Scoperte. La Calabria di oltre 4 secoli fa nel codice Romano-Carratelli

La Calabria da sogno del codice Romano-Carratelli

Marina di Ardore (RC), acquerello, XVI-XVII sec. | Immagine inedita in anteprima per FDS

La Calabria da sogno del codice Romano-Carratelli

Il progetto di rinforzo della Torre di Pagliapoli (RC), acquerello, XVI-XVII sec.

La Calabria da sogno del codice Romano-Carratelli

La marina di Bianco (RC), acquerello, XVI-XVII sec.

La Calabria da sogno del codice Romano-Carratelli

Il progetto della Torre di Bagnara (RC), acquerello, XVI-XVII sec.

La Calabria da sogno del codice Romano-Carratelli

Veduta di Tropea (VV), acquerello, XVI-XVII sec.

La Calabria da sogno del codice Romano-Carratelli

Il promontorio di Capo Colonna (KR) con le 2 colonne, acquerello, XVI-XVII sec.

 
di Giuseppe Fausto Macrì

English_flag Ormai circa cinque anni fa, mentre ero sul web alla ricerca di eventuali notizie sulle torri costiere di Calabria per completare la mia monografia sulla Torre di Pagliapoli (oggi un relitto torriero, ma in realtà una delle più antiche torri costiere dell’Italia Meridionale), ad un certo punto mi imbattei in una pagina che conteneva una notizia che, letteralmente, mi fece sobbalzare sulla sedia: uno Studio Antiquario aveva infatti messo in vendita un volume contenente un centinaio di disegni di torri costiere di Calabria Ultra. Le scarne indicazioni parlavano di una datazione approssimativa al XVII secolo ed erano accompagnate dalla fotografia di una pagina del manoscritto, la quale, tra l’altro, era stata la vera responsabile del mio sobbalzo: vi si vedeva, infatti, mirabilmente dipinta, con la tecnica dell’acquerello, un tratto costiero delle mie parti – quindi, a me ben noto – accompagnato da una breve relazione nella quale l’anonimo estensore indicava nella crocetta del disegno il punto in cui suggeriva l’edificazione di una torre a difesa di quella zona, già in passato ripetutamente fatta segno di scorrerie piratesche. Inutile esaltarne la bellezza (che ognuno può ammirare nella foto 1) e l’enorme interesse che rivestiva per le prospettive del mio libro.

Attraverso un vorticoso giro di telefonate, quindi, riuscii a contattare la Casa d’aste che lo aveva battuto e, attraverso l’amica Simonetta Conti, docente di Geografia alla Seconda Università degli Studi di Napoli e grande esperta di cartografia antica, l’esperto ufficiale della stessa Casa, buon amico e collega della prof. Conti, per pregarli di chiedere a quello che poi scoprii essere l’ultimo ignoto acquirente se acconsentiva a permettermi di prendere visione del manoscritto.

Ottenuta la tanto sospirata risposta affermativa, ero già pronto a saltare sul primo aereo per raggiungere il nuovo possessore del manoscritto, quando con mia grande sorpresa mi venne detto che questi era calabrese, di Vibo Valentia. Felice (lo ammetto: sono un pigro e non amo molto viaggiare) per la favorevole coincidenza, ebbi quindi la fortuna di fare la conoscenza di uno straordinario personaggio, colto e raffinato (una volta si sarebbe detto mecenate), Domenico Romano Carratelli, la cui sconfinata passione per gli antichi tomi lo aveva portato a fondare, a Vibo Valentia, l’Accademia dei Bibliofili, e poi ad acquistare il prezioso volume di cui stiamo parlando, insieme a tanti altri libri – alcuni di grande valore – che compongono la sua cospicua biblioteca.

L’emozione nello sfogliare, una ad una, le 99 pagine del manoscritto fu grande, ma ancor di più lo fu scoprire l’enorme messe di dati del tutto inediti e, in qualche caso, inopinati, che in qualche misura avrebbero certo costretto i ricercatori del settore a rivedere radicalmente alcune ipotesi storiche ritenute, erroneamente, già abbondantemente consolidate. Perché il manoscritto, purtroppo anonimo e senza data, non è soltanto uno sterile elenco redatto da un generico visitatore, e per fini meramente statistici: esso, infatti, fu sicuramente opera di un tecnico (ingegnere o architetto), esperto, appunto, di architettura militare, inviato a prendere visione di un sistema talmente strategico, da imporre probabilmente la gelosa custodia in tutta segretezza della relazione finale scaturita.

