Nel DNA dei Sardi le tracce della preistoria europea

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Sardegna, torre nuragica - Ph. Peggy / Marco Lachmann-Anke

Sardegna, torre nuragica – Ph. Peggy / Marco Lachmann-Anke

Uno studio scientifico internazionale rivela l’unicità del patrimonio genetico dei Sardi favorita dall’isolamento geografico. Individuati due flussi migratori per la più remota occupazione dell’isola

di Marzio Luras

La sua lunghissima storia di isolamento geografico fa della Sardegna un “unicum” nel contesto euro-mediterraneo e, grazie a uno studio scientifico internazionale, è ora in grado di fornire preziose informazioni sulle origini dell’occupazione dell’isola nel quadro della preistoria europea. Gli abitanti della seconda isola più estesa del Mediterraneo – da sempre al centro di antiche rotte di navigazione e scambi e pertanto oggetto di interesse per numerose discipline, fra cui la genetica – sono infatti protagonisti dello studio appena pubblicato sulla rivista scientifica Molecular Biology and Evolution (MBE), condotto da un team internazionale di ricercatori guidato dalla genetista Anna Olivieri, dell’Università di Pavia. Fra i coautori dell’indagine anche Francesco Cucca, professore di Genetica Medica dell’Università di Sassari e direttore dell’Istituto di ricerca Genetica e Biomedica (IRGB) del CNR e Antonio Torroni professore di Genetica dell’Università di Pavia.

Lo studio fornisce nuovi dettagli sull’origine genetica della popolazione sarda, ma anche sulle migrazioni preistoriche che hanno coinvolto l’intera Europa. Dettagli che i ricercatori sono riusciti ad ottenere analizzando il DNA mitocondriale, ossia quello contenuto nei mitocondri, organelli che fungono da centrale energetica per le cellule. Si tratta di un genoma ereditato per via esclusivamente materna e contiene una sorta di “archivio” dei cambiamenti della sequenza di DNA avvenuti nel tempo, compresi quelli più remoti. Lo studio va ad integrare sul piano dell’ereditarietà materna i risultati di una precedente ricerca sulla popolazione sarda effettuata per via paterna sul cromosoma “Y” (Science, 2013).

Questo studio, il più ampio finora condotto sugli umani, fa parte del più vasto progetto di ricerca chiamato Italgenomics, ideato insieme all’Università di Perugia nel 2012 con l’obiettivo di ricostruire la storia dell’Italia confrontando il Dna antico e moderno di persone e animali domestici. I ricercatori hanno infatti analizzato campioni di DNA mitocondriale di ben 3491 attuali abitanti della Sardegna, rappresentativi di tutte le province dell’isola, e lo hanno posto a confronto con 21 campioni preistorici prelevati da siti archeologici dell’isola datati da 4 a 6 mila anni fa, con un database di più di 50.000 genomi mitocondriali moderni e circa 500 antichi non appartenenti a sardi e persino con il DNA di Ötzi, la più antica mummia europea (circa 3300 a.C.), scoperta nel 1991 fra Italia e Austria ai piedi del ghiacciaio del Similaun.

Da tale confronto è emersa l’unicità del patrimonio genetico sardo all’interno del quadro europeo, e ciò sotto vari profili. Come ha spiegato Anna Olivieri dell’Università di Pavia, prima autrice del lavoro pubblicato, è emerso innanzitutto che circa l’80% dei genomi mitocondriali moderni risulta appartenere a gruppi di sequenze di DNA, detti “aplogruppi”, presenti esclusivamente in Sardegna. L’analisi molecolare ha permesso di calcolare da quanto tempo questi aplogruppi sono sull’isola e si ritiene siano rapportabili ad un periodo compreso tra il Neolitico, il Nuragico e il post-Nuragico, quindi fra i 7800 e i circa 2000 anni fa.

Sequenze di DNA

Sequenze di DNA al microscopio elettronico

C’è però anche un significativo 3% del DNA analizzato il quale rivela età chiaramente antecedenti al probabile inizio del Neolitico in Sardegna circa 7800 anni fa: “Questi nuovi dati – ha detto la studiosa Anna Olivieri – gettano luce sull’origine dei primi Sardi e sulla provenienza genetica ancestrale degli Europei in generale. La nostra analisi rivela che ci sono state migrazioni verso la Sardegna, sia da Oriente che da Occidente, che hanno interessato l’Europa Mediterranea a partire dal periodo post-glaciale e prima dell’avvento del Neolitico”.  Quanto riscontrato – ha aggiunto il prof. Francesco Cucca“rappresenta l’evidenza genetica più chiara fin qui ottenuta di un popolamento della Sardegna durante il Mesolitico [periodo intermedio dell’Età della pietra compreso fra il 10000 e l’8000 a.C. – NdR], che era finora prevalentemente sostenuto da alcuni ritrovamenti archeologici. Inoltre i due aplogruppi pre-Neolitici, definiti K1a2d e U5b1i1, hanno precursori genetici rispettivamente nel Vicino Oriente e nell’Europa Occidentale, il che suggerisce una provenienza dei primi abitanti della Sardegna da regioni geografiche differenti”.

E’ evidente dunque come i sardi moderni siano portatori di un corredo genetico davvero unico, perchè grazie alla sua condizione di relativo isolamento, la Sardegna si è sottratta alle più tumultuose “contaminazioni” demografiche vissute dal continente europeo, riuscendo di conseguenza a preservare tracce genetiche così antiche. “Tali tracce – ha spiegato Anna Olivieri – sono ‘firme’ ben precise lasciate dalla mobilità umana, dall’intercomunicazione e dal flusso genetico attorno al Mediterraneo fin dai tempi dell’ultima era glaciale e nei sardi sono sopravvissute fino ai giorni nostri”.

“Le nostre analisi – ha concluso il prof. Antonio Torroni – apportano infatti un nuovo tassello al mosaico del popolamento dell’Europa, che si sta rivelando sempre più complesso e sfaccettato, specialmente nell’area Mediterranea”.

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