
Calabria – L’orizzonte visto dall’Incavallicata, contrada del borgo di Campana (Cosenza) – Ph. © Ferruccio Cornicello | La photogallery completa a fondo pagina
“L’unico vero viaggio verso la scoperta non consiste nella ricerca di nuovi paesaggi, ma nell’avere nuovi occhi”
Marcel Proust
di Enzo Garofalo
Con questa frase di Marcel Proust nella mente mi accingevo a partire per la Calabria in compagnia di Ferruccio Cornicello, fotografo e direttore editoriale di Fame di Sud. Un’idea, quella espressa dal grande scrittore francese, di cui sono da sempre fermamente convinto e che mi porta a tornare più volte in luoghi già noti con rinnovata curiosità. Al tempo stesso però incombeva un interrogativo: ‘Cosa potrò mai scoprire che già io non sappia della regione in cui sono cresciuto?’. Lo avrei saputo da lì a qualche ora, il tempo di percorrere i 252 Km che separano Bari da Pietrapaola Marina, piccolo borgo balneare della Calabria jonica cosentina, per l’occasione eletto a ‘quartier generale’ della nostra ‘due giorni’ fatta di poche tappe fra natura, archeologia e gastronomia. Abbiamo lasciato la Puglia con un cielo che non prometteva nulla di buono. Dopo una ricca colazione a base di cappuccini, tè e cornetti, ci siamo finalmente avviati verso sud imboccando la statale Bari-Taranto. Il tragitto è stato gradevolissimo considerato che man mano che scendevamo lungo la litoranea il clima si è mostrato più clemente facendoci ben sperare in un soggiorno non funestato dal maltempo. E in effetti, col senno di poi, possiamo dire di aver catturato in Calabria appena in tempo gli ultimi scampoli di una lunga tregua metereologica.
Il Museo della Liquirizia “Giorgio Amarelli” e l’incontro con “U’ Tatarannu”
Giunti in Calabria, e trovandoci di strada, la prima tappa è stata a Rossano (Cosenza), al palazzo-fortezza degli Amarelli (XV-XVIII sec.), la famiglia che da più di 200 anni lavora la liquirizia ricavandone prodotti celebri in tutto il mondo. Ero passato da qui in tante occasioni, facendo acquisti presso il delizioso shop al pianterreno, ma sempre fuori dagli orari di visita al Museo della Liquirizia “Giorgio Amarelli” ospitato in alcuni ambienti del palazzo. Sapevo inoltre del Premio Guggenheim assegnato alla Amarelli nel 2001 per l’impegno nella valorizzazione della cultura d’impresa, ma non immaginavo che il museo dedicato alle attività di un’azienda potesse essere così coinvolgente ed esteticamente gratificante, come ho avuto finalmente modo di constatare grazie alla preparatissima giovane guida che ci ha amabilmente accompagnati nella visita.
Un mondo affascinante si è dipanato sotto i nostri occhi: dalle prime pioneristiche macchine create dagli Amarelli per la lavorazione della liquirizia al progressivo espandersi della loro rete di rapporti commerciali; dalle tavole miniate su questa sorprendente pianta dalle molteplici proprietà officinali alla ricostruzione di un antico ufficio di spedizione del prodotto finito, passando per antichi cimeli (abiti compresi) di una famiglia che da secoli conosce il prestigio delle imprese militari, culturali e commerciali: nel museo sono custoditi documenti su Alessandro Amarelli, crociato, morto in Palestina nel 1103 o su Francesco Amarelli, uno dei vincitori della battaglia di Otranto, morto nel 1514, o ancora Giovan Leonardo, Conte Palatino e Priore dell’Università di Messina, morto nel 1667, e Vincenzo, patriota e maestro del più noto letterato e patriota napoletano Luigi Settembrini. E poi memorie della fondazione, avvenuta nel 1731, dell’attuale “concio” Amarelli, alla cui attività fu dato particolare impulso nel 1800 con il miglioramento dei trasporti marittimi e con i privilegi e le agevolazioni fiscali concesse dai Borbone alle industrie di prodotti tipici.
Insomma un allestimento veramente eccellente concepito da Francesco Amarelli, docente di Diritto Romano presso l’Università di Napoli, e una lunga storia di successi alla radice di un presente non meno prestigioso, che giustifica l’appartenenza della Amarelli all’esclusivo club internazionale “Les Hénokiens” radunante imprese familiari con almeno duecento anni di storia e per 4 anni presieduto dalla vulcanica e charmante Pina Mengano Amarelli, consorte di Francesco e presidente dell’azienda rossanese che ha in Fortunato Amarelli il suo giovane amministratore delegato.
Dopo un assaggio degli ormai celebri ‘sassolini’ alla liquirizia e alcuni acquisti nel delizioso shop, abbiamo un po’ curiosato nella parte della tenuta che fronteggia il palazzo sulla quale si affaccia lo storico stabilimento per la lavorazione della materia prima. Qui, enormi cumuli di radici di liquirizia e una lunga teoria di attrezzi storici in ferro e ghisa ormai rimpiazzati da altri più moderni, fanno bella mostra di sé accanto ad ulivi ultrasecolari. Proprio vedendo questi alberi, una volta usciti dalla tenuta, ci siamo ricordati di come quella contrada recante il nome dell’illustre famiglia rossanese, custodisca un esemplare di ulivo particolarmente vetusto. Ferruccio mi ha così guidato verso quello che può considerarsi il vero patriarca del luogo. Un altissimo e antichissimo ulivo dal poetico nome dialettale di ‘U Tatarannu’ (il grande padre) per fortuna sottratto alla spregiudicatezza edilizia della zona, circondato da una semplice aiuola e menzionato su una lapide che, posta ai piedi della venerabile pianta, ne esalta le virtù. (SEGUE)
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Riferimenti bibliografici:
– D. Canino, Le Pietre dell’Incavallicata, Cosenza, Falco editore, 2007, 82 p.
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– J. B. Trumper- A. Mendicino- M. Maddalon (a cura di), Toponomastica calabrese, Roma, Gangemi Editore, 2000, 235 p.
– G. Rohlfs, Dizionario toponomastica e onomastico della Calabria, Ravenna, Longo Editore, 1974, 429 p.
– E. Manzi- V. Ruggiero, La casa rurale nella Calabria, Firenze, Leo Olschki Editore, MCMLXXXVII, 445 p.
– L. Renzo, Campana: itinerari di storia, Rossano (CS), Studio Zeta, 1997, 398 p.
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– G. Valente, Le torri costiere della Calabria, Chiaravalle Centrale (CZ), Frama’s, 1972, 150 p.
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