Così muore Kaulonia! Fra l’erosione marina e il silenzio delle istituzioni anche un lungo altare greco sta per finire in mare

kaulonia

Calabria – L’evidente processo di erosione sul costolone che è sede dell’area archeologica di Kaulonia, città magno-greca fondata nell’VIII sec. a.C., Monasterace Marina (Reggio Calabria) – Ph. Francesco Cuteri

di Redazione FdS

Chi segue Fame di Sud sa che più volte abbiamo parlato del dramma della città magno-greca di Kaulonia, la cui area archeologica nel territorio di Monasterace (Reggio Calabria) ha subito gravi danni lo scorso inverno a causa dell’azione erosiva del mare. Un processo inesorabile che lentamente sta trascinando in acqua il costolone sul quale sorgono i resti dell’antica colonia greca in terra di Calabria. Un luogo in cui storia e mito si confondono, sede del più grande ciclo musivo mai trovato in Magna Grecia; un importantissimo spazio di studio per studenti universitari di archeologia che dall’Italia e dall’estero sono qui venuti, insieme ai loro docenti, a dare un fondamentale contributo allo scavo e alla catalogazione dei reperti. Questo luogo è stato dimenticato: solo parziali interventi protettivi, dovuti alla Provincia di Reggio Calabria, hanno tentato invano mesi fa di arginare i danni, mentre gli interventi più radicali e consistenti tardano ancora ad arrivare, fra le vacue promesse e l’indifferenza delle istituzioni, nazionali e locali, che continuano a fare riunioni alle quali ancora non consegue alcunché di realmente operativo.

Raccogliamo e condividiamo lo sfogo dell’archeologo Francesco Cuteri, da anni impegnato in quest’area. Lo ha pubblicato questa mattina,insieme alla foto che vedete qui in alto,  sulla pagina Facebook del cantiere di scavo Casamatta i cui lavori sta curando da tempo:

“Anche il lungo altare rettangolare, situato nella striscia di terra posta a sud del tempio dorico, ha iniziato il suo lento (speriamo!) scivolamento verso la spiaggia. Negli ultimi tempi, anche se il mare si è mostrato maggiormente tranquillo e il suo colore muta verso quello dell’estate, è continuata l’erosione della duna, con progressivi e inarrestati cedimenti. Crollano muri e altari, crolla l’alta duna sabbiosa e sempre più evidenti appaiono, nelle arretrate sezioni che si formano, strutture e reperti. Sulla spiaggia aumentano i cumuli di macerie e le buche degli scavatori clandestini che rubano parti di quella doppia catena del DNA che è patrimonio comune, collettivo, che appartiene a tutti. Tutti! Intanto il vento soffia ancora; per il resto è silenzio assoluto.”

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