Rapiti alla morte. Nei corpi degli antichi pompeiani il dramma della città vesuviana

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L'esposizione dei calchi delle vittime dell'eruzione vesuviana del 79 d.C. nell'allestimento della mostra "Rapiti alla morte", Anfiteatro di Pompei

L’esposizione dei calchi delle vittime dell’eruzione vesuviana del 79 d.C. nell’allestimento della mostra “Rapiti alla morte”, Anfiteatro di Pompei – Ph. Carlo Mirante | CCBY2.0 | Photo gallery a fondo pagina

“Mi è di grato compenso a gravissime fatiche l’aver aperta la via  ad ottenere una ignota classe di monumenti, per i quali l’archeologia non sarà più studiata nei marmi o nei bronzi, ma sopra i corpi stessi degli antichi, rapiti alla morte, dopo 18 secoli d’oblio…”
Giuseppe Fiorelli, Appunti autobiografici, 1875

di Kasia Burney Gargiulo

Sono lì come sospesi, in attitudini estreme di dolore, disperazione, slancio, difesa, tenerezza, sonno, pietrificati un attimo prima di essere risucchiati nel buco nero dell’oblìo. Uomini, donne, bambini, rapiti alla morte. Così ce li restituisce lo straordinario allestimento realizzato dall’architetto Francesco Venezia all’interno dell’Anfiteatro romano di Pompei sede della mostra “Rapiti alla morte. I calchi – le fotografie”, prorogata fino al 10 gennaio 2016 e già parte della più ampia rassegna espositiva “Pompei e l’Europa 1748-1943” che ha coinvolto anche il Museo Archeologico di Napoli. Sono gli abitanti di Pompei colpiti dalla devastante e celebre eruzione del 79 d.C. che pur nel dramma umano e materiale di una città spazzata via per secoli dalla faccia della terra, ci ha preservato di essa un enorme patrimonio di civiltà di cui prendersi cura come di uno dei lasciti più preziosi del nostro passato. E’ all’archeologo Giuseppe Fiorelli, primo direttore degli scavi nell’Italia unita, che dobbiamo la possibilità di vedere quei nostri sfortunati antenati colti dal fuoco del vulcano sul limitare estremo della loro vita, transitati in un battito di ciglia dall’azione, o dal sonno, alla morte. Fiorelli nel 1863 fece infatti colare del gesso liquido nel vuoto lasciato dai corpi nella cenere dell’eruzione ottenendone non dei meri fantocci, ma sagome umane che oltre a racchiudere in molti casi lo scheletro della vittima, recano non di rado impresse le emozioni vissute in quegli ultimi fatali istanti.

Calco di una coppia di pompeiani - Ph. Gianfranco Vitolo | CCBY2.0

Calco di una coppia di pompeiani – Ph. Gianfranco Vitolo | CCBY2.0

Questa mostra è l’occasione per comprendere una volta di più come la radice più profonda del fascino di Pompei risieda nella percezione di un’esistenza interrotta ma mai definitivamente cancellata. Se infatti quando visitiamo Pompei siamo apparentemente soggiogati dal suo straordinario tesoro d’arte e di architettura riemerso in oltre tre secoli di scavi archeologici, modello di un gusto che ha fatto epoca in tutta Europa, a suscitare realmente le nostre emozioni è la dimensione di vita quotidiana che ancora aleggia in ogni angolo di questo luogo unico, negli oggetti di uso comune in cui riconosciamo quelli presenti nelle nostre case, così come in quei poveri corpi che la geniale intuizione di un archeologo è riuscita a ricomporre.

