Scoperti in Sicilia resti fossili di elefante nano nelle lastre di travertino di alcune finestre

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Elefanti - Ph. Brian Gratwicke | CCBY2.0

Elefanti – Ph. Brian Gratwicke | CCBY2.0

Nel marmo d’una finestra d’ospedale individuati resti di Elephas falconeri o elefante nano di Sicilia, specie vissuta nel Pleistocene medio

di Redazione FdS

A volte accade l’incredibile e questa volta è accaduto in Sicilia dove pochi giorni fa Giovanni Insacco,  noto paleontologo di Comiso (Ragusa), studioso di fossili vertebrati e responsabile del locale Museo di Storia Naturale, ha scoperto, nelle lastre di travertino delle finestre di un reparto dell’ospedale Paternò Arezzo di Ragusa Ibla, resti fossili di elefante nano di Sicilia.A risultare ben visibili, sopratutto ad un occhio esperto come quello dello studioso comisano, i resti di denti (molari e incisivi) e alcuni frammenti di cranio. Insacco ha raccontato di averli notati durante l’attesa della nascita del figlio mentre lo sguardo vagava attraverso le finestre dell’ospedale. Ad attirarlo le inclusioni presenti negli stipiti delle finestre rivestiti da lastre di travertino sulle quale gli si sono mostrati in sezione i resti dell’animale pleistocenico.

L’Elephas falconeri o Elefante nano di Sicilia, a cui si riferiscono i resti, appartiene alla più antica ed alla più piccola tra le due specie di elefante nano siciliano vissuto nel Pleistocene medio, circa 500.000 anni fa. Lo studioso suppone che lastre di travertino, con molta probabilità provengano da Alcamo (Trapani) dove già in tempi storici fu registrata la presenza di resti fossili di Elephas falconeri, come testimoniato sia dagli scalpellini di Alcamo sia da un articolo scientifico del 1988 pubblicato sulla rivista Naturalista Siciliano.

Gli elefanti a cui appartengono i resti fossili rinvenuti sugli stipiti delle finestre dell’ospedale, si ritiene siano coevi a quelli che vissero nel territorio di Comiso. Proprio nell’area di questa località, circa 20 anni fa, lo stesso Insacco individuò le prime tracce dell’elefante nano ed alcuni frammenti oggi conservati nel museo di Comiso.

Non è la prima volta – spiega lo studioso – che importanti reperti paleontologici vengono ritrovati in rivestimenti lapidei di ville, palazzi, chiese, selciati urbani e via dicendo, ma molto probabilmente è la prima volta che accade in un ospedale. Il ritrovamento – aggiunge insacco – ha un importante significato culturale e scientifico ed ora con ulteriori sopralluoghi mirati da effettuarsi con i funzionari dell’Azienda Sanitaria Provinciale 7 di Ragusa, sarà possibile fare un censimento ricognitivo che andrà ad arricchire il patrimonio di conoscenza del Museo Civico di Storia Naturale di Comiso.

L’Elephas falconeri è una specie estinta (meno di 6000 anni fa) di elefante mediterraneo imparentata con il moderno elefante asiatico. Caratterizzato da un’altezza di soli 90 cm, è considerato un chiaro esempio di nanismo insulare. Molto probabilmente gli antenati di questa specie raggiunsero le isole del Mediterraneo durante le ere glaciali, quando il livello del mare si abbassò notevolmente. Oltre che in Sicilia tracce di questo elefante sono state ritrovate a Malta, a Creta e in alcune piccole isole greche. Qualche studioso ha fatto appello proprio ai crani fossili di questo elefante per interpretare il mito dei Ciclopi: le leggende parlano infatti dei Ciclopi come abitanti di quell’area della Sicilia compresa più o meno fra l’Etna, Catania e Lentini. Noti per la leggenda narrata nell’Odissea come esseri giganteschi e mostruosi muniti di un solo occhio, sarebbero in realtà spiegabili alla luce della presenza di crani di elefanti nani, certamente esistiti nell’Isola, in cui il buco della proboscide potrebbe essere stato interpretato come un’unica, grande, cavità oculare.

 

aliamedia

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