Il meridione d’Italia nelle visioni musicali di Franz Liszt

Liszt_(Lehmann_portrait)

Il compositore e pianista ungherese Franz Liszt negli anni del suo viaggio in Italia, ritratto da Henri Lehmann, 1839 – Museo Carnavalet, Parigi

di Nicola Scardicchio*

“Il mal d’Italia, sarà sempre il male delle anime belle”

(Franz Liszt)

Franz Liszt (1811-1886) non fu solo uno dei più grandi pianisti di sempre, forse il più grande, ed il magnifico compositore ben noto a tutti coloro che amano la grande musica: le doti musicali davvero eccelse del musicista furono incentivate da una sete di conoscenza inesauribile. Fu un Massone tra i più impegnati nella ricerca della conoscenza e perciò fu lettore infaticabile, attento studioso di tutte le forme d’espressione dell’intelletto umano.

Un uomo di tal fatta fu naturalmente pervaso da un’ammirazione sconfinata per le bellezze naturali, per la cultura e per le opere d’arte italiane. Nel celebre ciclo pianistico Années de pèlerinages Liszt interpreta e restituisce col linguaggio musicale le suggestioni determinate in lui dai suoi viaggi in Svizzera ed Italia: paesaggi, città, monumenti, capolavori artistici e personaggi storici e letterari presenti nelle preziose raccolte pianistiche rivelano l’acutezza dello spirito d’osservazione del musicista. Nel riproporre le sue memorie di viaggio evidentemente a Liszt non interessava soltanto redigere un diario ma soprattutto esprimere quanto tutto ciò che incontrava in quei suoi pellegrinaggi di formazione arricchisse il suo spirito di sempre maggiori stimoli creativi.

Gli Anni di Pellegrinaggio sono costituiti da tre volumi: il primo relativo alle escursioni in Svizzera e gli altri due a quelle in Italia. Nel secondo volume, Deuxième Année: Italie, composto da Liszt tra il 1837 ed il 1849, per esser pubblicato nel 1858, il compositore esprime molto chiaramente quanto sia restato coinvolto, se non stravolto addirittura, dalle bellezze artistiche e dalla storia culturale italiane, al punto da aggiungere nel 1859, con pubblicazione nel 1861, un supplemento di tre pezzi intitolato Venezia e Napoli. La parte veneziana con la Gondoliera e la Canzone, parafrasi rispettivamente della nota canzone del cavalier Giovan Battista Peruchini (1784-1870) La biondina in gondoleta e dell’aria Nessun maggior dolore dal rossiniano Otello, è seguita dalla Tarantella. Questo brano, di estremo virtuosismo davvero spettacolare si compone appunto di una tarantella che prelude vorticosamente alla fantasmagorica trasfigurazione della celebre canzone napoletana Fenesta vascia, antica canzone cinquecentesca recuperata e riscritta modernamente da Guglielmo Cottrau (1797-1847) da Liszt variata con un impeto ai limiti del parossismo.

Un’altra volta Liszt si sarebbe cimentato in una pirotecnica e pianisticamente pestifera Tarantelle di bravura d’àprès la Tarantelle de la muette de Portici di Daniel Auber composta nel 1846 per essere definitivamente revisionata e rielaborata nel 1869, un autentico tour de force abbordabile solo da grandi pianisti. E come nel caso del quaderno italiano di viaggio, anche nella parafrasi della pagina della popolare opera di Auber emerge la spiccata tendenza di Liszt di non pensare a redigere un fedele ricordo di temi e paesaggi ma piuttosto a dar voce a quanto fosse stato entusiasmato e fecondamene colpito dalla scoperta del Sud della penisola italiana. Il colore tipicamente partenopeo dei brani non si limita a rievocare la vorticosa danza popolare, ma è dal musicista metabolizzato e restituito in forme decisamente lontane da qualsiasi tratto di mero folclorismo, quale riscontrabile nelle musiche di analoga ispirazione di musicisti certo non di scarsa levatura ma certamente meno originali e geniali di Franz Liszt nella ricreazione dei modelli di partenza: tra essi citeremo solo Sigismund Thalberg e Nicolai Rubinstein. Altro succede nelle tarantelle di Fryderyk Chopin o di Sergei Rachmaninov, che sono adesioni al genere ma non rievocazioni della napoletanità, che invece Liszt conosce e ripropone nella sua eccitata ed eccitante visione.

Ancora una volta è l’Italia meridionale come la terra del sole, ‘dove fioriscono i limoni’, per citare l’entusiastica definizione di Johann Wolfgang Goethe nel celebre Lied di Mignon, ad inebriare la fantasia creativa di Liszt, invasato dalla travolgente vitalità che anche attraverso le danze e le canzoni narravano all’intimo del compositore le più ataviche caratteristiche dei popoli del sud italiano.

Prima di comporre il terzo quaderno degli Anni di pellegrinaggio, costituito da sette brani composti nel 1867 e nel 1877, per essere pubblicato solo nel 1883, Liszt dedicò un altro brano ad una precisa suggestione legata al meridione d’Italia: la seconda delle due Leggende, composte verosimilmente nel 1863, intitolate San Francesco d’Assisi che predica agli uccelli e San Francesco da Paola cammina sulle onde. Ispirata, la prima, ai Fioretti, letti nella versione di Frédéric Ozanam, la seconda alla Vita di San Francesco da Paola, il dittico è chiaramente un omaggio ai due importanti santi italiani di cui condivideva il nome di battesimo. Il brano è un’ulteriore testimonianza del rapporto che legò Liszt a personaggi, monumenti ed eventi della storia d’Italia; in questo caso egli fece omaggio al santo, nato a Paola in provincia di Cosenza, patrono del Regno delle due Sicilie, compatrono di Napoli e protettore della Calabria.

