Tre eccellenze della gastronomia pugliese in vetrina a Milano, presentate da tre pugliesi d’eccezione

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Nelle immagini: in alto a sin. il professor Francesco Lenoci con un pane di Altamura gigante, in una foto di Rocco Lamparelli. A destra un piatto di capocollo di Martina Franca. In basso a sin. le tre località da cui provengono le eccellenze presentate a Milano. In basso a destra le carote di Polignano a Mare

di Redazione FdS

Sabato 31 gennaio, alle 18,00, la sede dell’Associazione Regionale Pugliesi di Milano metterà in vetrina tre eccellenze della gastronomia pugliese: il capocollo di Martina Franca, il pane di Altamura Dop e la carota di San Vito di Polignano a Mare. Le tre specialità sono classificate come BBF, ossia Buone/Belle e Ben Fatte. Ne parleranno Agostino Picicco, Giuseppe Selvaggi e Francesco Lenoci.

Dr. Agostino Picicco: è coordinatore delle Presidenze di Facoltà dell’Università Cattolica di Milano, oltre che responsabile culturale dell’Associazione Regionale Pugliesi.

Dr. Giuseppe Selvaggi: è il coordinatore e il responsabile eventi dell’Associazione Regionale Pugliesi di Milano.

Dr. Francesco Lenoci: è docente Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e Vicepresidente Associazione Regionale Pugliesi , sempre a Milano. Iscritto all’Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili, nel Registro dei Revisori Contabili e all’Albo dei Consulenti Tecnici del Tribunale di Milano.

TRE ECCELLENZE DELLA GASTRONOMIA PUGLIESE

CAPOCOLLO DI MARTINA FRANCA

Utilizzando  tecniche tradizionali e, per quanto possibile, materia prima allevata sul posto, uno dei più celebri salumi di Puglia è senza dubbio il capocollo di Martina Franca. Capocollo è il nome con cui nel Sud Italia si definisce la coppa o lonza, cioè quella parte del maiale che sta tra collo e costata. Sotto la denominazione di Capocollo di Martina Franca, presidio Slow Food, va annoverato quello prodotto nel territorio collinare della Murgia dei Trulli, nei soli comuni di Martina Franca, Cisternino e Locorotondo affacciati sulla Valle D’Itria. La tecnica tradizionale prevede che i capocolli, opportunamente mondati e sagomati, siano messi a macerare sotto sale per 15-20 giorni, poi si lavano con una preparazione a base di vino cotto e spezie. Si insaccano nel budello di maiale e si asciugano avvolgendoli innanzitutto in appositi panni e poi sistemandoli su assi dove rimangono per una decina di giorni. Una volta ben asciutti vengono affumicati. L’affumicatura tradizionale prevedeva che sul pavimento si ponessero rametti di timo, mortella, alloro (piante molto diffuse nella ricca macchia mediterranea della zona) poi accesi ma lasciati bruciare senza fiamma viva. Oggi invece i capocolli si affumicano mettendo a bruciare in appositi camini della corteccia di quercia di fragno (Quercus Trojana), con un numero inferiore di aromi ma con risultati più controllabili. Dopo l’affumicatura inizia la fase di stagionatura, che può arrivare anche a 90 giorni. Il capocollo di Martina Franca viene prodotto nel periodo dell’anno che va da settembre a maggio dell’anno successivo.

PANE DI ALTAMURA

Il pane di Altamura è un prodotto di panetteria tradizionale di Altamura, nella città metropolitana di Bari. È ottenuto dall’impiego di semole (molto ricca di glutine) rimacinate di varietà di grano duro coltivato nei territori dei comuni della Murgia. Nel luglio 2003, a livello europeo, al pane di Altamura è stato riconosciuto il marchio denominazione di origine protetta (DOP). Cotto nei tradizionali forni a legno e in pietra, il pane di Altamura si distingue per la sua fragranza e il suo sapore. Ha crosta croccante e una mollica soffice di colore giallo paglierino. Si presenta sotto due forme tradizionali; la prima denominata localmente «U sckuanète» (pane accavallato), è alta, accavallata, l’altra più bassa, localmente denominata «a cappidde del padre de simone» (a cappello di prete).

