Orchidee: dai Tropici alla Calabria regine di biodiversità

Esemplari di Serapias lingua, compreso un ''lusus'' (esemplare bizzarro) con tre labelli - Photo editing Domenico Puntillo

Esemplari di Serapias lingua, compreso un ”lusus” (esemplare bizzarro) con tre labelli – Photo editing Domenico Puntillo

di Domenico Puntillo*

Esemplare di Platystele jungermanniodes, la più piccola orchidea del mondo - Ph. Orchidspecies.com

Esemplare di Platystele jungermanniodes, la più piccola orchidea del mondo – Ph. Orchidspecies.com

La famiglia delle Orchidaceae, che per comodità chiameremo di seguito Orchidee, è una delle famiglie più numerose del Regno Vegetale comprendendo circa 25.000 specie distribuite in entrambi gli emisferi escluse le zone polari. Nelle foreste pluviali vivono sul fusto o sui rami degli alberi (epifite) dove cercano la luce a loro necessaria che sotto la volta delle foreste tropicali spesso è esigua. In Italia, invece, le circa 150 specie, crescono solo sul terreno. Quelle delle foreste tropicali spesso hanno un fiore molto appariscente, anche se la più piccola specie del mondo nota vive in queste foreste: si tratta della Platystele jungermanniodes.

Nelle specie italiane e quindi anche calabresi (di cui principalmente mi occupo per ragioni logistiche) i fiori sono piccoli ma non per questo meno belli. Infatti se si osservano da vicino esibiscono dei colori e delle forme che affascinano gli osservatori.

Per introdurre il mondo delle orchidee è bene incominciare dal fiore. Vediamo com’è fatto: i tepali – cosiddetti per distinguerli dai fiori che possiedono sia i sepali (calice) che i petali (corolla) – sono sempre in numero di 6, tre tepali interni e tre esterni; quello mediano interno (labello) si è trasformato nel corso dell’evoluzione, nella maggior parte delle specie, in una sorta di posatoio per gli insetti pronubi (impollinatori). Questi sono attratti non solo dal nettare ma anche da questi posatoi che simulano l’addome di insetti (femmine), soprattutto imenotteri i quali, attratti anche dai feromoni emanati dall’orchidea, si posano su questo labello per copulare con la “presunta femmina” loro congenere. Questo maldestro inganno fa sì che l’insetto vada ad urtare con il proprio capo i retinacoli che, adesivi come sono, vengono asportati dalla testa dell’insetto con il loro prezioso contenuto: il polline. Ovviamente l’insetto deluso da questa falsa copula andrà a trovare un’altra femmina che magari sarà un’altra orchidea e questa volta poggiandosi sul posatoio, il labello, andrà a fecondare la cavità stigmatica del nuovo fiore, impollinandolo.

Come si può intuire questa correlazione orchidea-insetto ha comportato una coevoluzione, che dura da milioni di anni, e che oggi si manifesta con questo ammirevole connubio (per una più attenta disamina vedi: Bernardo L. & Puntillo D., Le Orchidee di Calabria, ed. Prometeo, 2002, pp. 227). I nomi di molti generi Ophrys evocano questi insetti pronubi: Così Ophrys bombyliflora deve il nome al Bombo. Il labello del fiore di questa orchidea simula l’addome di imenotteri del genere Eucera (E. grisea, E. nigrilabis, E. longicornis, E. tuberculata). Così l’Ophrys insectifera deve il proprio nome al labello di questa specie che simula un’insetto. Questa orchidea viene impollinata, infatti, dagli imenotteri Argogonytes mystaceus e A. fargeii (Sphecidae). L’Ophrys apifera deve il suo nome alla somiglianza del labello con l’ape. Così l’Ophrys crabronifera evoca il nome di Calabrone per la somiglianza del labello con questo insetto. Questa ultima orchidea viene impollinata appunto da un imenottero della famiglia degli Apidii: Anthophora plumipes.

Il nome delle orchidee deriva dal latino orchis (ὄρχις) che significa testicolo. Infatti, se si escludono le specie saprofite-parassite, le orchidee possiedono due tuberi (uno più raggrinzito dell’anno precedente e uno più esuberante dell’anno in corso) che permettono loro di sopravvivere al passaggio degli incendi e passare, così, l’inverno sotto terra (svernare). Giunta la primavera, da questi tuberi, si sviluppa una nuova piantina che emergerà dal suolo con uno stelo (scapo) che reca un’infiorescenza provvista di pochi o numerosi fiori. Il verde delle foglie ci testimonia la fotosintesi clorofilliana. Ne scriviamo perché le specie che abbiamo accennato, quelle parassite, sono sprovviste di questo colore in quanto a loro manca quello straordinario laboratorio che è la fotosintesi clorofilliana. E allora hanno escogitato nuovi sistemi per potersi sviluppare. Un esempio è dato dalla specie Epipogium aphyllum.

Esemplare di Corallorhyza trifida

Esemplare di Corallorhyza trifida –
Domenico Puntillo

In Calabria vivono una settantina di specie appartenenti alla famiglia delle Orchidaceae con circa venti generi diversi (Anacamptis, Cephalenthera, Ophrys, Orchis per es.). Si tratta, a differenza delle specie tropicali, di specie terricole che vivono in vari ambienti. Molte specie di Ophrys vivono in ambiente mediterraneo su suoli basici (calcari, gessi, marne ed anche argille basiche) per lo più campi abbandonati dalle colture, scarpate stradali, prati steppici (Massiccio del Pollino, Monte Cocuzzo, argille joniche, per es.). Altre vivono sui prati montani acidi (Sila, Catena Costiera, Serre Vibonesi e Aspromonte) come la Dactylorhyza sambucina che esibisce due forme: una ad infiorescenza gialla ed una ad infiorescenza rossastra. Vi sono quelle che preferiscono le zone boscose come le varie specie dei generi Epipactis e Cephalentera mentre, una specie, la Corallorhyza trifida, che deve il suo nome a alla forma delle sue radici coralloidi (rhyza = radice), è relegata nelle faggete altomontane calabresi. Una specie parassita, descritta di recente, a nostra conoscenza vive solo in Calabria (endemismo) nel sottobosco delle pinete: Limodorum abortivum. Altre specie vivono esclusivamente in ambienti paludosi. Così l’Epipactis palustris, lo evoca il nome, vive nelle paludi o comunque in ambienti molti umidi. Così sulle ampie scarpate montane abbastanza inclinate, con ristagno di mota acqua, è presente una delle più alte e appariscenti orchidee: l’Orchis mascula.

