A Siponto l’Arte ricostruisce il Tempo con l’onirica Basilica di Edoardo Tresoldi

Puglia - Visione notturna della Basilica paleocristiana ricostruita dall'artista Edoardo Tresoldi, Parco Archeologico di Siponto, Manfredonia - Ph. © Giacomo Pepe

Puglia – Visione notturna della Basilica paleocristiana ric0struita dall’artista Edoardo Tresoldi, Parco Archeologico di Siponto, Manfredonia – Ph. © Giacomo Pepe | Immagini nel testo e photo gallery a fondo pagina

di Alessandra Scriva

Da mesi pensavo di dedicare un articolo a Edoardo Tresoldi, un giovanissimo scenografo, scultore, pittore e installatore originario di Cambiago in provincia di Milano. Mi aveva tanto affascinato “L’uomo dei venti”, la sua prima scultura monumentale in rete metallica creata in Calabria, a Pizzo Calabro (Vibo Valentia), in occasione del “Mura Mura Fest 2013”. Un’opera che da subito ha avuto il potere di evocare forti emozioni, qualità che d’altronde avrebbero rivelato anche tutte le opere successive dell’artista. La scultura è diventata in breve uno dei monumenti più fotografati del paese, soprattutto al tramonto, quando attraverso la sua sagoma trasparente, che guarda pensierosa l’orizzonte, s’intravede il sole che s’immerge in quelle gocce di mare vegliato dalla sentinella imponente e fedele del vulcano Stromboli. Improvvisamente pochi giorni fa, apprendo di un nuovo lavoro di Tresoldi, questa volta nel bellissimo Parco Archeologico di Siponto, a Manfredonia (Foggia), scenario di una nuova opera site-specific dell’artista che tanto mi aveva conquistato. Ecco dunque un’occasione più che propizia per parlarne.

Edoardo Tresoldi, L'uomo dei venti, Pizzo Calabro (VV) - Ph. © Alessandra Scriva

Edoardo Tresoldi, L’uomo dei venti, Pizzo Calabro (VV) – Ph. © Alessandra Scriva

Nel territorio del Gargano, promontorio che si protende nelle acque cristalline dell’Adriatico, mare delle splendide isole Tremiti, si ergeva l’antica e strategica città di Siponto nei secoli appartenuta a Dauni, Greci, Romani, Bizantini, Longobardi e Normanni, situata nello Sperone d’Italia tra il fresco delle rocce del Monte Sant’Angelo e il respiro dei proteiformi ulivi, fra casali gotico-romanici e longobardi. Un luogo in cui ci si inebria di spirito mediterraneo, del profumo della dignità del Tempo e della memoria rinnovata di una regione rinata qual è la Puglia. Immersa in questa silenziosa e fascinosissima location si staglia da Venerdì 11 Marzo, ormai completa e definita, l’ultima opera di Edoardo Tresoldi, l’installazione più grande al mondo in rete di acciaio elettrosaldata, alta ben 14 metri.

Visione della Basilica Paleocristiana di Edoardo Tresoldi vista dall'interno - Ph. © Giacomo Pepe

Visione della Basilica Paleocristiana di Edoardo Tresoldi vista dall’interno – Ph. © Giacomo Pepe

Questa volta l’artista contemporaneo, insieme al suo team under 25, ha coraggiosamente lanciato una sfida a sé stesso, mettendo a dura prova le sue capacità tecnico-esecutive, con la realizzazione di una struttura stimolante ed entusiasmante per la sua architettonica monumentalità. E’ infatti la più grande installazione da lui mai realizzata, tanto da aver avuto il bisogno di congegnare un complesso sistema di tenute per sostenere un totale di 4.500 metri quadrati di intricati reticolati di fili metallici. “Progetti simili non sono stati mai fatti prima – dichiara l’artista – e, di conseguenza, lavoravo costantemente senza la certezza di riuscirci davvero. Passavo le notti a sognare la chiesa che si accartocciava. Poi abbiamo trovato il sistema e tutto è diventato più facile” [vedi a fondo pagina la video intervista all’artista]. Con grande maestria e dedizione e, come si evince facilmente, non senza ostacoli, in soli cinque mesi Tresoldi è riuscito a “ridisegnare” e a “scolpire”, con 7 tonnellate di acciaio, i volumi dell’alzato della basilica paleocristiana prospiciente la chiesa di Santa Maria Maggiore di Siponto, ripercorrendo il perimetro originario risalente al IV sec. d.C. La basilica era suddivisa in tre navate con abside centrale semicircolare, impreziosita da pregiati pavimenti musivi relativi alla fase di edificazione e alla sua ristrutturazione avvenuta nel secolo successivo .

