Il pugliese Francesco Lotoro, curatore della monumentale KZ Musik, insignito del titolo di Chevalier de l’Ordre des Arts et Lettres

francescolotoro

Il pianista pugliese Francesco Lotoro

di Redazione FdS

«C’era il signor Mozart a tenermi compagnia… questo è il bello della musica: nessuno può portartela via… è proprio qui dentro che la musica ha senso. Serve per non dimenticare che ci sono posti, a questo mondo, che non sono fatti di pietra e che c’è qualcosa dentro di te che nessuno ti può toccare, né togliere, se tu non vuoi».

Con queste parole Andy Dufresne, il protagonista del celebre film “Le ali della libertà”, rinchiuso per due settimane nella cella d’isolamento del carcere di Shawshank, replicava ai suoi compagni di sventura che gli chiedevano come avesse fatto a resistere in quel ‘buco’ “dove i giorni sembrano non passare mai”.  E’ l’immagine cinematografica, semplice e diretta,  che – mutatis mutandis – potrebbe sintetizzare il valore che la musica ha avuto per centinaia di musicisti segregati nei lager di cui i regimi dittatoriali del ‘900 hanno costellato l’Europa e non solo; artisti per i quali la musica ha rappresentato il momento di sollievo, l’attimo fugace ma impagabile di sublimazione della più aggressiva prevaricazione o, nei casi peggiori, dell’inenarrabile orrore.

A ridare voce agli autori di quella musica, attraverso il monumentale progetto Musica Judaica e Concentrazionaria è stato il pianista, compositore e direttore d’orchestra pugliese Francesco Lotoro,  appena insignito dal ministero della Cultura francese del titolo di Chevalier de l’Ordre des Arts et Lettres, per aver “dedicato ai compositori francesi deportati nei lager notevoli sforzi di ricerca, salvando così le loro musiche”, grazie a un lavoro “semplicemente eccezionale”. L’archivio di Lotoro contiene infatti tutte le opere scritte in prigionia da Oliver Messiaen, Emile Goué, Jean Martinon, Maurice Thiriet, René Herbin, Robert Lannoy; Robert Osmont, Albert Bergerault, Paul Bigourd, Paul Chenevier, Marcel Dautremer, Max De Foucaud, Philippe Gordien, Julien Kornaus, René Henri Laridan, Jean Lashermes, Charles René Lefebvre, Fernand Moisson e diversi altri ancora. Il titolo, assegnato in contemporanea, ma per altri motivi, anche ai musicisti Ludovico Einaudi e Oscar Pizzo, gli è stato conferito in occasione di una cerimonia tenutasi presso l’Ambasciata di Francia a Roma dove i tre artisti sono stati protagonisti anche del concerto intitolato ‘Anime, musiche che si raccontano’.

Classe 1964, studi presso l’Accademia “F. Liszt” di Budapest e perfezionamento con musicisti come Kornel Zempleni, Viktor Merzhanov, Tamas Vasary e Aldo Ciccolini, Francesco Lotoro, originario di Barletta,  ha concepito nel 1989 il progetto, mai tentato prima, di raccogliere e incidere l’intero corpus musicale creato in tutti i luoghi di cattività, deportazione e privazione dei diritti umani dall’apertura dei Lager di Dachau e Börgermoor sino alla liberazione di tutti i Campi alla fine della Seconda guerra mondiale sia sul versante eurasiatico (maggio 1945) che pacifico (agosto 1945).  Un lavoro immane iniziato con la raccolta e l’incisione di tutte le opere pianistiche e cameristiche scritte da Alois Pinos, Petr Pokorny, Petr Eben e altri dopo la Primavera di Praga, e approdato alla pubblicazione dell’Enciclopedia discografica in 48 CD-volumi KZ Musik (Musikstrasse Roma-Membran Hamburg-Naxos USA), uno dei più grandi sforzi storiografici, editoriali e artistici mai compiuti.

kzmusicIl 1° vol. di KZ Musik

A parte il capillare lavoro musicologico condotto da Lotoro, ogni libretto che accompagna ciascun volume discografico di KZ Musik (edito in italiano, inglese, tedesco, francese, ebraico) contiene una descrizione dei campi in cui furono scritte le opere contenute nel CD relativo, nonchè il profilo degli autori, una scheda sulle loro opere, brevi note critiche e testi in lingua originale per la musica vocale e corale.

Lotoro compare anche nell’ampio gruppo di esecutori che si sono cimentati nel ridare vita a questa messe sterminata di composizioni recuperate e pubblicate (oltre 4000). Numerosissima anche la quantità di microfilms, diari, quaderni musicali autografi, audiocassette e filmati relativi ad esecuzioni, curate da enti radiofonici svedesi, di musiche realizzate nei campi di prigionia, oltre a musiche ricordate a memoria da musicisti sopravvissuti, e tanti altri documenti ancora.

Il lavoro di ricerca e documentazione è stato condotto da Lotoro presso memoriali, archivi, musei, biblioteche, librerie specializzate di paesi come Italia, Austria, Francia, Germania, Repubblica Ceca, Israele, Danimarca, Paesi Bassi, Polonia, Ungheria, Russia, Australia, ed ha compreso anche la ricerca di musicisti sopravvissuti ai lager, il dialogo con essi o con loro parenti nel tentativo di ricostruire gli eventi tragici della deportazione e la capacità di questi artisti di fare musica componendo o suonando in situazioni di cattività e isolamento, ma soprattutto cercando di capire le valenze psicologiche che la musica, in tali condizioni estreme, ha finito con l’acquisire per ciascuno di essi.

Lo scorso 4 gennaio 2013 anche il prestigioso giornale francese Le Monde si è occupato dell’operazione compiuta da Lotoro dedicando al musicista un’intera pagina firmata dall’inviata Marion Van Rentherghem. Nell’articolo, intitolato «Le juif de Barletta» (l’ebreo di Barletta), compare un profilo completo dell’artista nel quale si parla anche del suo passaggio all’ebraismo oltre che delle sue ventennali ricerche condotte in solitaria in giro per il mondo.

In parallelo al progetto principale, Lotoro ha anche fondato l’Orchestra Musica Judaica e l’Istituto Internazionale di Letteratura musicale concentrazionaria con sede a Barletta, oltre a pubblicare (per la editrice Rotas di Barletta) il Thesaurus Musicae Concentrationariae, una enciclopedia in quattro lingue contenente centinaia di partiture scritte nei Lager, corredate di introduzione storica, analisi critica delle opere e CD. Il gigantesco lavoro di ricerca musicale ha anche dato vita ad un coinvolgente documentario, “Musica Concentrazionaria”,  edito in un DVD di 56 minuti ricco di contenuti speciali.

A suggello di questo excursus sul grande e meritevole lavoro compiuto da Francesco Lotoro ci piace ricordare un aneddoto accaduto nel campo di Theresienstadt (Terezìn), nella Repubblica Ceca, dove il grande compositore Viktor Ullmann, pochi mesi prima di esser trasferito ad Auschwitz-Birkenau, dichiarò qualcosa di emblematico e toccante sul significato che l’esperienza del lager aveva rappresentato per lui e per altri musicisti deportati: «…è servito a stimolare, non ad impedire le mie attività musicali e mai ci siamo seduti sulle sponde dei fiumi di Babilonia a piangere; il nostro rispetto per l’Arte era parimenti commisurato alla nostra voglia di vivere. lo sono convinto che tutti coloro, nella vita come nell’arte, che lottano per imporre un ordine al Caos, saranno d’accordo con me».

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