La genesi di questa seconda leggenda, ulteriore brano di forte impegno virtuosistico, è narrata da Liszt stesso nella prefazione allo spartito del brano:

“Tra i numerosi miracoli di San Francesco di Paola, la leggenda celebra quello che egli compì con l’attraversare lo stretto di Messina. I barcaioli avevano rifiutato di accogliere nella loro barca una persona di sì poca apparenza: ma egli non se ne adontò, e con passo sicuro subito camminò sul mare. Uno dei più eminenti pittori dell’attuale scuola religiosa in Germania, il Signor [Edward Jacob Von] Steinle, si è ispirato a questo miracolo e in un disegno mirabile, di cui devo il possesso alla squisita bontà della Principessa Carolina Wittgenstein, ha rappresentato, secondo la tradizione iconografica cattolica: San Francesco in piedi sulle onde agitate e che da queste è portato alla sua mèta seguendo l’ordine della Fede che s’impone all’ordine della Natura. Il suo mantello è disteso sotto ai suoi piedi; il Santo alza una mano come nell’atto di comandare agli elementi mentre nell’altra tiene un carbone ardente, simbolo del fuoco interno che accende i discepoli di Gesù Cristo; il suo sguardo è tranquillamente affisso in cielo ove rifulge, in una gloria eterna ed immacolata, il motto di San Francesco, la parola suprema: Charitas”

Ben si sa che pur con una condotta di vita improntata a grande disinvoltura, con avventurose vicende sentimentali ed artistiche, incontri e frequentazioni eccezionali (una per tutte: il rapporto complessissimo e significativo per entrambi con Richard Wagner, che di Liszt avrebbe sposato la figlia Cosima), Franz Liszt fu un Massone tra i più impegnati nella ricerca della conoscenza e perciò fu lettore infaticabile, attento studioso di tutte le forme d’espressione dell’intelletto umano ed anche ebbe forti pulsioni mistiche, al punto da prendere gli Ordini Minori come accolito dell’ordine francescano nel 1865, divenendo abate nella cattedrale di Albano Laziale. Per tutta la sua vita, come denunciano le sue importanti opere di ispirazione religiosa, una forte spiritualità mai venne meno, anche nei momenti di maggiore impegno professionale e quindi mondano. Perciò non stupisce come in entrambe le Leggende la musica esprima con sincero afflato spirituale la rievocazione di eventi in cui l’uomo contempla da vicino il trascendente.

Nel brano dedicato al santo calabrese la descrizione della solennità dell’incedere del sant’uomo sui flutti marini diviene sempre più possente nella rappresentazione del dominio delle forze naturali in virtù della fede che anima il protagonista della vicenda. La descrizione dei tempestosi marosi su cui il mantello del santo procede sicuro fino all’opposta riva è un altro esempio della mirabile abilità lisztiana di esprimere il riposto senso di miracolo ineffabile e non soltanto la rappresentazione oleografica del fatto e dell’ambiente in cui si svolge. Il maestoso sviluppo del tema del solenne incedere del santo, non si limita a suggerire la potenza ostile dei flutti dominata dai suoi taumaturgici poteri, ma molto più è interpretazione dell’interiore senso di sacra maestà che il miracolo ispira. Ed il finale, dopo una sorta di recitativo significante il sereno raggiungimento della riva, si amplifica in una gloriosa chiusa di mistico splendore.

In definitiva in questi importanti componimenti troviamo un Liszt che con invariata eloquenza descrive lo stupore di un acuto visitatore straniero di fronte alla vivace vitalità sacra e profana di un’Italia in cui bellezza, storia e spiritualità restano ancor oggi, nonostante tutto, patrimonio che tutto il mondo ammira.

Nicola Scardicchio
Adelfia 27 dicembre 2013

San Francesco di Paola - Miracolo sullo Stretto

San Francesco da Paola e il miracoloso attraversamento dello Stretto di Messina sul suo mantello, episodio ispiratore della celebre Leggenda di Franz Liszt, qui nel dipinto di Benedetto Luti – XVII sec. Museo Regionale, Messina

Sommer,_Giorgio_(1834-1914)_-_n._11640_-_Napoli_-_Tarantella

Scena di tarantella in una taverna napoletana, fotografia di Giorgio Sommer, fine ‘800 | Public Domain

 

* Nicola Scardicchio, pugliese, è compositore, direttore d’orchestra, docente di Storia ed Estetica della Musica presso il Conservatorio ‘Niccolò Piccinni’ di Bari. Laureato in Lettere Classiche presso l’Università degli Studi di Bari con una tesi su Gustav Mahler, è autore di composizioni di musica sinfonica, cameristica vocale e strumentale, di musica sacra, di opere teatrali e di numerose trascrizioni e arrangiamenti soprattutto delle musiche del celebre compositore Nino Rota di cui è stato discepolo e della cui opera compositiva è il massimo esperto in Italia. Ha fatto parte del comitato scientifico dell’archivio ‘Rota’ presso la Fondazione ‘Giorgio Cini’ di Venezia, si occupa dell’edizione critica delle opere del compositore milanese ed ha collaborato a molte delle incisioni discografiche delle sue musiche. E’ consulente per le edizioni musicali della casa editrice tedesca Schott.

Rispondi

Il tuo indirizzo e-mail non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono segnalati *

*

Torna su