Il Figlio Velato: inaugurata a Napoli l’opera di JAGO dedicata alle vittime innocenti

Jago, Il figlio velato, marmo, 2019

JAGO, Il figlio velato, marmo, 2019

di Redazione FdS

“È stato un viaggio lunghissimo, un’avventura iniziata a novembre 2017, un’idea per la quale ho dovuto cambiare vita, ma finalmente il Figlio Velato è a Napoli, alla Sanitá, dove rimarrà per sempre. Mancano pochissimi giorni all’inaugurazione e io non vedo l’ora di abbracciarvi tutti e conoscere le vostre impressioni. Stringere la mano a voi che avete creduto in me e che mi avete seguito fin dall’altra parte de mondo”. E’ ciò che Sabato 21 dicembre ha fatto a Napoli, nella Chiesa di San Severo fuori le MuraJacopo Cardillo, in arte Jago, uno dei più interessanti e originali artisti della sua generazione. Nei giorni scorsi aveva infatti annunciato l’arrivo a Napoli della sua  opera “Il Figlio Velato”, una scultura in marmo che citando – e non solo nel nome – il celebre Cristo Velato del Sanmartino custodito nella napoletana Cappella Sansevero, traspone il senso profondo della pietas dalla dimensione sacra della Fede a quella profana dell’innocenza violata, dramma mai troppo denunciato dei “milioni di innocenti che il nostro tempo consapevolmente sacrifica”.  Soggetto dell’opera “è un bambino simbolo di un’enorme sofferenza, ma anche della speranza che tutto ciò non si ripeta”, ha spiegato l’Autore.
 

Jago, Il figlio velato (part.), marmo, 2018

JAGO, Il figlio velato (part.), marmo, 2018

Disteso su un basamento di marmo il corpo esanime di un bambino sul quale – riprendendo le parole pronunciate nel 1907 da Matilde Serao per il Cristo del Sanmartino – “una delicata pietà ha gettato un lenzuolo dalle pieghe morbide e trasparenti, che vela senza nascondere, che non cela la piaga ma la mostra, che non copre lo spasimo ma lo addolcisce”. Un opera di grande intensità che – come tutta l’arte – “certo non potrà cambiare gli eventi, non potrà fermare le atrocità ma può schierarsi dalla parte della bellezza, può evocare una fratellanza…”. Ad affermarlo è sempre Jago, il trentenne scultore di Frosinone che ha deciso di realizzare un’opera che fosse destinata alla fruizione pubblica facendosi veicolo del suo messaggio personale contro “quell’egoismo che non ci permette più di offrirci agli altri ma che ci conduce a immolare proprio i più deboli per i nostri interessi”.
 

Altare maggiore della chiesa di S. Severo Fuori le Mura, nel Rione Sanità a Napoli - Ph. Giuseppe Guida

Altare maggiore della chiesa di S. Severo Fuori le Mura, nel Rione Sanità a Napoli – Ph. Giuseppe Guida | ccby-sa2.0

Per realizzare l’opera Jago aveva anche lanciato sulla piattaforma Eppela una campagna di crowdfunding escludendo peraltro che il suo eventuale esito negativo compromettesse la decisione di donare l’opera alla città di Napoli. E così è stato. La scultura alla fine è arrivata a Napoli da NewYork, città che nel 2018 ha visto impegnato l’artista 10 ore al giorno per 4 mesi in un laboratorio di Long Island; una trasferta fatta per necessità perché, ha spiegato Jago, in America ha trovato partnership che lo hanno messo in condizione di raggiungere il risultato che aveva in mente, cosa pressoché impensabile in Italia.
 

