Fra le vette del Pollino, nella magica oasi calabrese della lavanda

Cespugli di Lavanda del Pollino, Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) - Ph. © Gianni Termine

Cespugli di Lavanda del Pollino, Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

Nel Parco della Lavanda 50 cultivar della pianta crescono intorno alla ”regina” del luogo, la Lavanda del Pollino. Ritenuta una specie a sè, è ricca di proprietà officinali. Fino agli anni ’50 veniva raccolta e distillata ma poi cadde nell’oblio

di Redazione FdS

Fino a pochi anni fa l’unica cosa che in Calabria potesse evocare la Provenza era l’isola linguistica occitana di Guardia Piemontese, piccolo borgo in provincia di Cosenza fondato nel XII secolo da coloni valdesi provenienti dalla piemontese Val Pellice, al confine con la Francia meridionale. Oggi basta andare fra giugno e luglio in c.da Barbalonga, a Campotenese, frazione del bellissimo borgo di Morano Calabro, per ritrovarsi immersi in colori e profumi che richiamano il più classico dei paesaggi provenzali, quello dei campi di lavanda in fiore, che qui crescono nel Parco della Lavanda, a 1100 metri di altitudine fra le vette del Parco Nazionale del Pollino.
 

Scorcio del Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) - Ph. © Gianni Termine

Scorcio del Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

 
Il tratto più originale di questi campi calabresi – che ospitano una cinquantina di cultivar di lavanda, compresi molti ibridi detti ‘lavandini’- è soprattutto quello di essere stati impiantati intorno a una specie di lavanda autoctona, a lungo considerata una comune Lavanda angustifolia, o lavanda officinale o lavanda vera che dir si voglia, ma che a un esame più attento, basato su un confronto con le sottospecie note di angustifolia, ha rivelato delle diversità sia negli aspetti morfologici sia nella composizione dell’olio essenziale, come l’insolitamente alto contenuto in canfora, facendo supporre che possa trattarsi di una specie autonoma la cui distribuzione va dal Cilento al Pollino e alle montagne della Calabria nord-occidentale. Questi dati sono argomentati in uno studio pubblicato sulla rivista scientifica Phytotaxa dai ricercatori Nicodemo Passalacqua e Rosa Tundis dell’Unical e Tim M. Upson della Royal Horticultural Society di Londra.
 
Alcune delle 50 cultivar che crescono nel Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabr, CS) - Ph. © Gianni Termine

Alcune delle 50 cultivar che crescono nel Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabr, CS) – Ph. © Gianni Termine

 
PARCO DELLA LAVANDA: UNA STORIA DI PASSIONE

Sotto il sole cocente di Luglio passeggiamo tra i filari di lavanda dalle mille sfumature cromatiche, che dal viola intenso arrivano fino al bianco. Siamo arrivati appena in tempo perché la raccolta è già iniziata. L’aria è balsamica e tutt’intorno è un brulicare d’api e farfalle di vari colori che suggono nettare dai fiori, sullo sfondo di uno scenario montano da fiaba a molti ignoto perché posto fuori dai circuiti più scontati del turismo regionale. Eppure il Parco è lì, a poco più di un chilometro dall’uscita per Campotenese sulla A2 del Mediterraneo. Lasciata l’autostrada, poco dopo un cartello sulla vostra sinistra vi indicherà il punto in cui svoltare imboccando una strada interpoderale immersa in un paesaggio di perfetta bellezza.
 

Un angolo del Parco della Lavanda e il suo contesto naturale, Campotenese (Morano Calabro, CS) - Ph. © Gianni Termine

Un angolo del Parco della Lavanda e il suo contesto naturale, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

 
Mentre camminiamo con lo sguardo carico di meraviglia, apprendiamo da Selene Rocco, quanto l’irrefrenabile passione della sua famiglia abbia saputo dar vita a un luogo in cui natura selvaggia e oculato intervento dell’uomo convivono in perfetta armonia. Motore primo del progetto sua madre Maria Teresa, tecnico radiologo con il pallino per l’erboristeria e gli olii essenziali: sua e del marito Franco, ingegnere, è stata infatti la decisione di riconvertire la baita delle vacanze e il vasto terreno circostante in un luogo di coltura della lavanda. Una scelta che oggi vede impegnati tutti i membri della famiglia, compreso Paolo Giugliano, marito di Selene.
 
Selene Rocco (al centro) con i genitori e suo figlio - Ph. © Gianni Termine

Selene Rocco (al centro) con i genitori e suo figlio – Ph. © Gianni Termine

 
Il Parco della Lavanda non è infatti solo un luogo che regala emozioni estetiche a piene mani, ma anche uno spazio di lavoro impegnativo dove alla coltivazione segue il raccolto, l’essiccazione naturale, la distillazione degli olii essenziali e la creazione di prodotti con l’aroma del magico fiore, il cui inconfondibile colore vi accoglie fin dal cancello che introduce al Parco e vi accompagna dappertutto. Una realtà di grande pregio che, apprendiamo dai titolari, rimane ancora assurdamente tagliata fuori dai percorsi ufficiali del Parco Nazionale del Pollino, nonostante sia ubicata nel cuore dell’area naturalistica, sia ad accesso gratuito e, soprattutto, abbia portato all’attenzione della scienza e del pubblico la ormai rarissima Lavanda del Pollino.
 