Dettagli architettonici della Basilica Paleocristiana di Edoardo Tresoldi a Siponto, Manfredonia (Fg) - Ph. © Giacomo Pepe

Dettagli architettonici della Basilica Paleocristiana di Edoardo Tresoldi a Siponto, Manfredonia (Fg) – Ph. © Giacomo Pepe

In un posto così incantevole e ricco di storia, questo lavoro non poteva fare a meno di dialogare intimamente con la natura e il paesaggio circostante, che viene infatti quasi incapsulato all’interno delle trasparenze dell’opera stessa. Vediamo, infatti, come gli alti pini di Aleppo, sagomati dalla incisiva azione dell’uomo, entrando nella visione prospettica dell’opera, sembrano voler trovare protezione dentro il confortevole ventre dell’abside ricostruita dal Nostro. Uno spazio quindi che, grazie alla trasparenza delicata del materiale, ha adottato l’opera di Tresoldi fin dal primo istante, in ricordo di quell’antica presenza perduta.

La Basilica di Edoardo Tresoldi e (a destra) lachiesa di Santa Maria Maggiore di Siponto - Ph. © Giacomo Pepe

La Basilica di Edoardo Tresoldi e (a destra) lachiesa di Santa Maria Maggiore di Siponto – Ph. © Giacomo Pepe

Questo innovativo progetto rientra nel piano di valorizzazione promosso dal segretario regionale MiBACT e dalla Soprintendenza archeologica Puglia; il costo dell’installazione è stato di 900 mila euro, parte dei 3,5 milioni di euro stanziati per il Programma Operativo Interregionale “Attrattori culturali, naturali e turismo 2007-2013”. L’intera iniziativa ha come slogan ”Dove l’arte ricostruisce il tempo”. La committenza pubblica, in questa occasione, ha inaspettatamente deciso di essere audace e fiduciosa puntando sulla creatività di un artista emergente, piuttosto che affidarsi, come da tradizione, alle soluzioni di più rinomati architetti.

Lo stesso Luigi La Rocca, Soprintendente Archeologo della Puglia, ha spiega la genesi di questo programma: “Il progetto è nato da un’esigenza di carattere conservativo per coprire e proteggere i mosaici della basilica paleocristiana. Nel corso della progettazione abbiamo deciso così di coniugare gli aspetti ricostruttivi dell’alzato con le esigenze di conservazione e abbiamo trovato nella leggerezza e nella trasparenza delle opere di Tresoldi il modello di riferimento da utilizzare” [Nel video seguente, a cura di Ppan Comunicazione, l’intervista al Soprintendente La Rocca]

La tecnica usata dall’artista è molto complessa, il suo è un lavoro certosino in cui la manualità richiesta non è immune da rischi di ferite alle mani. La costruzione dei blocchi tridimensionali, modellati artigianalmente a mano, e poi l’assemblaggio in loco sono un lavoro in itinere, in continua sperimentazione ed evoluzione e, in base alle esigenze, non scevro di modifiche dell’ultimo momento. L’opera comunica con lo spazio in cui sorge e perciò viene rielaborata in base alle relazioni che si creano direttamente sul sito tra l’opera stessa e il paesaggio. Questo perché la copertura – che interferisce con il landscape – produca un landmark che non infastidisca ma diventi un tutt’uno con esso, integrandosi e fondendosi perfettamente. In quest’ultimo lavoro la soluzione punta, dunque – nelle intenzioni di chi lo ha commissionato ed eseguito – ad essere un modello sostenibile, reversibile e compatibile, e comunque non invasivo, utilizzabile in un scavo archeologico.

La poetica che caratterizza l’installazione è la vivificazione di uno spazio perso ora nuovamente ripercorribile e tangibile, ma allo stesso tempo trasparente e vuoto, attraversabile con lo sguardo. Nel Parco di Siponto, dunque, per la prima volta il linguaggio antico e quello contemporaneo si sono mirabilmente amalgamati instaurando un dialogo unico. Il rapporto che si viene a costituire tra uomo, natura, passato e presente è di un suggestivo e forte riverbero emotivo. Il carattere dell’arte contemporanea dà insomma la possibilità di vedere, di ripercorrere, di contemplare la basilica paleocristiana distrutta, attraverso la luce catturata nelle trasparenze dell’installazione, riflettendone l’idea su una materia sensibile, consentendo a noi di percepirla e ad essa di vivere un altro tempo.

