Company of America. Il film, di appena 5 minuti, nel 2003 è stato incluso tra le 25 opere cinematografiche aggiunte al Library of Congress National Film Registry in quanto “culturalmente, storicamente o esteticamente significativi” e, nel 2005, inserito nella raccolta di DVD Treasures from American Film Archives: 50 Preserved Films. Interpretato da Paul Panzer (il fumatore) e Gladys Hulette (la fata giovane), questo film – basato su un soggetto di fantasia – è noto per i suoi pionieristici effetti speciali e per essere uno dei primi casi di product placement di tabacco nel cinema (per la Sweet Caporal). Fu lo stesso Gaudio ad occuparsi degli effetti speciali, ottenuti utilizzando specchi e lenti particolari per la macchina da presa che gli consentirono di raggiungere una notevole profondità di campo, ma anche ricorrendo a doppie esposizioni, cavi nascosti, oggetti di scena giganti e fumo; tutte soluzioni in grado di rendere il film magico e onirico.

Le fate, protagoniste del corto, erano figure estremamente popolari durante le epoche vittoriana ed edoardiana, spesso rappresentate come delicate ma anche come cattive e dispettose, quindi costituivano un perfetto esempio del folklore fiabesco di inizio ‘900, utile agli intenti del film. Il titolo “Princess Nicotine” fu tratto dall’omonima operetta comica del 1893 nella quale recitava la famosa attrice americana Lillian Russell, protagonista di una storia incentrata sul matrimonio tra un’attraente sigaraia e un ricco coltivatore di tabacco. Il film di Blackton colpì molto il pubblico diventando il lavoro cinematografico con effetti speciali più celebre dell’epoca al punto che la nota rivista Scientific American pubblicò lo stesso anno un articolo che ne illustrava le tecniche di realizzazione, analizzate anche dalla rivista The Nickelodeon (agosto 1909) e, successivamente, da Frederick A. Talbot nel suo libro “Motion Pictures: How They Are Made and Worked” del 1912.  Nel video qui presentato, le immagini sono state integrate con due celebri brani musicali classici eseguiti al pianoforte quale ideale rimando alla tradizione del cinema muto che prevedeva l’esecuzione di una colonna sonora dal vivo durante la proiezione in sala: si tratta de “La Danza della fata confetto” dal balletto “Lo schiaccianoci” di P. I. Čajkovskij e il movimento IV. Rondò Allegretto della Sonata n. 11 in Si bemolle maggiore op. 22 di L. van Beethoven [le tracce audio derivano da registrazioni musicali diffuse in pubblico dominio dai rispettivi esecutori, menzionati nei titoli di coda del video]. Il video editing è stato curato da Famedisud in collaborazione con il MAVI (Museo Identitario di Villapiana, Cosenza).

CURIOSITÀ  E “SEGRETI” DI UN FILM RIMASTO NELLA STORIA

“L’effetto di “Princess Nicotine” quando viene lanciato sullo schermo è così sorprendente che sfida la capacità dei profani di darsi una spiegazione (…) La piccola fata si muove in un modo così realistico che non è possibile spiegarlo con l’ipotesi che sia una bambola, eppure risulta impossibile credere che possa trattarsi di un essere vivente reale, data la sua piccola statura”: così scriveva nel 1909 la rivista Scientific American interpretando il senso di meraviglia indotto nel pubblico dal cortometraggio fin dalla sua uscita nelle sale il 10 agosto di quell’anno. Eppure, come ben sapevano gli addetti ai lavori, una spiegazione c’era e risiedeva nei trucchi messi in campo nel cinema degli albori, soprattutto dalla Vitagraph Company, fondata a New York nel 1897 da Albert E. Smith e J. Stuart Blackton e a quel tempo principale casa di produzione americana; specializzata, tra l’altro, in film con effetti illusori, si ispirava in modo originale alle pionieristiche fantasie cinematografiche dei registi francesi Georges Méliès ed Émile Cohl.
 

Schema di configurazione del set per le riprese del film Princess Nicotine | Immagine tratta dalla rivista Scientific American (26 giugno 1909)

Il film di Blackton e Gaudio – che narra la storia di un fumatore alle prese con due fate in vena di dispetti, tra nuvole di fumo di sigaretta, trovate maliziose, fiammiferi animati e un fiore che si trasforma in sigaro -, si avvalse di varie soluzioni tecniche come la doppia esposizione (per la scena con la fata nella bottiglia), l’animazione stop-motion (per quella con la rosa che si trasforma in sigaro), oltre a trucchi più semplici ed empirici come fili nascosti, oggetti di scena giganti o un uomo sotto il tavolo che soffiava fumo in un tubicino. Le riprese con le due minuscole fate saltellanti sul tavolo del fumatore furono invece girate facendo esibire le attrici su una piattaforma accanto alla macchina da presa mentre la loro immagine veniva riflessa in uno specchio posizionato a una certa distanza dietro il tavolo del fumatore e disposto in modo tale da formare apparentemente il vetro di una finestra; grazie a uno speciale obiettivo, capace di un’estrema profondità di campo, sia il fumatore che le fate risultavano messe a fuoco, e siccome l’altezza della macchina da presa era allineata con il piano del tavolo, sembrava che le fate ballassero su di esso; data inoltre la notevole distanza tra la macchina da presa e lo specchio, le due fate vi risultavano riflesse in modo tale da apparire minuscole. Le due attrici che le interpretavano, posizionate nei pressi della macchina da presa, potevano vedere bene la performance del fumatore e ciò consentiva loro di reagire in tempo reale e in modo coerente. Sebbene il corto, come già accennato, abbia rappresentato anche uno dei primi casi di product placement di tabacco nel cinema (per il brand Sweet Caporal), l’ossessione del protagonista per il fumo trova la sua nemesi nell’incontro con le fate dispettose che trasformano il suo momento di agognato relax in una sorta di incubo.

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