Di quei calchi, dopo un attento restauro, la mostra pompeiana – curata da Massimo Osanna e Adele Laghi – ne presenta venti all’interno di una suggestiva piramide lignea, immobilizzati per sempre in una condizione ormai fuori da ogni dimensione temporale. La figura piramidale ha voluto evocare il vulcano che con la sua forza eruttiva seppellì Pompei ed Ercolano, e al tempo stesso rimandare alla scoperta del tempio di Iside a Pompei, uno dei primi edifici a essere stati ritrovati e che contribuì a diffondere il gusto egizio in Europa ancor prima delle campagne napoleoniche. La struttura è alta 12 m ed è realizzata quasi interamente in legno. I visitatori la percorrono lungo un tracciato anulare. Al centro sono posti i calchi, mentre una serie fotografie è esposta lungo le pareti illuminate da luce diffusa. La parte fotografica della mostra, curata da Massimo Osanna, Ernesto De Carolis e Grete Stefani, consiste in una selezione di immagini (tra cui molte inedite) – in parte scomposte in frammenti e poi ricomposte in pastiches – che testimonia il progresso degli scavi tra Ottocento e Novecento offrendo ai visitatori un  contributo visivo e documentario di straordinario valore che concorre a ricostruire la fortuna e l’influenza culturale del celebre sito archeologico.

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TESTIMONIANZE

L’archeologo tedesco Heinrich Brunn così registra nel suo  resoconto del viaggio a Pompei la scoperta di Fiorelli (che risale al 3 febbraio 1863): “È noto, che il terreno, sotto al quale è sepolta Pompei, si compone in parte di ceneri, che lanciate dal Vesuvio frammischiate con acqua sono poi giunte alla durezza d’un tufo dolce. Ond’è accaduto che corpi vegetali ed animali soggetti a putrefazione, dopo essere caduti in polvere, hanno lasciato l’impronta della loro forma in quelle ceneri stesse. Fatta quest’osservazione già alcuni anni indietro si fece l’esperimento ben  riuscito di formare in gesso sopra tali impronte alcune porte di legno e chiusure  di botteghe, parte delle quali per cura del sig. Ivanoff fu pubblicata nei nostri Annali  del 1859. Nell’inverno passato però si è fatto il grande progresso di formar collo stesso  metodo i corpi di uomini sepolti sotto le ceneri nel momento della fatale catastrofe… Chiaramente comparisce tutta la giacitura de’ corpi, ed è commovente il veder per esempio una donna morta nella medesima posizione…”. Uno dei successori di Fiorelli, Gaetano De Petra invece scrisse: La più fortunata delle sue invenzioni fu la immagine autentica che diede della catastrofe vesuviana, colando nel masso di cenere che copriva  gli scheletri il gesso liquido, per cui questi rivivono nelle forme e nelle contrazioni della loro agonia. Queste invece le parole di Luigi Settembrini, scrittore e patriota napoletano dell’800: “Sono morti da diciotto secoli, ma sono creature umane che si vedono nella loro agonia. Lì non è arte, non è imitazione; ma sono le loro ossa, le reliquie della loro carne e de’ loro panni mescolati col gesso: è il dolore della morte che riacquista corpo e figura….Finora si è scoverto templi, case ed altri oggetti che interessano la curiosità delle persone colte, degli artisti e degli archeologi; ma ora tu, o mio Fiorelli, hai scoverto il dolore umano, e chiunque è uomo lo sente“. Qualche giorno dopo la creazione del primo calco, Fiorelli scrisse che il compenso per le sue grandi fatiche era l’aver  aperto la via per ottenere dei nuovi monumenti costituiti non più da oggetti ma dai  corpi stessi degli antichi, rapiti alla morte, dopo 18 secoli di oblio.