Particolare della Basilica Paleocristiana di Edoardo Tresoldi e della chiesa di S. Maria Maggiore di Siponto, Manfredonia (Fg) - Ph.  © Blindeyefactory

Particolare della Basilica Paleocristiana di Edoardo Tresoldi e della chiesa di S. Maria Maggiore di Siponto, Manfredonia (Fg) – Ph. © Blindeyefactory

La realizzazione di quest’opera ha richiesto una sinergia di competenze di diverso ambito – architetti, esperti in Beni Culturali, Storici dell’Arte, Restauratori e Archeologi – fondamentale per essere coerenti con lo stile della struttura e restituire identità al Parco senza creare un falso. L’artista, affiancato dagli esperti, ha infatti compiuto un serio e meticoloso lavoro di comparazione e confronto con altre chiese dell’epoca, definendo così le dimensioni, le altezze e tutti i rapporti della basilica paleocristiana. Tresoldi, partendo dalla pianta e dai frammenti architettonici rinvenuti dagli scavi, ha ottenuto un’ipotesi verosimile di quello che poteva essere la chiesa originaria.

L’opera che ne viene fuori è molto suggestiva, ancor più quando giunge il tramonto. Di sera le luci creano un gioco di emozioni; il rifrangere sulla rete metallica dei raggi del vespro catapulta il visitatore in una dimensione eterotopica. Basta infatti far balzare in alto lo sguardo e dall’interno della struttura si è già fuori, senza fare alcun passo. In un solo attimo, contemporaneamente, con gli occhi scorgiamo oltre il tetto il cielo del nostro presente, mentre con i piedi sovrastiamo il pavimento di un passato lontano.“Oltre ad un lavoro sullo spazio– afferma Tresoldi- è stato fatto un lavoro sul tempo” .

Particolare della Basilica Paleocristiana di Edoardo Tresoldi al tramonto, Siponto, Manfredonia (Fg) - Ph. © Giacomo Pepe

Particolare della Basilica Paleocristiana di Edoardo Tresoldi al tramonto, Siponto, Manfredonia (Fg) – Ph. © Giacomo Pepe

Il risultato è una costruzione di grande astrazione, che ricostruisce la tridimensionalità, viaggiando sulla costante della realtà e dell’illusione giocata dal vuoto della trasparenza, che dà quella sensazione di non finito, cifra delle opere di Tresoldi. Ologrammi reali, ricami leggeri nell’aria, in cui tutto quello che sembra mancargli sostanzialmente è tutto quello che hanno e serve per renderle uniche.

A mio avviso la bellezza dell’installazione è nella sua dinamicità: in ogni ora della giornata si modifica a secondo della posizione del sole, la luce cambia e trasforma anche il modo di percepirla, diventando così una basilica fantasma, che scompare tra i bagliori del metallo e le sue ombre. Inoltre, offre diversi punti di vista, costruisce illusionistici meccanismi di osservazione, effetti che la rendono idealmente un’installazione “magica”, scrutabile e iper-scrutabile, a seconda del focus visivo che decidiamo. Ci permette, infatti, di soffermarci sui primi piani o i secondi piani. Ci incoraggia a fermarci o ad andare oltre le ombre, le luci, le trasparenze e lo stesso lucente filo metallico che si sovrappone. Tutto ciò, dunque, invoglia a divertirsi nel trovare continui punti differenti per ammirarla e fotografarla.

Per la prima volta l’arte contemporanea dà prova di essere capace di restituire idealmente un sito al suo antico splendore, valorizzando la memoria che sembrava perduta e favorendone la divulgazione, con notevoli possibilità di fungere da prezioso volano per lo sviluppo turistico del territorio di Manfredonia [continua dopo il video].

NEL PARCO ARCHEOLOGICO I SEGNI DI UNA STORIA ULTRAMILLENARIA

L’opera di Edoardo Tresoldi, come già accennato, insiste su un luogo che ha alle spalle decine di secoli di Storia. La diruta civitas Sipontina, già descritta come tale in un atto del 1155 e inesorabilmente in rovina a partire dalla seconda metà del XIII secolo, ha visto i suoi primi scavi archeologici regolari negli anni ’36- ‘37 del secolo scorso. Gli interventi più recenti, seguiti nel corso dei decenni, hanno fatto riemergere le ultime orme e gli ultimi segni di un passato lontano.