L’area geografica delimitata dove sono coltivati i grani comprende i territori dei Comuni di Altamura, Gravina di Puglia, Poggiorsini (Spinazzola e Minervino Murge nella provincia di Barletta-Andria-Trani). La zona di produzione del pane di Altamura comprende soltanto il territorio amministrativo del Comune di Altamura, nella città metropolitana di Bari. Questo pane è ottenuto dal rimacinato di semola di grano duro, ricavato dalla macinazione di grani duri delle varietà «appulo», «arcangelo», «duilio» e «simeto» prodotte nel territorio delimitato dal disciplinare di produzione, da sole o congiuntamente in ragione almeno dell’80%, purché prodotte nel medesimo territorio. Il prodotto si ottiene secondo l’antico sistema di lavorazione che prevede l’uso di lievito madre o pasta acida, sale marino, acqua. All’atto dell’immissione al consumo deve presentare le seguenti caratteristiche: La pagnotta dal caratteristico profumo di peso non inferiore a 0,5 Kg, presenta due forme tradizionali, la prima delle quali, denominata localmente «U sckuanète = pane accavallato», è alta, accavallata, senza baciatura ai fianchi; l’altra più bassa, localmente denominata «a cappidde de prèvete = a cappello di prete», non presenta baciatura. La crosta deve possedere uno spessore non inferiore a 3 mm.; la mollica, di colore giallo paglierino, presenta una omogenea alveolazione; l’umidità non deve superare il 33 %.

CAROTA DI POLIGNANO A MARE

La Carota di Polignano a Mare La carota di Polignano (detta anche “carota giallo-viola di Polignano” oppure “carota di San Vito”) rappresenta un ecotipo della carota. La sua coltivazione è effettuata in un’area piuttosto ristretta, compresa fra 10 e 20 ettari, in prossimità di Polignano a Mare (provincia di Bari), principalmente nella frazione di San Vito. Ha ottenuto il riconoscimento dei presidi Slow Food in quanto esempio di un nuovo modello di agricoltura, basata sulla qualità, sul recupero dei saperi e delle tecniche produttive tradizionali. La lunghezza delle radici varia da 15 a 25 cm, con un diametro che può raggiungere 5 cm. Il colore esterno della radice varia dal giallo pallido al viola scuro, mentre quello interno dal giallo chiaro all’arancione chiaro.

Dal confronto dei tre principali zuccheri presenti (glucosio, fruttosio e saccarosio), è stato osservato che le carote di Polignano mostrano un contenuto totale di glucosio, fruttosio e saccarosio mediamente inferiore di circa il 22% rispetto alla carota comune, con una maggiore percentuale di glucosio e fruttosio rispetto al saccarosio. Quindi il più basso apporto glucidico delle carote di Polignano potrebbe favorire il loro consumo da parte di soggetti che seguono una dieta ipoglicemica. Tale considerazione nasce dalla constatazione che il fruttosio, il quale rappresenta circa un terzo degli zuccheri in questo ecotipo di carota, ha un indice glicemico molto basso (pari a 19), mentre nelle carote comuni il contenuto di tale monosaccaride rappresenta poco più del 12%.

Interessante risulta anche l’indice di dolcezza relativa, cioè la percezione del gusto dolce al palato, dovuto alla quantità e alla tipologia di sostanze con “potere dolcificante” presenti negli alimenti. Nella carota di Polignano l’indice di dolcezza relativa ha raggiunto valori non dissimili da quelli trovati nelle carote comuni. Per quanto concerne l’attività antiossidante si nota come questa sia maggiore nelle carote viola, di circa quattro volte rispetto alle carote comuni e quasi di dieci volte rispetto alle radici gialle o arancioni[3]. Inoltre, è stato possibile mettere a punto un metodo per stimare il contenuto di antiossidanti attraverso l’elaborazione computerizzata di una fotografia digitale delle radici. Attualmente la carota di Polignano viene studiata per l’ottenimento di prodotti derivati (confetture) che possano ampliare l’interesse verso questo ecotipo e di conseguenza la sua coltivazione, cercando di mantenere intatte le caratteristiche nutrizionali della radice attraverso metodi di preparazione innovativi di tali prodotti.

Associazione Regionale Pugliesi, Milano
Via Pietro Calvi 29
ore 18.00
Ingresso libero
Tel. e fax. 02 70005981
Info: arpugliesi@tiscali.it

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