Scoperto in Calabria, a Rocca Imperiale, un monastero fortificato bizantino

scavi a rocca imperiale

Calabria – Scavi in corso in località Murge S. Caterina, Rocca Imperiale (Cosenza)

Longobardi, bizantini, normanni, sono solo tre dei numerosi popoli protagonisti della storia plurimillenaria della Calabria, eppure le tracce ritrovate del loro passaggio diventano ogni giorno più cospicue. Sono circa 10 anni che Giuseppe Roma, professore ordinario di Archeologia cristiana e medievale presso il Dipartimento di Studi umanistici dell’Università della Calabria, si sta dedicando nella zona settentrionale della regione alla ricerca di tracce archeologiche che permettano di ricostruire la storia altomedievale di quest’area. Un lavoro premiato nei giorni scorsi da una nuova interessante scoperta: in località Murgie Santa Caterina, nel comune di Rocca Imperiale (Cosenza), sono emersi i resti di un monastero fortificato costruito dai Bizantini e dedicato, molto probabilmente, a Sant’Anania. Gli scavi sono in corso dallo scorso 15 settembre e coinvolgono archeologi, dottorandi, assegnisti di ricerca e laureandi, sotto la direzione scientifica del professor Roma e la guida della prof.ssa Adele Coscarella e della dott.ssa Franca Papparella. Fanno parte dell’equipe anche un gruppo di operai del Consorzio di Bonifica ed un gruppo di dottorandi dell’Università della California.

Ma vediamo l’antefatto. La recente scoperta si pone sulla scia di quella avvenuta una decina d’anni fa presso Presinace, nel territorio di Nocara (Cosenza), relativa però alla cinta fortificata longobarda* che serviva a controllare la via di penetrazione verso l’interno attraverso la valle del Sarmento: 800 metri di perimetro per una struttura simile a quella di Sassòne nel territorio di Morano Calabro, in corrispondenza del valico di Campotenese. Dagli studi del materiale ritrovato, emerse che si trattava del limes meridionale del ducato longobardo di Benevento, nella Calabria settentrionale, e che interessava non solo Presinace e Sassòne, ma anche Casalini di San Sosti, Sasso dei Greci a Buonvicino, Castellaccio di Cerisano, arrivando fino al Piano della Tirena alla foce del Savuto. Quanto accertato permise così di smentire una volta per tutte l’ipotesi di quanti escludevano la presenza di un confine stabile per i Longobardi del Sud. Queste strutture murarie, con la riconquista della Calabria da parte dei Bizantini nell’885, diventarono presto il contesto all’interno del quale sorsero i loro monasteri fortificati. Questo è ad esempio provato anche da un atto notarile del 1015 redatto in greco proveniente dall’Abbazia di Cava dei Tirreni, in cui si dichiara che il monaco Nicone e suo figlio Ursulo donano all’igumeno Luca (figura di abate ortodosso) del vicino monastero di Sant’Anania la struttura fortificata (castrum) denominata “Rupe del cieco” affinché vi edifichi una chiesa dedicata a San Nicola, vi accolga monaci e dia rifugio ai laici dalle incursioni dei Saraceni. Si è così pervenuti alla identificazione del luogo citato nel documento con il sito di Presinace, all’interno della cui cinta muraria (risalente al VI-VII sec. d.C.) le moderne indagini hanno effettivamente rilevato la presenza di un edificio di culto con una sola abside e una sola navata. Per quanto riguarda invece il nominato (e poco lontano) Monastero di S. Anania si ritiene che possa corrispondere appunto alla struttura di recente scoperta a Rocca Imperiale.

Entrambi questi monasteri sarebbero stati in seguito occupati dai Normanni e in particolare quello di S. Anania sarebbe stato abbandonato dopo la costruzione del Castello di Rocca Imperiale nel XIII sec. (v. foto sotto) che attrasse la popolazione locale prima assiepata attorno al monastero bizantino.

rocca imperiale - castello

Calabria – Ingresso del Castello di Rocca Imperiale (Cosenza) – Ph. Paolo MangravitiLicense

I recenti scavi hanno portato alla luce l’edificio di culto costruito direttamente sulla roccia con l’abside rivolta ad oriente, una parte della cinta muraria, un gruppo di locali, alcune sepolture vuote e la fornace. L’architettura dell’edificio religioso, come si deduce dai resti emersi che recano anche tracce di intonaci dipinti, comprendeva il templon (l’architrave sorretto da colonne che divideva il presbiterio dalla parte dedicata ai fedeli) e i subsellia (i banchi per i presbiteri). Utensili e vasellame in ceramica invetriata e policroma ritrovate in insolite fogge e un deposito di farro e favino (scoperta eccezionale per un’area dove da tempo non si coltivano più cereali e leguminose di questo tipo) testimoniano della ricchezza e dell’intensa produttività agricola e artigianale di questo luogo. In particolare, un campione di tali vegetali è stato inviato a Potenza, presso la Facoltà di Agraria dell’Università della Basilicata, per un esame genetico volto a individuarne con precisione le varietà e a vagliarne una nuova possibilità di coltura.

*DOCUMENTI: Estratti dal volume “LONGOBARDI DEL SUD” (ed. Giorgio Bretschneider, Roma 2010) a cura di Giuseppe Roma

 IL LUOGO

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