L’inquietudine e l’estasi: trionfa a Bari l’Orchestra del Petruzzelli diretta da Bignamini. Successo personale per la solista Isabelle Faust

Il direttore d'orchestra Jader Bignamini e la violinista Isabelle Faust - Ph. Carlo Cofano

Il direttore d’orchestra Jader Bignamini e la violinista Isabelle Faust, Teatro Petruzzelli, Bari – Ph. Carlo Cofano

di Enzo Garofalo

Dagli abissi alle vette più elevate del sentimento, dall’inquietudine del dramma all’estasi dell’emozione più sublime: è il perenne e miracoloso caleidoscopio della musica nel quale ritrovare, ogni volta – in un viaggio infinito nella realtà del mondo e dell’essere umano – una sintesi di ciò che siamo e di ciò a cui aspiriamo. E’ tanto più importante ricordarsi di questo in un momento in cui la musica, a la cultura in generale, sono relegate in Italia al ruolo di fanalino di coda, mentre in altri luoghi del Mediterraneo e del vicino Oriente si dà fuoco agli strumenti musicali considerati non in linea coi locali precetti religiosi. Rigurgiti mostruosi di umana follia di cui solo una cultura aperta al mondo e alle diversità può essere l’antidoto. A ricordarcelo una volta di più è la potenza della musica di Beethoven, demiurgo delle sette note le cui creazioni vivono in un eterno presente, non finendo mai di sollevare nell’ascoltatore sensibile fondamentali interrogativi di carattere etico ed esistenziale. E proprio la musica del genio di Bonn, insieme ad uno dei capolavori di Mendelssohn, è stata al centro dell’appuntamento sinfonico dello scorso 20 febbraio al Teatro Petruzzelli di Bari, gremitissimo e pronto a fine serata a decretare il trionfo di un giovane e talentuoso direttore d’orchestra e di una violinista d’eccezione – il maestro Jader Bignamini e la violinista Isabelle Faust – entrambi accolti con grande e meritato entusiasmo da un pubblico eterogeneo come si è visto a Bari in poche altre occasioni.

Ha aperto la serata la Ouverture in do min. op. 62 dal ‘Coriolano’ di Ludwig van Beethoven, una delle pagine più fosche e tragiche concepite dal compositore tedesco. Muovendo da un dramma di Heinrich Collin oggi dimenticato, egli è riuscito a trasfondere nella partitura una densità e multiformità di sentimenti che rivaleggiano con quelli della omonima pagina letteraria shakespeariana, certamente tenuta in conto dal musicista che per il Bardo ebbe un’incondizionata ammirazione. L’atmosfera incredibilmente drammatica dell’esordio si trasfigura in vibrante irrequietudine per poi sciogliersi in delicato e avvolgente lirismo, ma fino alla fine il pezzo è un percorso fatto di incalzanti contrasti e conflitti senza requie che la sempre più matura Orchestra del Petruzzelli e la felice bacchetta di Bignamini sono riuscite a condurre al traguardo con ragguardevole esito espressivo.

Poco dopo la ricchezza melodica del Concerto in mi min. per violino e orchestra di Felix Mendelssohn Bartholdy si è imposta all’ascolto del pubblico come il naturale complemento dell’estro interpretativo della violinista Isabelle Faust, in perfetta intesa con orchestra e direttore. Un’artista di caratura internazionale, fortemente consapevole e duttile nell’uso dello strumento, capace di calibrare con grande perizia tensione emotiva e lirico abbandono e di modulare suoni di superlativa bellezza con il suo Stradivari del 1704. Una performance eccezionale salutata con applausi scroscianti e ritmati che a Bari di norma il pubblico riserva solo a chi riesce davvero ad entusiasmarlo.

Emozionante chiusura di concerto con la monumentale Sinfonia n. 7 in la mgg. op. 92 di Ludwig van Beethoven, una delle più alte vette della musica di ogni tempo. Considerata una vera e propria summa dello spirito musicale beethoveniano, questa sinfonia ha trovato nell’Orchestra del Petruzzelli e in Bignamini degli interpreti rispettosi ed attenti, sebbene difficilmente l’interpretazione di un’opera così complessa riesca a mettere d’accordo tutti. E’ successo anche stavolta che a fine concerto si sprecassero i commenti sulla ”giusta misura” nell’eseguire Beethoven, il bello della cui musica è di riuscire ad imporsi e ad emozionare a dispetto di tutto e di tutti, animata com’è di una vitalità che travalica le umane contingenze.

La ricchezza di ritmi e movenze di danza in questa sinfonia ne avvalora la definizione datane da Wagner di “apoteosi della danza”, una danza non di maniera bensì evocatrice di vorticosi sentimenti e passioni umane, legati soprattutto ad eventi politico sociali del tempo; ma ecco che alla iniziale vivacità e varietà di colori fa da sublime contraltare il sentimento di elegiaca mestizia dello struggente Allegretto in la minore, movimento sul quale trovano principalmente espressione le più disparate ‘letture’ personali di quest’opera. Sebbene Bignamini ne abbia offerto una visione di minore solennità rispetto a quella riscontrabile in memorabili performance di altri interpreti, ciò non toglie che sia riuscito a garantire coerenza di senso e ricercatezza espressiva nel proprio lavoro di concertazione risultato convincente anche nel Presto, vero inno alla gioia di vivere, e nel finale Allegro con brio,  uno dei più brillanti concepiti da questo straordinario autore.

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Bignamini e Faust al Petruzzelli

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