Il Parco Archeologico di Siponto è di grande rilevanza storica poiché testimonia l’importanza assunta dall’antica città, sede in origine di un insediamento dauno successivamente ellenizzato, diventando uno dei porti più settentrionali della Magna Grecia. A questo epoca risale la leggenda di una fondazione mitica a opera dell’eroe omerico Diomede. In seguito, venne conquistata dai Sanniti e nel 335 a.C. da Alessandro I, re dell’Epiro e zio materno di Alessandro Magno. Nel 189 a.C. divenne colonia romana, mantenendo comunque viva la sua importanza strategica e commerciale, infatti, fu considerata uno dei più importanti porti dell’Adriatico nella Regio II. Sede vescovile dal 465 d.C., Siponto fu centro importante tra il IV e il V secolo, epoca in cui vi fu costruita la basilica paleocristiana. A lungo contesa fra Longobardi e Bizantini, venne distrutta da questi ultimi nel VII secolo, durante il regno di Costante II. Ricostruita, fu brevemente possedimento saraceno nel IX secolo e divenne sede di una delle 12 contee normanne. La città fu anche sede di insediamenti ebraici, alla fine del X sec., e fu anche una delle prime sedi della religione cristiana, qui infatti vi era una delle più importanti diocesi della regione.

La chiesa di S. Maria Maggiore di Siponto vista dall'interno della Basilica Paleocristiana creata da Edoardo Tresoldi a Siponto, Manfredonia (Fg) - Ph. © Blindeyefactory

La chiesa di S. Maria Maggiore di Siponto vista dall’interno della Basilica Paleocristiana creata da Edoardo Tresoldi a Siponto, Manfredonia (Fg) – Ph. © Blindeyefactory

Il Parco narra le vicende di questo luogo attraverso numerosi reperti databili dal II secolo a.C. all’Alto Medioevo, dalla fondazione della colonia romana all’abbandono della città nel secondo decennio del XIII sec . Siponto, come accennato, nel corso della sua esistenza subì pesanti distruzioni, e qualche studioso sostiene che fu distrutta da un terremoto avvenuto nel 1223. In ogni caso in questo periodo si ebbero probabili fenomeni di bradisismo e impaludamento dell’area, che resero il clima insalubre. Pertanto Manfredi, ultimo sovrano svevo del Regno di Sicilia e principe di Taranto, prese provvedimenti drastici, soprattutto per motivi strategici e decise nel 1256 di rifondare la città due miglia a Nord dall’insediamento originario, imponendole il suo nome in segno di futuro prestigio, onore e potenza: Manfredonia.

Alle innumerevoli vicende storiche e ambientali, succedute lungo il corso dei secoli sono sopravvissute, la chiesa di Santa Maria Maggiore e la chiesa sottostante a essa. Quella superiore romanica del XII sec. d.C. è a pianta quadrata, lo spazio centrale è limitato da quattro pilastri, congiunti da archi ogivali su cui s’imposta una cupola a sesto ribassato, terminata da una lanterna a otto archetti che ne slancia la struttura. L’altare maggiore è ricavato da un sarcofago paleocristiano, sul quale è esposta una copia dell’icona bizantina di Santa Maria Odigitria, oggetto di grande devozione, da cui la basilica prende il nome; attualmente custodita nella Cattedrale di Manfredonia. Santa Maria Maggiore è ritenuta un gioiello cardine e significativo dell’architettura romanica pugliese perché uno dei primi esempi di questo stile nel Gargano con influenze islamiche e armene. Nell’attuale progetto di riqualificazione dell’area è stato compreso anche l’impianto illuminotecnico e il restauro della cripta. Le infiltrazione e l’umidità avevano compromesso con concrezioni di calcare alcune parti della struttura e delle decorazioni come i capitelli, gli elementi lapidei e gli affreschi.

Attraverso una scala esterna si scende nella basilica inferiore, realizzata dopo la costruzione di quella superiore, sfruttando i muri perimetrali di un tempio classico. La sua bellezza è data dalle sue forme geometriche, che caratterizzano l’intero ambiente. Venticinque volte quadrate a crociera e archi a tutto sesto sono poggianti su venti colonne marmoree con capitelli di diverso stile. Inoltre, vi sono quattro grossi poderosi pilastri corrispondenti a quelli della chiesa soprastante. Nella cripta, era custodita “la Sipontina”, una statua lignea del V-VI sec. d.C., conosciuta come la leggendaria Madonna degli occhi sbarrati, in legno policromo di carrubo d’origine bizantina; tanto antica che presumibilmente si pensi sia stata la prima icona della Vergine venerata a Siponto. Restaurata nel 2012, oggi si trova anch’essa conservata nel Duomo di Manfredonia.

Insomma, non vi resta che andare a visitare il Parco di Siponto. Per informazioni e visite contattare il Museo Nazionale di Manfredonia chiamando al +39 0884587838.

Mi piace concludere con una frase che credo calzi a pennello con l’intervento di Tresoldi a Triponto, frase pronunciata dal noto regista Francis Ford Coppola: “Un elemento essenziale dell’arte è il rischio. Se non rischi come potrai creare qualcosa di autenticamente bello che non è mai stato visto prima?”

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A Siponto l'Arte ricostruisce il Tempo con l'onirica Basilica di Edoardo Tresoldi

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