Uno dei momenti finali del processo di distillazione dell'olio essenziale di lavanda - Ph. © Gianni Termine

Momento finale del processo di estrazione, per distillazione, dell’olio essenziale di lavanda – Ph. © Gianni Termine

 
LAVANDA DEL POLLINO: PASSATO E PRESENTE DI UNA SPECIE DIMENTICATA

“Loricanda”: è il nome scelto dalla famiglia Rocco per designare idealmente quella che a detta degli studiosi sarebbe una specie autonoma e non una sottospecie della Lavanda angustifolia. Un nome (omaggio al rustico Pino loricato, straordinario endemismo locale) che riassume in sè la delicatezza del fiore e la tenacia di una pianta resistente alle rigide temperature dei monti del Pollino. Molto meno appariscente delle “consorelle” coltivate in giro per l’Europa e anche nello stesso Parco della Lavanda, la Loricanda cresce spontanea, fra i 900 e i 1700 metri, nelle pietraie del Pollino. I Rocco ne hanno prelevato otto piantine in natura, fra i 1600 e i 1700 metri, affidandone la selezione e la duplicazione in vitro all’Istituto di Biometeorologia IBIMET del CNR di Bologna, centro riconosciuto di conservazione del germoplasma, ottenendo esemplari che, dotati di tutte le caratteristiche genetiche e sanitarie originarie, sono stati poi messi a dimora con successo nei terreni di famiglia.
 

Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) - Ph. © Gianni Termine

Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

 
Una piccola ricerca fatta fra gli anziani della zona, ha permesso ai Rocco di stabilire come fino agli anni ’50 del Novecento, la raccolta e la distillazione della lavanda autoctona fosse una fonte di reddito per le popolazioni della zona. Fra i luoghi di maggiore diffusione della pianta le contrade Calice, Tenuta della Principessa, Campiglione, Barbalonga e Campizzo. Raccolta con la falce, la lavanda veniva portata presso una fontana in contrada Laccata dove in parte veniva distillata e in parte venduta direttamente ad aziende farmaceutiche e cosmetiche del nord come Carlo Erba e Linetti.
 
Distillazione della lavanda sul Pollino per conto dell'azienda Linetti, 3 agosto 1940 © Collezione Privata Feoli

Distillazione della lavanda sul Pollino per conto della Linetti, 3 agosto 1940 © Collezione Privata Feoli

 
I rimboschimenti avvenuti fra gli anni ’50 e ’60, andando in parte ad alterare gli ambienti originari, hanno purtroppo comportato la quasi estinzione della lavanda del Pollino. Da qui l’idea dei Rocco di provare a riprodurla, nella prospettiva di garantirne la sopravvivenza e al tempo stesso di riprendere la distillazione di una materia prima in grado di offrire una fonte di reddito. “Corazzata” come i pini loricati a cui si ispira il suo nome, la Loricanda è in grado di sopravvivere anche per lunghi periodi sepolta nella neve. Ha fusti robusti e ben coperti da una spessa corteccia, mentre steli, rami e foglie sono corti e sottili per resistere al vento che soffia forte sulle vette. Anche le infiorescenze sono piccole e comprendono mediamente non più di cinque-otto fiori. A dispetto però di questa sua modestia esteriore, un attento studio ne ha rivelato qualità eccezionali per la farmacopea e la cosmesi.
 
Mazzetti di lavanda in essiccazione. Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) - Ph. © Gianni Termine

Mazzetti di lavanda in essiccazione. Parco della Lavanda – Ph. © Gianni Termine

 
 LAVANDA: RISORSA PAESAGGISTICA ED ECONOMICA

Il Parco della Lavanda, ci ha spiegato Selene Rocco, si basa sulla convinzione che “ogni progetto agricolo moderno e lungimirante debba nascere nel rispetto del territorio” perché “solo tutelando il territorio e promuovendone la conoscenza si può pensare di farne uno strumento di sviluppo”. Ragion per cui i Rocco non si sono limitati ad avviare tout-court una coltivazione di lavanda, ma hanno pensato al Parco come a una sorta di “giardino botanico” in armonia col contesto, dove è possibile vedere, osservare, imparare a distinguere le varie tipologie di lavanda abbinate tra loro, in base allo sviluppo e al colore, e con altre piante, per lo più aromatiche, che per fogliame, fioritura e forma ne valorizzano la presenza, consentendo al visitatore di vivere un’esperienza sensoriale di grande coinvolgimento.
 

Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

 
Ma ogni progetto agricolo che si rispetti ha bisogno della sua sostenibilità economica: da qui la scelta di accostare alla Loricanda e alle altre cultivar di Lavanda angustifolia – alle cui piccole dimensioni e scarsa produttività corrisponde tuttavia un’alta qualità delle virtù medicinali e una delicata fragranza – gli ibridi economicamente più redditizi (lavandini) che fin dagli anni ’50 si sono sviluppati in Francia come particolarmente adatti a coltivazioni più produttive.
 
Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

 
Percorrendo i sentieri tra i filari è dunque possibile scorgere da un lato la Loricanda e varie angustifoliae come Mailette, Hidcote, Matheronneda cui si ricavano olio essenziale per la farmacopea e l’alta profumeria (la fragranza molto delicata è valsa a queste cultivar il nome di “lavanda fine”, ricercatissima dai grandi profumieri) e fiori secchi ad uso alimentare (per tisane e in cucina), e dall’altro ibridi come Grosso, Super blu, Sumiens, Abrialis, privi di particolari virtù medicinali ma idonei, per via dell’aroma intenso, a ricavarne olio essenziale da profumazione industriale e fiori secchi per i classici “sacchetti” da cassettiera. Fra le curiosità botaniche anche la cultivar Elizabeth selezionata in onore della Regina d’Inghilterra.
 
Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

 
La distillazione della lavanda per ottenerne l’olio essenziale viene effettuata all’interno di appositi contenitori in acciaio nei quali il vapore prodotto dall’acqua in ebollizione raggiunge i fiori e fa sì che questi sprigionino la loro essenza, dopodiché si condensa per raffreddamento indotto e fuoriesce sotto forma di acqua insieme all’olio essenziale: nella miscela l’olio resta in superficie in quanto la sua densità è inferiore rispetto a quella dell’acqua, per cui è facile separare i due prodotti. Se si utilizzano lavande di specie angustifolia, occorrono 230 kg di fiori per ottenere 1 litro d’olio essenziale; se si distillano infiorescenze di ibridi, ne occorrono 140 kg.
 
Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

 
Il Parco della Lavanda oltre che un orto botanico è dunque anche un piccolo laboratorio artigianale nel quale la lavanda viene trasformata in prodotti la cui vendita permette al Parco di continuare ad esistere e ai proprietari di veder compensato il proprio lavoro: a cominciare dall’acqua che residua dalla lavorazione dell’olio essenziale, potente detergente per la pelle nonché ottimo deodorante per la casa ed efficace repellente contro zanzare e parassiti degli animali domestici.
 
Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

 
L’olio invece ha usi diversi a seconda della cultivar di lavanda distillata: quello ottenuto dalla Lavanda angustifolia (o lavanda vera) ha diverse proprietà officinali fra cui una spiccata azione antisettica e antinfiammatoria; con esso si prepara inoltre un delicatissimo sapone per il corpo a base di olio d’oliva, mentre unito al sale di miniera (salgemma) consente di ottenere degli ottimi sali da bagno. L’olio ricavato invece dai lavandini (ibridi) si usa per confezionare candele profumate o come profumo per ambienti diffuso attraverso gli appositi bruciaessenze.
 
Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

 
C’è infine l’uso più tradizionale della lavanda che è quello dei fiori al naturale, previa essiccazione rigorosamente al buio. Le infiorescenze ottenute dagli ibridi vengono impiegati per fare i classici “sacchetti” profumati per la biancheria, mentre quelle di una particolare varietà di Lavanda vera sono utilizzabili a scopo alimentare, sia in cucina che come tisana. La lavanda è anche un’ottima pianta mellifera, utile alle api per produrre uno dei mieli più prelibati in circolazione, e non è detto che i Rocco prima o poi non decidano di metterlo in produzione.
 
Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

 
Il nostro viaggio nell’affascinante mondo della lavanda si conclude dunque qui, in Calabria, nel cuore del Mediterraneo che a tratti lascia scorgere dai monti sprazzi della sua bellezza. Siamo a circa mille chilometri dai Plateaux di Valensole e Claparèdes, dall’Abbaye di Sénanque e dalla Prieuré de Salagon, così come dalla ligure Pietrabruna o dalla veneta Arquà Petrarca, ma la magia del lavandeto in fiore è intatto, col valore aggiunto di un luogo diverso da tutti gli altri, forte della sua unicità. Perché i lavandeti sono un po’ come le vigne, nessuno è mai del tutto uguale all’altro, diverso essendo il territorio che li ospita e il suo humus. Una diversità che, nel caso del Pollino – ci svela Franco Rocco mentre ci congediamo – produce sorprendenti effetti di potenziamento delle proprietà stesse di questa straordinaria pianta.

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Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

 
arco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

 
Lavanda bianca, Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

Lavandula alba, Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

 
Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

Parco della Lavanda, Campotenese (Morano Calabro, CS) – Ph. © Gianni Termine

 
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