Quel cavaliere calabrese in marmo a casa di Franco Maria Ricci

La statua sepolcrale del cavaliere Giuseppe Monsolini proveniente dall'eremo di Maria della Consolazione, Reggio Calabria

La scultura coprisarcofago del cavaliere Giuseppe Monsolini (XVII secolo), un tempo collocata nell’eremo di S. Maria della Consolazione, Reggio Calabria

di Alessandro Novoli

“La nobil famiglia Monsolini, liberale verso i nostri religiosi, eresse nell’antiporto della chiesa, non guari dopo fabbricata, gentilizia cappella (…) A man destra dell’ara evvi un sarcofago di marmo eletto alla memoria del cavaliere Giuseppe Monsolini morto nel Levante, ove più volte venne a battaglia cogl’infedeli.” Così scriveva nel 1840 l’erudito calabrese Tommaso Vitrioli (1785-1879) nel volume “Cenni storici sulla sacra effigie di Nostra Donna della Consolazione protettrice della città di Reggio”. Il sarcofago menzionato è rimasto per secoli nella chiesa dell’Eremo della Madonna della Consolazione di Reggio Calabria, un luogo di antica spiritualità eretto nel 1569 da un gruppo di Cappuccini sulle colline affacciate sullo Stretto di Messina, alle spalle della città, e intitolato alla Vergine della Consolazione dopo la pestilenza del 1576. Il convento rimase irrimediabilmente danneggiato dal terremoto del 1908 e rimpiazzato dal nuovo santuario, oggi Basilica Minore, costruito nel 1965 e ospitante al suo interno la veneratissima effigie della Madonna eseguita nel 1547 dal pittore locale Niccolò Andrea Caprioli. Ebbene, negli anni ’70, durante lavori di restauro alla Cattedrale di Reggio dove in quel momento si trovava, il succitato sarcofago del cavaliere Giuseppe Monsolini (o meglio la scultura del cavaliere sdraiato che fungeva da coperchio) venne trafugato e da allora non se ne seppe più nulla.
 

L'Eremo della Madonna della Consolazione prima del terremoto del 1908, Reggio Calabria

L’Eremo della Madonna della Consolazione prima del terremoto del 1908, Reggio Calabria

 
Improvvisamente nel 2015 accade qualcosa di totalmente inaspettato: una sera di tre anni fa, l’architetto reggino Filippo De Blasio si trovava nella sua città, al cinema La Nuova Pergola, intento a guardare il film “La migliore offerta” del regista premio Oscar Giuseppe Tornatore, una pellicola ambientata nel mondo del collezionismo e delle aste d’arte. Guardare quel film è stato come riavvolgere il nastro della memoria, quella della sua famiglia di origine, i Monsolini di Palizzi. Una scena dietro l’altra ecco comparire una scultura che gli parve subito di riconoscere, pur immersa com’era fra i tanti preziosi elementi della premiata scenografia di Maurizio Sabatini. Era la statua di un cavaliere disteso su un fianco, sullo sfondo dei protagonisti, i celebri attori Geoffrey Rush e Donald Sutherland, rispettivamente nel ruolo del battitore d’aste Virgil Oldman e del suo amico Billy Whistler.

De Blasio si accorse così che quella scultura era in tutto e per tutto identica al coprisarcofago del più celebre dei suoi antenati: Giuseppe Monsolini, nobile cavaliere dell’Ordine di Malta con incarico di difendere i fedeli in viaggio verso la Terrasanta e la costa reggina funestata dalle incursioni turche; un soldato le cui spoglie, i frati cappuccini dell’Eremo della Madonna della Consolazione avevano accolto nella loro chiesa intorno al 1637, quale omaggio dovuto a un uomo che si era strenuamente speso nella lotta contro la pirateria. De Blasio non potè farne a meno di parlarne con parenti e amici, organizzando per loro una proiezione privata del film in DVD. Riuniti nel salotto di casa a visionare attentamente la pellicola, finiscono col rilevare ben 18 scene in cui compare la scultura. L’arcano però si svela solo grazie ai titoli di coda fra i quali compare la dicitura “La produzione ringrazia il noto collezionista d’arte ed editore Franco Maria Ricci, per la possibilità di girare alcune scene del film nella sua villa Fontanellato a Parma”. Ne è seguito un esposto alla sezione Tutela del patrimonio culturale dei Carabinieri di Cosenza, con conseguente accertamento, nel giro di qualche mese, che la statua attribuita ad Anonimo siciliano di Noto e attualmente in possesso dell’editore, era proprio quella rubata in Calabria.
 

