A Bagnolo del Salento torna la antica Fiera Mater Domini

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Il Comune di Bagnolo del Salento e la società Maison de Créatif presentano l’antica “Fiera Mater Domini”, un evento che risale al 1860 ed è il più importante ed antico del borgo pugliese. Una tradizione che si ripeterà anche quest’anno, dall’1 al 3 novembre prossimo, in una edizione rinnovata con alcune novità legate ad un progetto di recupero, rivalutazione e innovazione degli antichi mestieri tipici di Bagnolo, come l’intreccio di “zzuche”, la tessitura e il ricamo, vere specificità del Comune di Bagnolo del Salento e in passato importante fonte di reddito per  gli abitanti.

La fiera, organizzata in onore della Madonna, era un tempo particolarmente attesa dagli abitanti e dai paesi limitrofi. E’ una manifestazione antica, come la piccola chiesa intitolata a Mater Domini che risale al periodo bizantino. Si svolge dalla mattina presto in Piazza San Giorgio e nelle vie adiacenti ed offre la possibilità di ritrovare i prodotti tipici della zona.

Le zzuche di Bagnolo sono corde vegetali realizzate con la cannuccia di palude (pilieddhi) che vegeta lungo le rive dei Laghi Alimini. Gli abitanti, non a caso, sono soprannominati “zucari” (cordai) in riferimento alla loro specializzazione produttiva del passato. Le zzuche hanno sempre rappresentato la più importante attività artigianale del paese, oggi pressoché scomparsa. Il Comune di Bagnolo d’intesa con locali Associazioni e partner privati, in linea con i criteri dettati dalla Regione Puglia, ha voluto presentare una edizione rinnovata della Fiera con l’intento di riaccendere l’interesse su queste antiche tradizioni. Saranno attivati laboratori artigianali per la formazione dei giovani e degli appassionati agli antichi mestieri, con particolare attenzione a quelli tipici del paese.

La cannuccia per le zzuche un tempo veniva raccolta, ammassata e battuta con il mazzuolo (grande martello di legno) fino ad assumere quell’elasticità e flessibilità necessarie per favorirne l’intreccio. Questo si eseguiva lavorando la fibra con i palmi delle mani, imprimendole un moto di rotazione e aggiungendo continuamente nuovi fili di erba palustre così da allungare sempre più la corda. Il risultato finale era l’estrema resistenza della materia. Il centro maggiore di raccolta di questi manufatti era Acquatica del Capo dove si imbastiva la cestineria, utilizzando quasi esclusivamente il più pregiato “pileddhu” che abbonda nelle paludi della costiera ionica (Salina, Tamari, Piccolo Chidro). Nel 1873, alcuni lavori in giunco inviati all’esposizione di Vienna, vennero premiati; a Torino, in una mostra nazionale, le “zzuche” vennero apprezzate per la loro resistenza e il basso costo.  Arrivarono le prime commesse e da Acquatica un agente di Londra esportò in Inghilterra la quasi totalità della produzione.

IL LUOGO

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