Al di là, dunque, del fatto che esso rappresenti il più attendibile e preciso elenco di opere realizzate a quella data oggi in circolazione, vi si trovano preziose informazioni su dimensioni, stato delle strutture, armamenti, personale di custodia ecc., di ogni singola torre della Provincia di Calabria Ultra, a partire, cioè, dal Crotonese e finendo all’area del Lametino. Ne sia d’esempio proprio la pagina dedicata alla torre di Pagliapoli (foto 2): la relazione annessa ci informa che la struttura era alta 90 palmi (24 metri circa!), dotata di due “mascoli” (temibili cannoncini che, oltre a seminare lo scompiglio grazie ad una rosa di piccoli oggetti sparati – quasi un “effetto lupara” – emettevano un fortissimo rumore di scoppio, utilizzato anche per segnalazioni a grandi distanze) e che necessitava essere rinforzata mediante una spessa cortina in muratura (più adatta a resistere alle caratteristiche degli assalti militari dell’epoca: la torre di Pagliapoli, infatti, era preesistente al Sistema Difensivo Vicereale, essendo stata edificata per soli fini di avvistamento attorno a due secoli prima). Pertanto, l’immagine riportata non è un “ritratto” dell’esistente, bensì un vero e proprio progetto di fortificazione, e con tanto di preventivo di spesa allegato!

Ma il manoscritto non contiene soltanto immagini di torri: notevolissime sono, infatti, le vedute panoramiche delle piazze militari più importanti (Reggio, Crotone, Tropea, Bagnara, ecc.) o di porzioni di territorio strategicamente ancora da difendere, a giudizio dell’anonimo estensore, con l’edificazione di ulteriori strutture torriere, per tutta una serie di indicazioni di altro tipo. Anche in questo caso valga un esempio: nella foto 3 è rappresentato il tratto costiero fra Bovalino e Bianco, nel medio jonio reggino, con l’indicazione del punto in cui sarebbe stato più opportuno costruire un apprestamento difensivo torriero. Orbene, pur trattandosi di disegno schematico, si distingue benissimo il rudere – poi, nel tempo, ricacciato sotterra – che, col nome di “li palazzi” identifica la ormai notissima “Villa di Casignana”, solo da qualche anno riportata alla luce, e le cui immagini degli splendidi mosaici hanno fatto il giro del mondo. Oppure le DUE colonne residue dell’antico tempio di Capo Colonna (oggi, come noto, ne è rimasta soltanto una).

Purtroppo, come si accennava prima, nulla si sa sulla data di realizzazione o sull’identità del redattore: ma, se per quanto riguarda la prima, le approfondite ricerche condotte dalla Dott.ssa Teresa Saeli hanno ormai ristretto il lasso temporale a pochissimi anni (fra il 1596 ed il 1600), ancora incerta è l’attribuzione all’Autore. Mentre, infatti, per un analogo volume riguardante le difese costiere siciliane si è potuto stabilire con assoluta certezza l’estensore (cfr.: La Sicilia di Tiburzio Spannocchi, C. Polto, 2001), per il Nostro permane tuttora una robusta incertezza, essendo stati numerosi i tecnici incaricati in quel periodo di tempo di visitare le difese costiere, e, fra costoro, anche nomi di assoluto prestigio, quali quello di Mario Cartaro. L’autore del celeberrimo atlantino delle 12 provincie del Regno (tratto dall’opera di Nicolantonio Stigliola, del quale, peraltro, si conosce una copia manoscritta risalente al 1595 – cfr.: V. Valerio, 1993), in una lettera del 1611 al Conte di Lemos, così si esprimeva: “[…] sono andato diverse volte in diverse parti di esso Regno […] e specialmente l’anno 1600 […] in compagnia di D. Francesco Mindozza Serbellon a vedere le fortezze, castille e torri, con ordine di far disegni di quelle e darne relatione, si com’io feci” (Valerio, 1993, p. 50).

Tornando alla mia visita nello studio dell’Avv. Romano Carratelli (“Lei è il primo studioso a prendere visione del manoscritto”, ebbe a dirmi), a conclusione dell’emozionante lettura, chiesi all’ospite se per caso fosse disponibile a mettere a mia disposizione l’immagine della Torre di Pagliapoli, in quanto essa avrebbe di sicuro coronato la mia pur corposa ricerca con le notizie inedite ivi contenute. Non senza una certa, graditissima, sorpresa, la richiesta fu immediatamente e generosamente esaudita e la preziosa immagine entrò a far parte del corredo iconografico della “Sentinella perduta” (è il titolo del mio libro) … e, però, ingenerò al contempo un piccolo problema: quello della citazione in bibliografia, trattandosi di opera, al momento (e tuttora) anonima. Fu così che ebbi l’idea (e l’onore) di battezzarlo come “Codice Romano-Carratelli”: con tale intitolazione l’esistenza del prezioso manoscritto cominciò a circolare sul web, e sempre con la medesima dizione è stato di recente presentato all’ultimo Salone del Libro di Torino* (dove ha riscosso un prevedibile e meritato successo) e con essa è ormai universalmente noto.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Si ringrazia l’avv. e bibliofilo Domenico Romano Carratelli per la gentile concessione delle immagini
 

2 commenti

  1. pagine estremamente interessanti e stimolanti la curiosità di approfondire
    Grazie e complimenti sinceri per quel che può valere il mio giudizio
    grazie davvero Mirella vanni

  2. Grazie a te Mirella per l’attenzione che ci riservi e grazie anche a nome dell’autore dell’articolo Giuseppe F. Macrì. Il giudizio dei lettori ha sempre un suo valore.

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