Coronavirus: studente salernitano scopre la mutazione all’origine del passaggio all’uomo

Elaborazione grafica di Coronavirus

Elaborazione grafica di Coronavirus

La mutazione decisiva per il salto di specie, dagli animali all’uomo, sarebbe avvenuta fra il 20 e il 25 novembre 2019

di Redazione FdS

Dopo il successo di circa un mese fa che lo ha portato con i suoi colleghi a mappare per primi il genoma del nuovo coronavirus all’origine dell’epidemia di Covid-19, torna sotto i riflettori lo studente 24enne Domenico Benvenuto – originario del piccolo borgo di Montecorvino Rovella (Salerno) – che insieme ai prof. Massimo Ciccozzi, Silvia Angeletti e Marta Giovanetti, team di scienziati attivi presso l’unità di ricerca di Statistica Medica e di Epidemiologia Molecolare del Campus Biomedico di Roma, si sta occupando da tempo di ricostruire la struttura genetica del nuovo agente patogeno in modo da comprenderne la storia evolutiva e da monitorarne le eventuali mutazioni. Accessibile online e in via di pubblicazione sul Journal of Clinical Virology è ora la ricerca che ricostruisce la mutazione genetica che ha trasformato il coronavirus degli animali in un virus umano, adattato cioè all’organismo degli esseri umani e capace di colpirlo. Domenico Benvenuto ne è il primo autore.

Partiti dallo studio delle sequenze genetiche del virus in circolazione in Cina, il gruppo di scienziati diretto dal prof. Ciccozzi, ne ha ricostruito le mutazioni fino a scoprire quella che è stata decisiva per il cosiddetto salto di specie, ossia il cambiamento che ha permesso a un virus tipico degli animali, in particolare dei pipistrelli, di diventare capace di aggredire l’uomo. Secondo gli studiosi tale mutazione molto particolare sarebbe avvenuta fra il 20 e il 25 novembre 2019, mentre da metà dicembre avrebbe cominciato a prodursi il contagio da uomo a uomo in Cina. Circa invece la comparsa del cosiddetto paziente-1 in Italia, essa avrebbe fatto seguito ad una circolazione del virus già tre-quattro settimane prima, con la possibilità quindi dell’insorgere di altri precedenti casi di contagio non riconosciuti come tali perché scambiati per semplice influenza stagionale.

Come tutti i virus, anche il coronavirus SarsCoV2 va dunque incontro a continue mutazioni per adattarsi al sistema immunitario dell’individuo che ne viene colpito. A mutare per prime – spiegano gli studiosi del Campus Biomedico – sono state due proteine strutturali, mentre la terza mutazione del coronavirus – quella decisiva che ha innescato l’epidemia umana – ha riguardato la proteina di superficie chiamata ‘spike’ (punta, spina), che il virus utilizza per aggredire le cellule e invaderle per moltiplicarsi; una proteina di cui recentemente l’Università del Texas ad Austin con l’Istituto americano per la ricerca sulle malattie infettive (Niaid), parte dei National Institutes of Health (Nih), ha ricostruito la struttura molecolare. Una ulteriore mutazione sarebbe poi intervenuta a modificare il tasso di letalità del virus che, partito con un’infettività superiore a quella della Sars, ha fortunatamente visto poi calare la propria letalità in modo significativo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
 

Lo studente campano Domenico Benvenuto

Lo studente campano Domenico Benvenuto

 

Rispondi

Il tuo indirizzo e-mail non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono segnalati *

*

Torna su