Jago, Il Figlio Velato, 2018

JAGO, Il Figlio Velato, 2018, Napoli, Chiesa di S, Severo fuori le Mura

Da oggi la scultura è visibile all’interno della Cappella dei Bianchi, simbolo che va ad aggiungersi alla multiforme anima di una città che da millenni accoglie e distilla le più diverse espressioni del pensiero umano. “Il Figlio Velato non è la mia scultura, ma la scultura di tutti, e in particolare di tutte le persone che mi hanno seguito su Facebook in diretta giorno dopo giorno. E’ un’opera di totale partecipazione” – ha spiegato l’artista – noto per la sua scelta di condividere sui social intere fasi del proprio lavoro, finendo così col diventare una vera e propria star soprattutto fra il pubblico più giovane. Tra le sue performance più eclatanti, la lavorazione del ritratto Habemus hominem, un busto in marmo raffigurante Benedetto XVI che all’indomani della sua rinuncia al soglio pontificio l’artista ha spogliato a colpi di scalpello della veste papale riducendolo alla spiazzante essenzialità del corpo nudo di un uomo anziano; un’opera per la quale nel 2012 Jago ha ricevuto la “Medaglia Pontificia”, onorificenza della Santa Sede consegnatagli dal Cardinal Ravasi e dal Segretario di Stato Cardinal Bertone, presso la sede del Pontificio Consiglio per la Cultura in Roma.
 

 
Dopo anni di chiusura al pubblico, la Cappella dei Bianchi all’interno della Chiesa di San Severo fuori le Mura,  luogo in cui l’opera rimarrà esposta, è stata di recente restaurata grazie agli sforzi di padre Antonio Loffredo e conserva al suo interno anche importanti testimonianze artistica di età barocca, tra cui due tele del celebre pittore Luca Giordano. Il Figlio Velato sarà visitabile dalle 10 alle 16 dal lunedì al sabato, mentre la domenica dalle 10.00 alle 13.00. Il ticket d’ingresso è di 6 euro per il biglietto intero e di 4 euro per quello ridotto, riservato ad under 18, over 65, studenti, possessori di ticket “Catacombe di Napoli”, mentre l’accesso sarà gratuito per disabili e residenti.

L’ARTISTA

Jago e la sua "Habemus hominem"

JAGO e la sua “Habemus hominem”

Quello di Jago è un percorso per certi versi atipico perché improntato a scelte non in linea con la comune ‘ortodossia’ dell’ambiente artistico. Classe 1987, dopo aver ricevuto a 24 anni l’invito ad esporre alla 54a Biennale di Venezia ed essere stato diffidato dal suo docente che non lo riteneva ancora pronto per una tale esperienza espositiva, l’artista ha accettato la proposta abbandonando l’Accademia di Frosinone. Negli stessi mesi è stato presente con l’opera “I cinque sensi” alla mostra “Vanitas” presso la Galleria Doria Pamphilj di Roma con i ritratti in marmo dei componenti della famiglia. Fra numerose mostre personali e diversi premi di rilievo vinti, ha iniziato il suo viaggio nel mondo delle gallerie, rivelatesi “troppo autoreferenziali” per aprirsi alla sua arte, per cui decide di rinunciare agli intermediari e di dedicarsi personalmente alla cura della propria immagine affidandola ai social che finiscono col diventare ”elemento compositivo” delle sue opere, come nel caso del Figlio Velato realizzato in diretta streaming sulla sua pagina Facebook, armato dei suoi 5 scalpelli, del suo pantografo e di altri strumenti che, dice lui, “puoi trovare facilmente dal ferramenta, senza doverti inventare nulla”, oltre a un modello in argilla che prepara “prima di aggredire il marmo” per ‘liberare’ dalla materia grezza la forma che ha in mente. Apprezzato a livello internazionale, è stato chiamato a tenere corsi alla New York Academy of Art, esperienza sulla quale ha ironizzato definendola “un paradosso per uno che ha deciso di abbandonare l’accademia”. Con oltre 250 mila follower attivi sulla sua pagina Facebook, 89 mila su Instagram e oltre 13 milioni di visualizzazioni conquistate dal documentario a lui dedicato qualche anno fa dal noto web magazine Fanpage, Jago viene ormai da molti definito Social Artist.

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Due opere di Jago: La pelle dentro e Memoria di sè

Due opere di JAGO: La pelle dentro (2010) e Memoria di sè (2015)

 

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