La fioritura di molte specie è primaverile nella fascia costiera o in ambiente mediterraneo. Nelle zone montane le fioriture si prolungano anche in estate. L’unica orchidea calabrese serotina ovvero che fiorisce in autunno è la Spiranthis spiralis presente nei prati acidi e umidi un po’ ovunque. Essa deve il suo nome alla disposizione dei suoi piccoli fiori disposti sul fusticino a spirale. La specie passa quasi inosservata per le piccole dimensioni sia della pianta che dei singoli fiori di pochi millimetri. Ad un occhio attento svela la sua incredibile bellezza. I suoi fiori minuti sembrano essere costituiti da piccoli granuli di zucchero traslucenti quasi cristallini.

Le Orchidee possedendo tutto lo stesso numero cromosomico spesso si ibridano tra di loro. Si possono ibridare all’interno dello stesso genere (per es. nello stesso genere Ophrys) oppure si possono ibridare tra generi diversi (ibridi intergenerici). Un esempio è dato dall’ibrido tra una specie del genere Orchis e una specie del genere Aceras al quale verrà assegnato il nuovo nome di Orchiaceras [(es.: Aceras simia x Aceras anthropophorum = X Orchiaceras bergonii (De Nant.) E.G. Camus]. Vi è poi la possibilità che un ibrido si possa ibridare con un altro ibrido ed in questo caso è veramente arduo risalire ai progenitori.

Ophrys lutea visitata da un insetto - Ph. Domenico Puntillo

Ophrys lutea visitata da un insetto – Ph. Domenico Puntillo

Ancora un aspetto va sottolineato. Spesso sono presenti in queste affascinanti piante delle forme apocromatiche (esemplari privi di colore). Non è raro trovare, infatti, individui albini (bianchi) e altri giallo-verdastri. Capita anche di trovare individui della stessa specie ipercromatici cioè con colori molto più intensi. Infine accenniamo al “Lusus naturae” (scherzo o capriccio della natura) che è un accidente che capita nel mondo delle orchidee. Si tratta di individui “mostruosi” che presentano delle strane anomalie. Come la presenza di due labelli o tre labelli sullo stesso fiore o la mancanza proprio del labello. In una delle foto che compongonmo l’immagine di copertina (in alto) si può osservare un lusus di Serapias lingua provvisto di tre labelli.

Ancora una curiosità: nel mondo antico i tuberi di queste piante commercializzate sotto il nome di Salep venivano usati per preparare gelatine. Il loro decotto venivano prescritto contro la diarrea e la dissenteria cronica e il catarro cronico. I tuberi, inoltre, venivano consumati a scopo alimentare in caso di penuria di cibo, per esempio dai marinari.

Per concludere questa breve nota sulle orchidee citiamo la protezione loro accordata. In Calabria le specie sono protette, a livello locale, dalla Legge Forestale della Regione, nr. 435 ed elencate nell’allegato B. In ogni caso, a parte la protezione che loro accorda la legge, si sconsiglia, come per tante altre specie rare, di raccogliere queste piccole perle, minacciate come sono dalla scomparsa degli habitat idonei. Tutte le Orchidaceae italiane rientrano nella normativa CITES dell’Unione Europea (Allegato B).

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*Domenico Puntillo, calabrese, è nato il 26 settembre 1950 a Rende (Cosenza). Libero ricercatore presso il Museo di Storia Naturale della Calabria e l’Orto Botanico dell’UNICAL, ha negli anni approfondito le proprie conoscenze naturalistiche attraverso le scorribande giornaliere sui monti, nei campi, nelle assolate e pietrose fiumare, nelle sterpaglie fino ai calanghi argillosi dello Jonio osservando, scrutando, esaminando e annotando ciò che non conosceva. Una locuzione in latino del famoso Linneo recita: “nomina si nescis perit et cognitio rerum” (Se non conosci i nomi, viene a mancare anche la conoscenza delle cose). Forse questa è la motivazione che lo ha spinto ad interessarsi degli esseri viventi: dar loro un nome. Perché dare un nome è un po’ come farli esistere. Per questo motivo da un interesse iniziale sull’uso popolare delle piante officinali (medicinali, da profumo, aromatiche) è passato al mondo delle Briofite (muschi ed epatiche) per poi approdare ad altre forme scartate di vita: i licheni, senza mai dimenticare, però, altri settori naturalistici: Diatomee, macroinvertebrati acquatici, ragni, funghi ecc. Ecco perché il suo curriculum consta di oltre 130 lavori che coprono questi settori. Esso comprende una monografia sulle Orchidee di Calabria scritta insieme alla Prof. Liliana Bernardo dell’Unical, una monografia sui Licheni di Calabria, una monografia sui Licheni a Spillo pubblicata recentemente a cura del Ministero dell’Ambiente e della Tutela del Territorio e del Mare scritta insieme alla Dott. Sonia Ravera e numerosi saggi comparsi su libri dedicati alla natura.

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