Individuati resti archeologici nel mare di Castel dell’Ovo: forse il più antico porto di Napoli

Resti archeologici sommersi nel Golfo di Napoli - Ph. © Pasquale Vassallo

Resti archeologici sommersi nel Golfo di Napoli – Ph. © Pasquale Vassallo

di Kasia Burney Gargiulo

Disposta ad anfiteatro su un’insenatura della costa tirrenica, nella parte più interna e spettacolare del golfo che da essa prende nome, Napoli vede le sue origini divise fra storia e leggenda. La tradizione vuole che la città sia stata fondata col nome di Partenope dalla vicina colonia greca di Cuma, eppure c’è chi ritiene che l’insediamento intitolato alla leggendaria sirena, esistesse già dal IX-VIII secolo a.C. fondato da Greci provenienti dall’isola di Rodi e ubicato in corrispondenza dell’isolotto di Megaride (l’odierno Castel dell’Ovo) e della costa adiacente. L’insediamento cumano sarebbe dunque successivo e risalirebbe al VII-VI secolo a.C., quale ampliamento del precedente nucleo verso la vicina altura di Pizzofalcone, espansione da cui prese vita Palepoli (la “città antica”). Al V sec. a.C. si fa risalire invece l’ulteriore allargamento dello spazio urbano sul declivio verso il mare che dette vita a Neapolis, la “città nuova” che anche dopo la conquista romana del 326 a.C. conservò a lungo carattere e istituzioni greci, durati praticamente fino alla conquista bizantina. Fin dalle origini il mare ebbe un’importanza capitale per Napoli, a lungo potenza marittima di primo piano nelle dinamiche commerciali e militari del Mediterraneo.  Ora dalle profondità di quel mare torna a risuonare l’eco della storia perché, come ha reso noto nei giorni scorsi l’archeologo subacqueo Filippo Avilia, insieme al suo team sarebbe riuscito a documentare l’esistenza di un insediamento portuale ascrivibile all’antica colonia greca di Palepoli, proprio davanti all’isolotto di Megaride, che all’epoca era una penisola.

Il luogo è uno dei più suggestivi di Napoli: si tratta dello specchio di mare su cui si affacciano l’austera mole di Castel dell’Ovo e le terrazze degli alberghi di lusso che svettano sulla panoramica via Partenope. Là dove oggi le spose posano per le foto e gli scugnizzi si tuffano spavaldi, oltre 25 secoli fa sarebbero dunque approdate le navi, protette da una trincea di soldati, con alle spalle una strada per i carri. La zona portuale dell’antica città sarebbe dunque sommersa nelle adiacenti acque marine e già si pensa alla possibilità di rendere accessibile il luogo a una nuova forma di turismo nel cuore della città odierna, con immersioni archeologiche e istallazioni intorno a Castel dell’Ovo volte a mostrare ai visitatori, attraverso ricostruzioni tridimensionali, com’era la città greca delle origini.

Parte della struttura individuata a Castel dell'Ovo, Napoli

Parte della presunta struttura sommersa individuata a Castel dell’Ovo, Napoli

La scoperta, finanziata dall’Università Iulm di Milano, è stata illustrata da Avilia lo scorso 15 marzo al Palazzo Reale di Napoli: l’archeologo ha raccontato come l’esito dei suoi studi fosse stato sottoposto invano all’attenzione degli atenei campani prima di approdare a quello lombardo. Nel corso della conferenza Giovanna Rocca, direttrice del Centro di studi umanistici della Iulm, ha confermato che l’istituzione milanese continuerà a finanziare la ricerca di Avilia anche nel suo prosieguo “visto che ha portato molti iscritti al corso di archeologia subacquea”.

La scoperta“potrebbe riscrivere la ricostruzione storica della città”, ha detto Avilia: infatti il porto più antico di Napoli mai ritrovato finora era stato quello individuato nei pressi del Maschio Angioino, mentre ora il primo nucleo delle attività marinare della città greca sarebbe da spostarsi più ad ovest lungo il litorale cittadino. L’archeologo ha ricordato come la campagna di immersioni sia iniziata nel 2016, traendo spunto dalla comunicazione di tre studiosi cecoslovacchi che nel 1994 avevano parlato della presenza sul posto di alcune gallerie sommerse. Un dato confermato da foto e video che rivelano appunto come, a partire da sei metri sotto il mare, ci siano un canale, una strada scavata nel banco di tufo e quattro gallerie“Abbiamo trovato – ha spiegato Avilia – anche tracce di una strada in salita e un canale lungo 36 metri, chiaramente un prodotto dell’attività umana visto il taglio preciso, che potrebbe essere stato un insediamento militare a protezione dell’approdo”.

Le segnalazioni del ’94 non sono l’unica base su cui si sta sviluppando la ricerca: “vecchi incartamenti ritrovati presso gli archivi della Soprintendenza e mai pubblicati – ha aggiunto lo studioso – hanno consentito di individuare altre zone da ispezionare nei fondali di Castel dell’Ovo. Sono segnalazioni casuali fatte da terzi, dagli anni ’80 fino al 1995 circa, e che, ovviamente, andranno verificate”. Questa collaborazione fra la Iulm e la Soprintendenza di Napoli punta a portare a termine una mappatura completa del mare intorno a Castel dell’Ovo, che consentirà non solo di verificare la presunta destinazione portuale dell’area, ma anche di comprendere le trasformazioni da essa subite in oltre 2500 anni.

Non resta dunque che aspettare gli ulteriori sviluppi di una scoperta che potrebbe realmente aprire nuove prospettive di carattere turistico-culturale per la città, come sottolineato anche dal Soprintendente ai beni archeologici di Napoli Luciano Garella, che ha parlato della possibilità di un turismo diverso, di carattere subacqueo: “le persone che vorranno visitare questo sito – ha detto – dovranno organizzarsi per immergersi. Non è da escludersi – ha aggiunto – l’istituzione di un’area marina protetta a ridosso della città, per quanto la cosa sia alquanto complessa. A tale scopo la volontà dei cittadini sarà determinante, ma per ora bisogna andare avanti in questa ricerca pionieristica”. 

Mario Negri, rettore della Iulm, ha intanto annunciato che le ricerche sottomarine riprenderanno dal prossimo maggio con lo scopo precipuo di individuare, anche attraverso appositi scavi, dei manufatti in grado di offrire una datazione che confermi l’ipotesi formulata finora. Un’ipotesi affascinante che conferma il ruolo da protagonista della Napoli antica: “La città – ha detto Louis Godart, accademico dei Lincei – ha avuto un ruolo straordinario tra i porti nel Mediterraneo, un mare che ha assunto un grande rilievo nella storia e lo ha ancora oggi proprio grazie ai suoi innumerevoli porti”.

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