La statua del cavaliere Giuseppe in una scena del film "La migliore offerta" di G. Tornatore

La statua del cavaliere Giuseppe Monsolini in una scena del film La migliore offerta di G. Tornatore

 
Ricci, del tutto ignaro della reale provenienza dell’opera, l’aveva anche inserita in diversi suoi cataloghi e, sottoposto a interrogatorio nonché formalmente indagato – con inchiesta poi archiviata perché fra l’altro l’ipotetico reato contestato si era ampiamente prescritto, – spiegò ai carabinieri di aver acquistato l’opera per 14 milioni di lire, il 9 ottobre del 1994, in una notissima fiera antiquaria di Parma. La scultura gli era stata venduta da un antiquario di San Gregorio (Catania). L’opera è stata sequestrata, sebbene lasciata in custodia di Ricci, e l’indagine si è concentrata sull’antiquario catanese, ormai in pensione dal 2003, il quale ha raccontato di averla avuta da un piccolo costruttore di Noto ormai deceduto, che sosteneva di averla trovata durante lavori di rifacimento stradale della zona. L’indagine delle autorità cosentine si è così chiusa e il fascicolo è passato alla procura di Parma per competenza territoriale.

Ma la storia non finisce qui. A maggio scorso i carabinieri hanno infatti chiesto il dissequestro dell’opera per poterle riconsegnare ai legittimi proprietari. Ma qualche giorno prima della restituzione i legali di Ricci hanno contestato il provvedimento sostenendo che l’opera, in quanto acquistata in buona fede, deve ex art. 1153 del Codice Civile restare di proprietà del loro assistito. La questione dovrà ora essere discussa davanti a un giudice di Parma il prossimo 28 giugno, col rischio che la statua del cavaliere Monsolini possa non più ricongiungersi col resto della sepoltura ancora custodita a Reggio Calabria.

Ammesso che la buona fede di Ricci risulti assodata in giudizio, rimarrebbe comunque l’assurdo di una disciplina che, quando si tratta di traffico illecito di beni culturali provenienti dal territorio nazionale, prevede che l’acquirente di buona fede ne diventi proprietario a titolo originario in base all’art. 1153 del nostro Codice Civile; mentre invece quando si tratta di un bene culturale illecitamente arrivato dall’estero, l’acquirente di buona fede non ne diventa proprietario ma può solo, entro i limiti della prova che potrà fornire, essere indennizzato del pregiudizio subito (rimborso del prezzo con gli interessi), e ciò in base a quanto sancito dalle Convenzioni internazionali. Perché questo doppio regime? E che peso ha su tale doppio trattamento una lettura delle norme alla luce dell’art. 3 della Costituzione, che sancisce il cd. “principio di eguaglianza”, in base al quale si dovrebbe ritenere che situazioni omogenee meritino, in linea di principio, un uguale trattamento? Non resta che aspettare e vedere cosa deciderà il giudice di Parma.

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effigie della Madonna della Consolazione, eseguita nel 1547 dal pittore locale Niccolò Andrea Caprioli

Niccolò Andrea Caprioli, Sacra effigie della Madonna della Consolazione, 1547, Eremo della Madonna della Consolazione, Reggio Calabria

 

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