IL RESTAURO

La mostra è stata resa possibile da un grande intervento di restauro sui calchi di Pompei, che coinvolge 86 reperti, provenienti dai vari edifici dell’area archeologica e dai depositi della Soprintendenza. Tra questi anche il calco umano conservato presso i magazzini dell’Opera del Santuario della BeataVergine di Pompei, arrivato lì per motivi ignoti e i calchi del cane, del maialino e l’impronta di testa conservata nell’Antiquarium Nazionale di Boscoreale.  Ben 20, fra quelli restaurati, sono i calchi esposti in occasione della mostra. L’intervento è finalizzato alla conservazione e alla resa estetica dei manufatti e contempla le seguenti fasi: pulitura, consolidamento, integrazione e protezione del manufatto. Si tratta del primo intervento di restauro, nella storia degli scavi di Pompei, condotto contemporaneamente su un numero così elevato di reperti. L’intervento vuole essere non solo recupero della materia, ma soprattutto occasione per approfondire i vari livelli della conoscenza dei materiali organici – quindi dell’uomo colpito dalla tragedia vesuviana – che rappresentano in assoluto un unicum. Il progetto di restauro interessa molteplici interventi articolati su più livelli e vede coinvolti archeologi, restauratori, antropologi, radiologi, ingegneri per rilievi scanner-laser e un tecnico di cartografia e informatica. L’attività dell’antropologo, in particolare, al fine di delineare un profilo bioantropologico e genetico individuale, è di supporto al riposizionamento delle parti anatomiche da ricostruire, e suggerisce nel contempo le più adeguate indagini conoscitive biologiche, biochimiche e chimico-fisiche. Il cantiere è stato allestito prevalentemente presso la sede del laboratorio di restauro della Soprintendenza e nell’adiacente area dell’Insula Occidentalis, con ulteriori cantieri in situ presso l’Orto dei Fuggiaschi e nei pressi di Porta Nocera. In programma anche un video documentario didattico-scientifico e un volume al cui  interno sono inserite le schede conservative di tutti i calchi, e i risultati delle indagini RX e DNA per meglio conoscere l’uomo che si nasconde nel gesso. I rilievi scanner-laser di tutti i calchi, ricavati con tecniche digitali d’avanguardia,  permetteranno una visione tridimensionale di grande impatto che consentirà di  leggere le variazioni nel tempo dello stato di conservazione. Inoltre, in scala 1:1, attraverso l’impiego di sensori per la lettura tridimensionale della superficie, verranno a breve prodotte dieci repliche di calchi.

Rapiti alla morte. Nei corpi degli antichi pompeiani il dramma della città vesuviana

1. Scorcio dell'antica Pompei - Ph. Carlo Mirante | CCBY2.0

Rapiti alla morte. Nei corpi degli antichi pompeiani il dramma della città vesuviana

2. Piramide lignea della mostra "Rapiti alla morte" - Ph. AGORA'

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3. Gruppo di operai e archeologi in pausa dal lavoro agli scavi di Pompei, in un'immagine di fine 800 - Ph. Gianfranco Vitolo | CCBY2.0

Rapiti alla morte. Nei corpi degli antichi pompeiani il dramma della città vesuviana

4. Calchi in mostra a Pompei - Ph. Gianfranco Vitolo | CCBY2.0

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5. Calco in mostra a Pompei - Ph. Gianfranco Vitolo | CCBY2.0

Rapiti alla morte. Nei corpi degli antichi pompeiani il dramma della città vesuviana

6. Calchi in mostra a Pompei - Ph. Gianfranco Vitolo | CCBY2.0

Rapiti alla morte. Nei corpi degli antichi pompeiani il dramma della città vesuviana

7. Calco in mostra a Pompei - Ph. Gianfranco Vitolo | CCBY2.0

Rapiti alla morte. Nei corpi degli antichi pompeiani il dramma della città vesuviana

8. Calco di coppia di pompeiani, in un'immagine di fine 800 - Ph. Gianfranco Vitolo | CCBY2.0

Rapiti alla morte. Nei corpi degli antichi pompeiani il dramma della città vesuviana

8. Calchi in mostra a Pompei - Ph. Gianfranco Vitolo | CCBY2.0

Rapiti alla morte. Nei corpi degli antichi pompeiani il dramma della città vesuviana

9. Calco in mostra a Pompei - Ph. Gianfranco Vitolo | CCBY2.0

Rapiti alla morte. Nei corpi degli antichi pompeiani il dramma della città vesuviana

10. Calchi in mostra a Pompei - Ph. Gianfranco Vitolo | CCBY2.0

Rapiti alla morte. Nei corpi degli antichi pompeiani il dramma della città vesuviana

11. Calchi in mostra a Pompei - Ph. Gianfranco Vitolo | CCBY2.0

Images credits: Ph. 1 by Carlo Mirante | CCBY2.0; Ph. 3-11 by Gianfranco Vitolo | CCBY2.0

Anfiteatro, Scavi di Pompei
Prezzo biglietto: ingresso agli Scavi e all’esposizione, € 13, ridotto € 7,50
Informazioni: 081 8575347

IL LUOGO


 
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